2021-09-28
Freno tirato sulla farmacovigilanza: «Segnalare solo se c’è correlazione»
Secondo il sottosegretario Andrea Costa, per comunicare le reazioni avverse al siero serve il «ragionevole sospetto» che siano dovute all'iniezione. Una limitazione di cui non c'è traccia nei decreti. Il responso spetta all'AifaSe la farmacovigilanza non funziona nel nostro Paese, forse una spiegazione l'abbiamo trovata. È stato il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, a fornirla lo scorso 10 settembre, rispondendo alla Camera a diverse interpellanze urgenti. Arrivato al sesto quesito, l'esponente di Noi con l'Italia ha dichiarato che «la sospetta reazione avversa alla vaccinazione viene segnalata quando sussiste un ragionevole sospetto che gli eventi siano correlati, e sia necessario effettuare approfondimenti». Caspita, ma non era obbligatorio segnalare la reazione sempre e comunque, lasciando all'Agenzia regolatoria il compito della valutazione e correlazione con il vaccino? Il decreto legislativo 95 dell'8 aprile 2003 dal titolo Attuazione della direttiva 2000/38/Ce relativa alle specialità medicinali dispone che «vanno comunque segnalate tutte le sospette reazioni avverse osservate, gravi, non gravi, attese e inattese da tutti i vaccini e da farmaci posti sotto monitoraggio intensivo e inclusi in elenchi pubblicati periodicamente dal ministero della Salute». Questa disposizione non è mai stata modificata e nell'aggiornamento dell'ottobre 2018 della procedura operativa Aifa per i responsabili locali di farmacovigilanza, si legge che «è rimasta invariata la modalità di segnalazione delle sospette Adr (Adverse drug reaction, reazioni avverse, ndr) da parte dei pazienti e/o degli operatori sanitari alle autorità nazionali competenti». Non ci fossero i decreti, basterebbe quello che prevede all'articolo 13 il codice di deontologia medica: «Il medico segnala tempestivamente all'autorità competente le reazioni avverse o sospette da farmaci». Senza ragionarci sopra. Che cosa possono indicare, allora, le parole a dir poco sconcertanti di Costa? Forse un eccesso di «ragionevolezza nel sospettare» correlazioni, suggerito ai sanitari e che li scoraggia dal segnalare una risposta nociva al farmaco, in questo caso alla vaccinazione anti Covid? Non a caso, nell'ottavo rapporto dell'Aifa sulla sorveglianza dei vaccini anti Covid-19 (siamo in attesa di conoscere i dati del nono report) si legge che al 26 agosto erano appena 91.360 le sospette reazioni avverse dopo la somministrazione di 76,5 milioni di dosi di vaccino anti Covid in Italia da inizio anno. E che «le segnalazioni da medico e altro operatore sanitario continuano lentamente a diminuire dal 47% al 39% per medico e dal 25% al 14% per altro operatore sanitario». Il 97% circa di queste segnalazioni è di tipo spontaneo, perché nel nostro Paese non funziona la sorveglianza attiva, ma i medici e gli altri operatori sanitari sono tenuti a segnalare entro due giorni le sospette reazioni avverse da medicinali e non oltre le 36 ore - da quando ne sono venuti a conoscenza - le sospette reazioni avverse da medicinali di origine biologica, quali sono i vaccini. Segnalazioni che devono arrivare ai responsabili locali di farmacovigilanza (Rlfv) nelle singole Regioni, ed entro sette giorni alla rete nazionale di farmacovigilanza (Rnf) che poi lo trasmette a Eudravigilance, il database europeo. Possiamo figurarci i ritardi che in realtà si accumulano grazie al dualismo tra sistema locale e agenzia regolatoria. Non solo, come più volte ha evidenziato La Verità, nel caso dei vaccini anti Covid con approvazione d'emergenza non si conoscono i tempi di reazione avversa. Possono essere 48 ore, una settimana, anche mesi, quindi quale correlazione al vaccino in base a «ragionevole sospetto» potrà mai essere fatta? D'altra parte l'Aifa non sembra in grado di fornire un quadro verosimile degli eventi avversi di un vaccino, nemmeno se è commercializzato da 42 anni come accade per il Diftetall. Farmaco che dal 1979 si usa nei bambini di età superiore ai 7 anni per prevenire la difterite e il tetano, ha ottenuto l'ultimo rinnovo dell'autorizzazione in commercio nel 2009 e a novembre 2019 l'Agenzia italiana del farmaco ha revisionato il testo del foglio illustrativo, disponibile dal 9 febbraio di quest'anno. Sapete che cosa si leggeva alla voce reazioni avverse? Che per la popolazione pediatrica «non sono disponibili dati sui bambini dagli studi clinici», mentre per la rimanente popolazione «le seguenti reazioni avverse sono riportate negli studi clinici effettuati su 450 adolescenti o adulti vaccinati con Diftetall». Appena 450!Si segnalavano, tra l'altro, linfoadenopatia, ovvero gonfiore alle ghiandole di collo, ascelle o inguine, gastroenterite, otite media e poi c'era la voce Dati farmacovigilanza che riportava quanto segue: «In base ai dati emersi dopo la commercializzazione del vaccino, ulteriori reazioni avverse sono elencate di seguito, con frequenza non nota». L'Aifa non aveva dati a riguardo? No, e lo spiega: «Non è possibile stimare la frequenza di queste reazioni avverse». Dopo 42 anni di presenza sul mercato di un vaccino difterico e tetanico, la nostra agenzia regolatoria non sa quanto incidano reazioni quali «allergie, eruzioni cutanee, infiammazione dei nervi che può portare all'indebolimento dei muscoli o alla perdita temporanea di movimento (Sindrome di Guillian Barré)», e molto altro. Un'ulteriore revisione del foglio del prodotto, il 2 agosto scorso ha parzialmente tolto queste imbarazzanti avvertenze dell'Aifa, presenti fino al febbraio scorso. Adesso che il sottosegretario alla Salute parla della necessità di un «ragionevole sospetto» di correlazione di eventi, prima di inviare la segnalazione di una risposta nociva alla vaccinazione anti Covid, dobbiamo dire addio alla speranza di sapere come gli italiani stanno reagendo a farmaci con autorizzazione al commercio condizionata?
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