Secondo Valdis Dombrovskis, i tassi bassi del Salvastati convengono ai Paesi in difficoltà sui mercati. Però ieri abbiamo piazzato titoli per 7,5 miliardi a rendimenti negativi. Con cinque aste così, faremmo meglio del Meccanismo. Per il resto (e per ora) c'è la Bce.
Secondo Valdis Dombrovskis, i tassi bassi del Salvastati convengono ai Paesi in difficoltà sui mercati. Però ieri abbiamo piazzato titoli per 7,5 miliardi a rendimenti negativi. Con cinque aste così, faremmo meglio del Meccanismo. Per il resto (e per ora) c'è la Bce.Noi ci rifiutiamo di credere che la strategia per imporre il Mes sia quella di ripetere una menzogna all'infinito, finché diventi la verità. Ma le nostre certezze cominciano a vacillare. Ieri un duro colpo è stato assestato dal vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, nella conferenza stampa al termine dell'Ecofin. A proposito della nuova linea di credito del Mes sulle spese sanitarie antipandemiche, ha affermato che ci sono «condizioni molto favorevoli, quindi specialmente nei Paesi con tassi di interesse alti sui titoli di Stato, il Mes può generare risparmi consistenti: nel caso dell'Italia i risparmi sarebbero dell'ordine delle centinaia di milioni di euro».Quasi in contemporanea, il ministero dell'Economia ha reso noto l'esito della consueta asta mensile di Bot a 12 mesi, nella quale sono stati assegnati titoli per 7,5 miliardi (con l'importo richiesto pari a 1,5 volte quello assegnato) al rendimento del -0,124% (negativo), il più basso da febbraio scorso, dopo il massimo di 0,53% di aprile. In tre mesi, un calo del dello 0,65% e un tasso vicino a quello che ci eravamo abituati a vedere nel secondo semestre del 2019. Assumendo il metro del commissario, con cinque aste di Bot come quella di ieri avremmo più dell'importo del Mes guadagnando, visto che il tasso è - appunto - negativo.Peraltro, qualche giorno fa, anche il Btp a 10 anni ha fatto segnare in asta un tasso dell'1,28%, in netto calo rispetto al recente massimo relativo di 1,78% di maggio, ma ancora lontano dal 0,88% di ottobre 2019. Segno che c'è ancora spazio per scendere. A questo punto viene proprio da chiedere a Dombrovskis in quale campo dei miracoli abbia mai trovato quelle «centinaia di milioni di risparmi».La domanda è retorica, perché il lettone continua a perpetuare la bufala del presunto risparmio ottenuto dal confronto del tasso del Mes con il tasso del Btp a 10 anni. Un errore da matita blu in qualsiasi corso di finanza, che richiama quelli che nei primi anni Novanta andavano pazzi per la Fiat Duna: sgraziata, piena di difetti, ma costava poco. Non a caso fu tolta rapidamente dal mercato, come ci auguriamo accada al Mes con la sua liquidazione. L'errore dei clienti della Duna, così come quello dei sostenitori del Mes, fu madornale: non basta un tasso più basso per sostenere che uno strumento finanziario è più conveniente di un altro, così come i compratori della Duna impararono a loro spese. Preferire il Mes al Btp solo perché costa meno equivale a preferire la Duna alla Lancia Delta, senza rendersi conto che si sta pagando relativamente molto un prodotto che dovrebbe costare molto meno, data la sua scadente qualità, adatta al mercato sudamericano ma non certo per quello europeo, come il consumatore ebbe modo di comprendere.Sappiamo che il confronto tasso Mes/Btp 10 anni origina dalla uguale scadenza di entrambi i debiti. Che però non tiene conto di un'altra essenziale caratteristica: la natura del suo tasso (fisso o variabile) e le garanzie offerte al creditore. Tutti elementi che hanno un prezzo sul mercato, e che sono ben noti a chiunque si rechi in una banca per negoziare un mutuo. Non ci stancheremo mai di ripetere che il tasso del Mes è variabile, e dipende dal tasso base medio ponderato del «serbatoio» che contiene tutto il denaro raccolto sui mercati prima di prestarlo agli Stati. E quel tasso dipende dalle scadenze e dalla tipologia di titoli scelti dal Mes per indebitarsi. Viene calcolato su base giornaliera e ribaltato sui debitori assieme al margine, determinando una discreta variabilità nei tassi applicati finora a Spagna (salita da 0,50% a 1,10%, per poi scendere a 0,90%), Portogallo, Cipro e Irlanda. Invece il tasso del Btp è fisso.Al Mes, nel dispositivo di assistenza finanziaria approvato il 15 maggio, avevano pensato di poter continuare con un unico serbatoio di raccolta. Salvo subito correre ai ripari, pensando a un nuovo serbatoio specifico per la linea Psc. Due giorni fa anche l'onorevole Renato Brunetta, sul Riformista, si è unito al coro affermando che «le argomentazioni contrarie all'utilizzo del Mes sembrano ormai tutte archiviate, in ragione dell'opera di approfondimento che è stata fatta dal punto di vista