2024-04-26
Parigi vuole imporci come usare i risparmi
Il ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire (Ansa)
Le Maire spinge sull’Unione bancaria e propone di sfruttare il denaro sui conti per finanziare le politiche verdi Ue, congelandolo fino alla pensione. E la Lagarde parla di un’azione «dall’alto» per dare una «svolta kantiana» all’integrazione dei mercati dei capitali.La Francia torna a forzare la mano sull’Unione bancaria. Alla francese, però. Ieri il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, ha chiesto la creazione di un prodotto di risparmio europeo e ha sostenuto che è «urgente» rilanciare l’Unione dei mercati dei capitali. «Il mio primo obiettivo, entro il 2027», ha detto in un discorso a Bercy, «è quello di essere in grado di offrire un prodotto di risparmio europeo, con le stesse regole e lo stesso sistema fiscale per tutti i cittadini europei». Il ministro francese ha parlato prima della presentazione delle conclusioni della missione Noyer, che prende il nome dal governatore onorario della Banque de France, Christian Noyer, incaricato di supervisionare i lavori e di elaborare raccomandazioni per il rilancio dell’Unione dei mercati dei capitali. La missione Noyer sottolinea che l’Unione europea «dovrà investire in modo massiccio da qui al 2030»: per garantire la transizione energetica della Ue sarebbero necessari quasi 700 miliardi all’anno e per la transizione digitale 125 miliardi. I risparmi europei «rappresentano un bacino di 35.000 miliardi» che potrebbe contribuire a finanziare i progetti europei. Si tratta di denaro «che dorme nei conti bancari e non viene utilizzato per nulla quando abbiamo bisogno di finanziamenti», ha sostenuto Le Maire. Sottolineando che questo risparmio, sebbene «abbondante», viene anche esportato troppo al di fuori dell’Unione, che dovrebbe essere riservato agli investimenti a lungo termine e rimanere congelato fino al momento del pensionamento, salvo «eventi importanti della vita». Un’altra delle raccomandazioni della missione è quella di «rilanciare il mercato della cartolarizzazione», una tecnica finanziaria che prevede la trasformazione del debito detenuto da una società o da una banca in titoli finanziari più facilmente negoziabili. Infine, gli autori del rapporto suggeriscono che l’Esma, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, diventi il «supervisore dei supervisori», per competere con la Sec, l’autorità statunitense di regolamentazione dei mercati finanziari. «Se non tutti vogliono andare avanti, solo pochi di noi lo faranno. Non lascerò che pochi Stati tengano in ostaggio l’Unione dei mercati dei capitali», ha detto Le Maire rilanciando l’appello fatto già lo scorso 23 febbraio. Appello subito raccolto da Mario Draghi («È essenziale procedere con l’unione dei mercati di capitali», ha commentato nei giorni scorsi l’ex presidente della Bce aggiungendo che «se non sarà possibile farlo a 27, bisognerà procedere con i Paesi che sono d’accordo»).Sempre ieri sono arrivate anche le parole del presidente della Bce, Christine Lagarde. Intervenendo brevemente al convegno del ministero delle Finanze francesi, ha sottolineato la necessità di una «svolta kantiana» per integrare effettivamente i mercati dei capitali in Europa per fronteggiare le transizioni digitale e verde e fronteggiare le crisi geopolitiche. La Lagarde ha poi aggiunto che occorre rovesciare la direzione di marcia seguita finora passando dall’azione «dal basso» all’azione «dall’alto» per imprimere una svolta rapidamente. Come si tradurrà quel «dall’alto» citato dalla Lagarde, e chi ne trarrà maggiore beneficio, è il punto su cui riflettere. Così come non sono chiare le posizioni di chi studia il mercato comune sulle nuove dinamiche di import ed export (mentre i grandi della Terra studiano il mercato unico, gli imprenditori si domandano come affrontare il tema Germania). Non solo. Applicare l’Unione bancaria in un modo piuttosto che in un altro impatterà sul futuro dei singoli sistemi bancari. Quello italiano sarà protetto dall’assalto francese come è accaduto sulle concessioni idroelettriche? La domanda bisogna porsela prima di affrontare una Unione bancaria con le stesse logiche di quell’impianto concorrenziale: finiremmo per perdere il controllo delle enormi masse gestite e dei risparmi degli italiani. A meno che questa non sia una delle opzioni messe sul tavolo. Nel frattempo, il Parlamento europeo mercoledì ha adottato in sessione plenaria il mandato negoziale sulla riforma in materia di gestione delle crisi bancarie e sistemi di tutela dei depositi sulla base della posizione della commissione Affari economici (Econ) dell’Eurocamera. I testi legislativi, su cui il nuovo Europarlamento che si insedierà dopo le elezioni del 6-9 giugno tornerà a lavorare, prevedono che il quadro di risoluzione delle crisi venga applicato a qualsiasi banca, indipendentemente dalle sue dimensioni, qualora si ritenga che vi sia un interesse pubblico a farlo. Nella posizione dell’Eurocamera è stata introdotta anche una modifica nella graduatoria dei creditori, che dovrebbe rendere più accessibili i sistemi di garanzia dei depositi (Dgs) finanziati dalle banche per risarcire i depositanti e il Fondo di risoluzione unico per il finanziamento della risoluzione. Questo, spiega il Parlamento Ue, «dovrebbe limitare il ricorso al sostegno pubblico e aprire la strada a soluzioni più efficaci in caso di risoluzione delle crisi bancarie».
Jose Mourinho (Getty Images)