2022-03-24
Francesco non aderisce alla crociata. «Non bisogna sconfiggere nessuno»
Per il segretario di Stato, Pietro Parolin, «il messaggio della Santa Sede è fermare la guerra». Il «Corriere» prova ad arruolare il Papa contro Vladimir Putin, ma la linea vaticana è: «Serve una pace vantaggiosa per tutti».«Il messaggio della Santa Sede, del Santo Padre, è fermare la guerra». Se ci fossero ancora dubbi sulla linea vaticana di fronte alla crisi Ucraina, queste parole che il cardinal Pietro Parolin, segretario di Stato, ha detto al corrispondente dell’emittente cattolica statunitense Ewtn, Colm Flynn, tolgono ogni velo. L’intervista esclusiva è stata registrata il 19 marzo e mandata in onda martedì, il cardinale si trovava all’Expo di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, per visitare il padiglione della Santa Sede e svolgere una serie di incontri bilaterali.Il primo messaggio della Santa Sede, ha sottolineato Parolin, è appunto quello di «fermare la guerra» e il «secondo messaggio è iniziare a negoziare... sapendo che c’è sempre una soluzione onorevole, se vogliamo. Insisto sul fatto che non dobbiamo sconfiggere nessuno». Ha anche sottolineato in modo molto significativo che si riferisce a quello che «in diplomazia», consiste nella soluzione win-win, una «soluzione vantaggiosa per tutti, che tutti siano soddisfatti». Ancora una volta quindi è chiaro che per il Papa non ci sono chiusure nel dialogo e tiene aperto il canale con la Russia di Putin.Ieri Francesco, salutando i pellegrini, ha ribadito che «con la guerra tutto si perde, tutto» e «preghiamo anche perché i governanti capiscano che comprare armi e fare armi non è la soluzione del problema». Bisogna innanzitutto aiutare «le persone che fuggono, le persone morte, le persone ferite, i tanti soldati caduti da una parte e dall’altra»: è questo lo sguardo pastorale del Papa argentino che da una parte gli ha fatto ricevere critiche quando si è dovuto occupare di dottrina e diritto, ma che ora, quando si muove su questo terreno dei rapporti e della politica estera, lo porta a smarcarsi da ogni etichetta e giocare così un ruolo da protagonista indiscusso. È questo che molti osservatori non riescono a interpretare e sui giornali le articolesse appaiono insofferenti di fronte al Papa che non si schiera, che non mette Vladimir Putin all’inferno, che non benedice la santa alleanza atlantica e l’invio di armi. Un Papa che, lo disse su un areo di ritorno da un viaggio in Corea del Sud nel 2014, riconosce che «fermare l’aggressore ingiusto è lecito», ma mette in guardia dai «mezzi con i quali si possono fermare» che «dovranno essere valutati».Al contrario di quello che si scrive sui giornaloni, dove campeggiano i suggerimenti di «uno degli uomini più vicini a Francesco», in questo caso papa Bergoglio sfugge alle facili interpretazioni, ancor più quando queste sono interessate a inseguire i fantasmi delle «destre cristiane schierate in modo più o meno larvato con Vladimir Putin». Così diceva il già citato uomo tra i «più vicini a Francesco» sul Corriere di ieri. Il Papa non nega la situazione sul campo, ma non chiude il canale con la Russia di Putin, lo stesso Parolin nell’intervista citata in apertura ha detto: «C’è sempre la possibilità di trovare una soluzione, una soluzione che sia onorevole per tutti, basta avere la buona volontà di farlo. Io credo che in questo caso c’è bisogno di tanta buona volontà. L’alternativa è la guerra, l’alternativa è la violenza, l’alternativa sono i morti. Noi stiamo insistendo che ci sia un negoziato». E nonostante le richieste che gli sono giunte direttamente dal presidente ucraino Zelensky, e prima anche dal sindaco di Kiev, e prima ancora in modo accorato dall’arcivescovo greco cattolico Sviatoslav Shevchuk, è praticamente impossibile che il Papa si rechi in terra Ucraina in questo momento. Per ragioni di sicurezza, ovviamente, ma anche per evitare di chiudere il canale diplomatico con Mosca. Perché si possa tentare di imbastire un accordo win-win, secondo le parole di Parolin, è chiaro che il Papa non si farà tirare per la talare. Peraltro Francesco, proprio sull’aereo di ritorno dopo la sua visita a Cuba per firmare con il patriarca Kirill la «Dichiarazione comune» (12 febbraio 2016), rispondendo ai giornalisti diceva apertamente qualcosa che oggi diventa interessante per capire cosa muove il Papa. Sull’aereo disse che la dichiarazione firmata con Kirill sull’Ucraina era discutibile, ma, aggiunse il Papa, «lì si dice che si fermi la guerra e che si vada ad accordi». E poi queste parole: «… l’Ucraina è in un momento di guerra, di sofferenza, con tante interpretazioni. Io ho nominato il popolo ucraino chiedendo preghiere e vicinanza tante volte, sia negli Angelus sia nelle udienze del mercoledì. Ma il fatto storico di una guerra… ognuno ha la sua idea: come è questa guerra? Chi l’ha incominciata? Come si fa? Come non si fa?… È evidente che questo è un problema storico, ma anche un problema esistenziale di quel Paese, e parla della sofferenza». Qui ci sono tutti gli elementi per capire la geopolitica pastorale di Francesco: attenzione al popolo che soffre, richiesta di pace e quindi considerare tutti come dei veri interlocutori, anche la Russia di Putin. In fondo, se si fosse seguita questa linea prima del 24 febbraio forse un’altra «inutile strage» non sarebbe iniziata.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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