Berlino scivola verso la recessione, Parigi taglia 22 miliardi. Sui giornali non se ne parla: ecco perché invece ci riguarda.
Berlino scivola verso la recessione, Parigi taglia 22 miliardi. Sui giornali non se ne parla: ecco perché invece ci riguarda.Se Atene piange, Sparta non ride ma, paradossalmente, è Roma quella che deve fare i compiti a casa, nonostante i risultati siano migliori. Basta sostituire Berlino e Parigi alle due città greche ed avrete la sintesi degli ultimi dati sull’andamento delle tre principali economie dell’Eurozona.L’indice composito (industria e servizi) dei direttori degli acquisti di gennaio - un buon anticipatore dell’andamento del Pil che raccoglie dati da un campione selezionato di manager - ha visto l’Italia passare, a gennaio, in fase di espansione dell’attività economica dopo sette mesi consecutivi di frenata soprattutto grazie alla ripresa dei servizi, con la manifattura ancora in lieve contrazione. Mentre Francia e Germania restano in profondo rosso, perfino peggiorando.Il governo francese ha annunciato una significativa riduzione delle prospettive di crescita per quest’anno, con la conseguenza di dover porre mano a 10 miliardi di tagli alla spesa pubblica per non sforare il deficit/Pil del 4,4%.La coalizione «semaforo» tedesca è alla frutta, con i Verdi e i socialisti di Spd che premono per una revisione del «freno» al bilancio (deficit/Pil non superiore al 0,35%) e si scontrano con la contrarietà dell’alleato Fdp, guidato dal ministro delle Finanze Christian Lindner. Proprio lunedì la Bundesbank ha confermato lo scenario più temuto. Dopo il -0,3% del quarto trimestre 2023, anche il primo trimestre del 2024 vedrà il Pil terminare con una variazione negativa e la Germania sarà ufficialmente in recessione. Tutte le difficoltà già all’opera nel 2023 (con un -0,3% sul 2022) sono confermate anche in questi primi mesi. Lo scossone provocato dalla sentenza della Corte costituzionale che ha impedito l’utilizzo di fondi fuori bilancio per alimentare la spesa pubblica (ben 60 miliardi di euro) ha provocato un’onda d’urto larga e profonda.Il rallentamento della domanda estera e la crisi di fiducia dei consumatori hanno fatto il resto. La tensione è arrivata al punto che il presidente della Bdi (Confindustria tedesca), Siegfried Russwurm, si è sfogato sul Financial Times attaccando a palle incatenate il governo guidato da Olaf Scholz, le cui politiche per la transizione energetica sono state definite «assolutamente deleterie e più dogmatiche che in ogni altro Paese». Un governo «privo di una reale strategia economica», impegnato a «perseguire obiettivi di transizione energetica senza curarsi dei relativi costi». Non osiamo nemmeno immaginare i titoli in prima pagina che avremmo letto in Italia se Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, avesse attaccato il governo con questi termini. Le imprese tedesche stanno facendo seguire i fatti alle parole e stanno delocalizzando massicciamente verso gli Usa, attratte dai rilevanti incentivi offerti dall’amministrazione di Joe Biden. Volkswagen, Basf e quasi tutti i migliori nomi dell’industria tedesca hanno progetti di espansione oltreoceano. Per un totale di investimenti diretti nel 2023 per 15,7 miliardi di dollari, quasi raddoppiati rispetto agli 8,2 del 2022.Anche a Parigi la tensione si taglia a fette. Dopo aver preso atto che la crescita per il 2024 si è ridotta dal 1,4% al 1%, i ministri competenti Bruno Le Maire e Thomas Cazenave si sono rinchiusi a Bercy per trovare ben 10 miliardi di spesa pubblica da tagliare che entreranno in un decreto correttivo dei conti pronto entro pochi giorni. E altri 12 miliardi dovranno essere tagliati nel bilancio 2025. Avendo rinunciato ad aumentare le tasse, la scure calerà su aiuti alla formazione dei lavoratori, sussidi per le ristrutturazioni edilizie (anche in Francia hanno problemi con qualcosa di simile al Superbonus), per finire alle spese di viaggio dei funzionari ministeriali. Tutti i principali fiori all’occhiello del governo guidato da Gabriel Attal sono stati toccati dalla «guerra lampo» - come è stata definita sul quotidiano Le Figaro - di Le Maire contro i suoi colleghi. Che ha ritenuto di metterci la faccia annunciando queste misure domenica sera in televisione su Tf1. «Incassiamo di meno, spendiamo di meno», è stata la sintesi del ministro per giustificare i tagli ai propri concittadini. Un fatto è certo, le pagine dei quotidiani francesi e tedeschi traboccano di articoli su questi temi ma in Italia l’eco è modesta. Eppure, considerate le interrelazioni tra le economie, ci dovremmo interessare e preoccupare ma i titoli dei giornaloni appaiono solo in occasione di dati italiani negativi. La comparazione non è ammessa.