giuridico e finanziario […] Su tutti questi punti, e altri ancora, sono state finalmente elaborate delle confutazioni decisive». Che però non reggono. Dal punto di vista giuridico, Brunetta si rifà a un intervento del deputato Pd, Stefano Ceccanti, il quale sostiene che le condizioni previste dal Trattato del Mes siano comunque flessibili («a fisarmonica») e adattabili alle specifiche circostanze. In questa flessibilità rientra quindi l'unica (presunta) condizione della destinazione dei finanziamenti a spese sanitarie connesse al Covid-19. Ma Brunetta e Ceccanti non dicono che il Trattato del Mes non prevede solo condizioni per l'accesso, ma anche per l'erogazione e fino al rimborso (sorveglianza rafforzata e post programma). E quelle regole sono tutte là.Ma ancor più manifestamente errato è affermare, come fa Brunetta, che «il Pepp durerà fino a metà 2021 […] e che da metà 2021 i bond detenuti saranno progressivamente venduti». Purtroppo per lui, la Lagarde il 4 giugno ha detto che gli acquisti netti dureranno almeno fino a metà 2021 o anche oltre, finché la crisi sarà finita, e i titoli in scadenza saranno rinnovati almeno fino al 2022. Non crediamo che rinnovati significhi «progressivamente venduti». Purtroppo per chi ci vuole al guinzaglio dei vincoli del Mes, la Bce, pur con tutti i suoi limiti, continua a esserci e sarebbe ora di finirla con le menzogne ripetute all'infinito, smentite per tabulas.
Agostino Ghiglia e Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
Il premier risponde a Schlein e Conte che chiedono l’azzeramento dell’Autorità per la privacy dopo le ingerenze in un servizio di «Report»: «Membri eletti durante il governo giallorosso». Donzelli: «Favorevoli a sciogliere i collegi nominati dalla sinistra».
Il no della Rai alla richiesta del Garante della privacy di fermare il servizio di Report sull’istruttoria portata avanti dall’Autorità nei confronti di Meta, relativa agli smart glass, nel quale la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci punta il dito su un incontro, risalente a ottobre 2024, tra il componente del collegio del Garante Agostino Ghiglia e il responsabile istituzionale di Meta in Italia prima della decisione del Garante su una multa da 44 milioni di euro, ha scatenato una tempesta politica con le opposizioni che chiedono l’azzeramento dell’intero collegio.
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Imagoeconomica)
La direttiva Ue consente di sforare 18 volte i limiti: le misure di Sala non servono.
Quarantaquattro giorni di aria tossica dall’inizio dell’anno. È il nuovo bilancio dell’emergenza smog nel capoluogo lombardo: un numero che mostra come la città sia quasi arrivata, già a novembre, ai livelli di tutto il 2024, quando i giorni di superamento del limite di legge per le polveri sottili erano stati 68 in totale. Se il trend dovesse proseguire, Milano chiuderebbe l’anno con un bilancio peggiore rispetto al precedente. La media delle concentrazioni di Pm10 - le particelle più pericolose per la salute - è passata da 29 a 30 microgrammi per metro cubo d’aria, confermando un’inversione di tendenza dopo anni di lento calo.
Bill Gates (Ansa)
Solo pochi fanatici si ostinano a sostenere le strategie che ci hanno impoverito senza risultati sull’ambiente. Però le politiche green restano. E gli 838 milioni versati dall’Italia nel 2023 sono diventati 3,5 miliardi nel 2024.
A segnare il cambiamento di rotta, qualche giorno fa, è stato Bill Gates, niente meno. In vista della Cop30, il grande meeting internazionale sul clima, ha presentato un memorandum che suggerisce - se non un ridimensionamento di tutto il discorso green - almeno un cambio di strategia. «Il cambiamento climatico è un problema serio, ma non segnerà la fine della civiltà», ha detto Gates. «L’innovazione scientifica lo arginerà, ed è giunto il momento di una svolta strategica nella lotta globale al cambiamento climatico: dal limitare l’aumento delle temperature alla lotta alla povertà e alla prevenzione delle malattie». L’uscita ha prodotto una serie di reazioni irritate soprattutto fra i sostenitori dell’Apocalisse verde, però ha anche in qualche modo liberato tutti coloro che mal sopportavano i fanatismi sul riscaldamento globale ma non avevano il fegato di ammetterlo. Uscito allo scoperto Gates, ora tutti possono finalmente ammettere che il modo in cui si è discusso e soprattutto si è agito riguardo alla «crisi climatica» è sbagliato e dannoso.
Elly Schlein (Ansa)
Avete presente Massimo D’Alema quando confessò di voler vedere Silvio Berlusconi chiedere l’elemosina in via del Corso? Non era solo desiderare che fosse ridotto sul lastrico un avversario politico, ma c’era anche l’avversione nei confronti di chi aveva fatto i soldi.
