2021-09-21
Fregola terza dose, però chiudono i centri
Francesco Figliuolo (Ansa)
Dopo le ulteriori punture ai fragili, per i richiami annuali si rischia la frenata: molti hub stanno già sbaraccando e i futuri richiami, sulle spalle di farmacisti e medici di base, potranno coincidere con le vaccinazioni in età pediatrica e con le antinfluenzali.«A livello nazionale si è verificato un incremento generalizzato delle prenotazioni di prime dosi tra il 20% e il 40% rispetto alla scorsa settimana. Inoltre, nella giornata odierna si è riscontrato un aumento del 35 % di prime dosi rispetto alla stessa ora di sabato scorso». Recitava così la nota diffusa alla stampa sabato sera dalla struttura commissariale di Francesco Paolo Figliuolo. E anticipata in edicola, la mattina stessa, da articoli comparsi su alcuni dei principali quotidiani. «Crescono adesioni e vaccinazioni, l'effetto scossa sulla campagna», titolava il Corriere della Sera. «Corsa al vaccino», titolava La Stampa. Idem Il Giornale: «Boom di vaccinazioni dopo il pass esteso». Un coro, insomma. Talmente ben intonato da far sospettare ai più maligni una direzione d'orchestra da parte degli spin doctors del ministero della Salute, se non di Palazzo Chigi. Sicuramente trattasi di coincidenze e non di percezione indotta. Ma altrettanto certamente, in quegli stessi articoli e anche nel comunicato della struttura commissariale si dimenticava di annotare un dettaglio non irrilevante. Questa estate il ritmo delle vaccinazioni è fortemente rallentato con un calo fisiologico e assolutamente prevedibile, soprattutto sul fronte delle prime dosi che a un certo punto sono precipitate (intorno al 10 luglio le seconde dosi erano state otto volte le prime). Agosto, e in parte anche luglio, non è un mese come gli altri: ci sono state le ferie dei vaccinatori e dei volontari, molti hub hanno viaggiato a ritmi ridotti (alcuni hanno proprio chiuso qualche giorno) e il flusso extra di richieste concentrate tutte in un breve arco di tempo va comunque gestito sul fronte delle scorte. Insomma, il gioco ha cominciato a farsi duro, ma i duri invece che cominciare a giocare, forse incerti di propria virtute, hanno esteso il green pass. Intanto, con il rientro dalle ferie sono naturalmente tornate ad aumentare le prenotazioni. Ma la scorsa settimana, da lunedì a domenica, la media delle somministrazioni superava di poco quota 210.000 (ieri, in base ai dati aggiornati alle 17.58, sono state 107.327 di cui però solo 29.283 prime dosi).E al netto dei comunicati e della grancassa di alcuni giornali, non sappiamo effettivamente quanti indecisi ha smosso l'effetto green pass. E soprattutto non sembra che siano state «notti magiche» in questa estate italiana della campagna vaccinale. Certo, il generale Figliuolo ha fatto un grandissimo lavoro (e chissà cosa sarebbe successo se ci fosse stato ancora Domenico Arcuri) ma non è riuscito ancora a scalfire quello zoccolo duro di italiani senza vaccino che è compreso per lo più tra gli over 50. Forse anche perché quella che gli esperti di logistica chiamano modalità «push», ovvero gestire i processi in anticipo rispetto al palesarsi dei «clienti», andava messa in campo prima dell'estate invece di dare appigli a persone già in bilico con il caos informativo su Astrazeneca e J&J.«Voglio fare un appello a quelli che sono diffidenti e attendono. Voglio dire: informatevi, chiedete a medici, infermieri e a chi ha visto la sofferenza del Covid e le vede ancora. Che sia una libera scelta ma ognuno si informi», ha detto ieri Figliuolo durante la visita all'hub vaccinale di Villorba (Treviso), in occasione dell'avvio delle somministrazioni delle terze dosi. Oggi siamo a 41 milioni di italiani vaccinabili che si sono vaccinati. Quindi, siamo a circa il 76% degli over 12. Ma il lavoro anche sul fronte logistico non è finito. Anzi, il secondo match per il commissario comincia adesso. Come abbiamo scritto più volte, quelle per i fragili e per gli immunodepressi sono dosi meno complesse da somministrare, parliamo di soggetti che sono seguiti in maniera specifica da ospedali e medici di famiglia e che già nel primo round della campagna vaccinale hanno ricevuto il vaccino in strutture diverse dagli hub. Idem per gli over 80 e per il personale medico in prima linea. Il problema vero arriverà quando andranno gestiti i richiami «annuali» per un virus che non è stagionale come l'influenza. Si stanno già smantellando molti grandi hub: solo negli ultimi giorni è stato chiuso quello della Fiera di Brescia che con 75 linee vaccinali era arrivato ad inoculare una media di circa 3.250 dosi quotidiane. E sempre nel bresciano, è partito il conto alla rovescia in altri tre grandi centri di Asst del Garda che chiuderanno entro fine ottobre. Più a Sud, A Roma, anche la Nuvola di Fuksas all'Eur continuerà ad essere un hub vaccinale solo fino al 26 settembre e poi tornerà ad essere un centro congressuale. La struttura commissariale conta, infatti, su un maggiore coinvolgimento di medici di base, pediatri e farmacie. Saranno in grado di sostenere il «secondo giro» per tutti? Non solo. La somministrazione della terza dose dovrà essere messa a sistema con quella del vaccino antinfluenzale e si sommerà anche alla gestione delle vaccinazioni in età pediatrica, caricando le strutture di un compito extra. Ieri, nel primo giorno utile sono 3.191 gli italiani ai quali è stata somministrata la dose aggiuntiva destinata ai soggetti immunocompromessi, trapiantati e malati oncologici con determinate specificità. In totale si tratta di circa tre milioni di persone. Intanto Figliuolo attende di capire «cosa dirà il Cts e ritengo che nei primi giorni di questa settimana ci sarà una riunione ad hoc ma molti scienziati stanno dicendo che la linea, il cut-off, per la terza dose potrebbe essere posizionata intorno ai 65 anni», ha detto ieri. Aggiungendo che «presumibilmente nei prossimi giorni ci sarà anche il via liberi per sanitari, lavoratori delle Rsa e fragili».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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