È pur vero che la nostra crescita è vista in riduzione verso 0,6%-0,8% rispetto all’1,2% della Nadef ma, come ha ribadito l’Upb (Ufficio parlamentare di bilancio, ndr) pochi giorni fa, la crescita nominale è ancora vicina al 4,1% e tanto basta ai fini della tenuta dei conti. Anche perché il 2024 è cominciato col piede giusto sul fronte del fabbisogno statale, ridottosi a gennaio da 7,1 a 5,5 miliardi, dopo che il 2023 si è chiuso a 108 miliardi, contro i 67 del 2022. Le entrate tributarie e contributive fino a novembre 2023, sono aumentate di ben 37 miliardi (+5,1%). Un dato da non dimenticare mai quando si osserva allarmati l’aumento degli interessi sul debito (da 64 a 73 miliardi). Proprio l’Upb ha pubblicato un’interessante analisi sugli impatti finanziari ed economici della legge di bilancio 2024, mettendo a fuoco come il governo abbia efficacemente concentrato le (poche) risorse disponibili a sostegno del reddito delle famiglie e del pubblico impiego. È ragionevole dedurre che siano state proprio queste misure, insieme a un’inflazione nettamente più bassa rispetto a Francia e Germania, a consentirci di fare meglio di transalpini e tedeschi.
Lucetta Scaraffia (Ansa)
In questo clima di violenza a cui la sinistra si ispira, le studiose Concia e Scaraffia scrivono un libro ostile al pensiero dominante. Nel paradosso woke, il movimento, nato per difendere i diritti delle donne finisce per teorizzare la scomparsa delle medesime.
A uno sguardo superficiale, viene da pensare che il bilancio non sia positivo, anzi. Le lotte femministe per la dignità e l’eguaglianza tramontano nei patetici casi delle attiviste da social pronte a ribadire luoghi comuni in video salvo poi dedicarsi a offendere e minacciare a telecamere spente. Si spengono, queste lotte antiche, nella sottomissione all’ideologia trans, con riviste patinate che sbattono in copertina maschi biologici appellandoli «donne dell’anno». Il femminismo sembra divenuto una caricatura, nella migliore delle ipotesi, o una forma di intolleranza particolarmente violenta nella peggiore. Ecco perché sul tema era necessaria una riflessione profonda come quella portata avanti nel volume Quel che resta del femminismo, curato per Liberilibri da Anna Paola Concia e Lucetta Scaraffia. È un libro ostile alla corrente e al pensiero dominante, che scardina i concetti preconfezionati e procede tetragono, armato del coraggio della verità. Che cosa resta, oggi, delle lotte femministe?
Federica Picchi (Ansa)
Il sottosegretario di Fratelli d’Italia è stato sfiduciato per aver condiviso un post della Casa Bianca sull’eccesso di vaccinazioni nei bimbi. Più che la reazione dei compagni, stupiscono i 20 voti a favore tra azzurri e leghisti.
Al Pirellone martedì pomeriggio è andata in scena una vergognosa farsa. Per aver condiviso a settembre, nelle storie di Instagram (che dopo 24 ore spariscono), un video della Casa Bianca di pochi minuti, è stata sfiduciata la sottosegretaria allo Sport Federica Picchi, in quota Fratelli d’Italia. A far sobbalzare lorsignori consiglieri non è stato il proclama terroristico di un lupo solitario o una sequela di insulti al governo della Lombardia, bensì una riflessione del presidente americano Donald Trump sull’eccessiva somministrazione di vaccini ai bambini piccoli. Nessuno, peraltro, ha visto quel video ripostato da Picchi, come hanno confermato gli stessi eletti al Pirellone, eppure è stata montata ad arte la storia grottesca di un Consiglio regionale vilipeso e infangato.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
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Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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