Beh, in un trentennio sono cambia ti i protagonisti, ma la sinistra non è cambiata e continua a odiare la ricchezza che non sia la propria. Così adesso, sepolto il Cavaliere, se la prende con il ceto medio, i nuovi ricchi, a cui sogna di togliere gli sgravi decisi dal governo Meloni. Da anni si parla dell’appiattimento reddituale di quella che un tempo era la classe intermedia, ma è bastato che l’esecutivo parlasse di concedere aiuti a chi guadagna 50.000 euro lordi l’anno perché dal Pd alla Cgil alzassero le barricate. E dire che poche settimane fa la pubblicazione di un’analisi delle denunce dei redditi aveva portato a conclusioni a dir poco sor prendenti. Dei 42,6 milioni di dichiaranti, 31 milioni si fanno carico del 23,13 dell’Irpef, mentre gli altri 11,6 milioni pagano il resto, ovvero il 76,87 per cento.
In sintesi, il 43 per cento degli italiani non paga l’imposta, mentre chi guadagna più di 60.000 euro lordi l’anno paga per due. Di fronte a questi numeri qualsiasi persona di buon senso capirebbe che è necessario alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, evitando di tartassarlo. Qualsiasi, ma non i vertici della sinistra. Pd, Avs e Cgil dunque si agitano compatti contro gli sgravi previsti dal la finanziaria, sostenendo che il taglio dell’Irpef è un regalo ai più ricchi. Premesso che per i redditi alti, cioè quello 0,2 per cento che in Italia dichiara più di 200.000 euro lordi l’anno, non ci sarà alcun vantaggio, gli altri, quelli che non sono in bolletta e guadagnano più di 2.000 euro netti al mese, pare davvero difficile considerarli ricchi. Certo, non so no ridotti alla canna del gas, ma nelle città (e quasi sempre le persone con maggiori entrate vivono nei capoluoghi) si fa fatica ad arrivare a fine mese con uno stipendio che per metà e forse più se ne va per l’affitto. Negli ultimi anni le finanziarie del governo Meloni hanno favorito le fasce di reddito basse e medie. Ora è la volta di chi guadagna un po’di più, ma non molto di più, e che ha visto in questi anni il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ma a sinistra non se la prendono solo con i redditi oltre i 50.000 euro. Vogliono anche colpire il patrimonio e così rispolverano una tassa che punisca le grandi ricchezze e le proprietà immobiliari. Premesso che le due cose non vanno di pari passo: si può anche possedere un appartamento del valore di un paio di milioni ma, avendolo ereditato dai geni tori, non avere i soldi per ristrutturarlo e dunque nemmeno per pagare ogni anno una tassa.
Dunque, possedere un alloggio in centro, dove si vive, non sempre è indice di patrimonio da ricchi. E poi chi ha una seconda casa paga già u n’imposta sul valore immobiliare detenuto ed è l’I mu, che nel 2024 ha consentito allo Stato di incassare l’astronomica cifra di 17 miliardi di euro, il livello più alto raggiunto negli ultimi cinque anni. Milionari e miliardari, quelli veri e non immaginati dai compagni, certo non hanno il problema di pagare una tassa sui palazzi che possiedono, ma non hanno neppure alcuna difficoltà a ingaggiare i migliori fiscali sti per sottrarsi alle pretese del fisco e, nel caso in cui neppure i professionisti sia no in grado di metterli al riparo dall’Agenzia delle entrate, possono sempre traslocare, spostando i propri soldi altrove. Come è noto, la finanza non ha confini e l’apertura dei mercati consente di portare le proprie attività dove è più conveniente. Quando proprio il Pd, all’e poca guidato da Matteo Renzi, decise di introdurre una flat tax per i Paperoni stranieri, migliaia di nababbi presero la residenza da noi. E se domani l’imposta venisse abolita probabilmente andrebbero altrove, seguiti quasi certamente dai ricconi italiani. Del resto, la Svizzera è vicina e, come insegna Carlo De Benedetti, è sempre pronta ad accogliere chi emigra con le tasche piene di soldi. Inoltre uno studio ha recentemente documentato che l’introduzione negli Usa di una patrimoniale per ogni dollaro incassato farebbe calare il Pil di 1 euro e 20 centesimi, con una perdita secca del 20 per cento. Risultato, la nuova lotta di classe di Elly Schlein e compagni rischia di colpire solo il ceto medio, cancellando gli sgravi fiscali e inasprendo le imposte patrimoniali. Quando Mario Monti, con al fianco la professoressa dalla lacrima facile, fece i compiti a casa per conto di Sarkozy e Merkel , l’Italia entrò in de pressione, ma oggi una patrimoniale potrebbe essere il colpo di grazia.
Continua a leggereRiduci






