2020-10-04
Francesco firma la «Fratelli tutti» mentre tra i prelati volano i coltelli
Il Pontefice porta l'Enciclica sulla tomba del poverello di Assisi, ma un sito viola l'embargo e pubblica il testo. Oltre alla difesa dell'ambiente il documento parla del diritto a non emigrare. E cita il Grande imam Ahamad Al Tayyeb.Sulla tomba di san Francesco il Papa che ha scelto di portare il nome del poverello di Assisi ieri pomeriggio ha firmato la sua terza enciclica. È la «Fratelli tutti», un titolo che riporta proprio una citazione del santo, e che si presenta come un documento sulla fratellanza umana specialmente nel mondo che vive la pandemia da Covid-19. Il testo, che doveva essere reso pubblico oggi dopo l'Angelus, ha visto violato l'embargo stampa comparendo sul Web nella sua versione spagnola nel tardo pomeriggio di ieri sul sito Infovaticana.Il fatto è antipatico, ma dice del limite di fissare un embargo di mezza giornata, soprattutto inviando il documento via mail a tutti i vescovi del mondo. Infatti, il testo diffuso sul Web nell'intestazione sembra riportare il nome di un vescovo cileno da cui potrebbe essere partita in qualche modo la fuga di notizie. Comunque la firma di «Fratelli tutti» era avvenuta intorno alle 16 al Sacro Convento, dopo che il Pontefice aveva celebrato la messa sulla tomba del Santo patrono d'Italia, con lui il cardinale Agostino Vallini, il vescovo della città umbra, Domenico Sorrentino, e il sindaco Stefania Proietti, più una ventina tra frati e suore. Nessuna omelia, tanto silenzio. Il documento, stando alla versione apparsa sul Web ieri, conferma le attese. È un testo «sociale» che ricalca il già noto stile di papa Francesco e i contenuti sono in gran parte ripresi da suoi interventi. Il Papa si dice «stimolato» per questa enciclica dal Grande imam Ahamad Al Tayyeb, quello con cui ha firmato il Documento sulla fratellanza umana ad Abu Dhabi. In tutto sono otto capitoli che in varie modalità propongono la necessità di un mondo aperto, fondato sulla capacità di donarsi agli altri, quindi ci sono alcuni temi ricorrenti nel magistero di Francesco: quello sull'integrazione dei migranti, in cui il Pontefice ricorda però anche il «diritto a non emigrare»; si schiera per la globalizzazione, ma ricorda che non può essere un'ideale somministrato per «omogeneizzare, dominare e depredare»; e la «cultura dello scarto» declinata qui soprattutto in chiave economico-sociale.Peraltro padre Antonio Spadaro, che porta a casa una bella citazione a piè di pagina di una sua conversazione con il Papa, lo aveva preannunciato, nell'Enciclica si trova «la spinta a riconoscersi fratelli su questa terra e nella nostra casa comune, attraverso la valorizzazione delle differenze e la riscoperta del vivere insieme, non in maniera individualistica, per costruire un mondo migliore». Non manca ovviamente la difesa dell'ambiente e un richiamo al Covid che in un certo senso sarebbe frutto del modo che abbiamo di porci di fronte alla realtà, da padroni assoluti. «Non penso si tratti di un castigo divino», dice Francesco, ma neppure può bastare dire che il danno fatto alla natura finisce il conto dei «nostri soprusi. È la realtà stessa che geme e si ribella». La lezione da imparare dalla pandemia è la necessità appunto di essere «fratelli tutti», che da soli non ci si salva.Il capitolo sulla politica si apre con un duplice colpo, uno ai populismi, che potrebbero celare forme di «disprezzo per i deboli», e uno ai liberalismi che sarebbero al servizio «degli interessi economici dei potenti». Il Papa sottolinea poi in negativo la moda di utilizzare il criterio di «populista» o «non populista» come chiave per leggere i nostri tempi; per Francesco, che ama molto il concetto di popolo, lui che è «figlio» della cosiddetta teologia del popolo argentina, il «populismo» ammazza il «popolo» sotto i colpi della demagogia. La differenza, semplificando molto dal testo del Papa, sembrerebbe giocarsi nella dicotomia tra «aperto» e «chiuso», con il primo termine che appartiene al «popolo», mentre il secondo sarebbe tipico dell'accezione «populista». In questo contesto però anche i liberalismi, secondo papa Bergoglio, sono forme critiche visto che per loro «la società è una somma di interessi che coesistono» con un orizzonte individualistico. La politica di cui c'è bisogno, dice quindi il Papa, è quella che non si deve sottomettere «all'economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia».Interessante la valutazione che il Papa dà del fondamento dei consensi nel dialogo sociale, laddove ricorda che «il relativismo non è la soluzione», per cui occorre anche «esercitarsi a smascherare le varie modalità di manipolazione, deformazione e occultamento della verità negli ambiti pubblici e privati». Alla fine il documento sembra concludersi con due preghiere, una al Creatore e l'altra «cristiana ecumenica». L'Enciclica, come ci si attendeva, è tutta orientata a un concetto di fratellanza fondato sull'amicizia civile, una disponibilità alle esigenze dell'altro indipendentemente dalla loro fede. Sembra questa la via della missione cattolica per la giustizia e la pace proposta da Francesco, una via di affiancamento per fare un pezzo di strada insieme nell'umanità condivisa. Un cattolicesimo light, si potrebbe dire, inserito nella marmellata delle genti e dei popoli. Con la speranza che riesca a essere lievito.