2024-08-18
Forza Italia stoppa la Lega sulle pensioni
Antonio Tajani e Matteo Salvini (Ansa)
Dario Damiani (Fi) boccia l’uscita anticipata dal lavoro con 41 anni di contributi e il trasferimento obbligatorio del Tfr: «Proporre altre “quote” è deleterio per i giovani». Sullo ius scholae Fdi bacchetta gli azzurri: «Non fatevi tirare la giacca dalla sinistra».Maneggiare con cura. Chi mastica la materia previdenziale sa bene di avere a che fare con la carne viva di una buona fetta degli elettori, di una popolazione che è sempre più anziana e che quindi vede sempre di più il traguardo del fine lavoro come il sogno di una vita. Guai, insomma, per chi allontana l’obiettivo. E peana invece per le forze politiche che tagliano i tempi. Poi però bisogna fare i conti (pubblici) e capire a quanto ammonta la spesa per garantire questa maggiore flessibilità e di conseguenze che sacrifici dovrà sopportare chi decide di godersi anticipatamente gli anni di riposo. Su questo stretto crinale si sono spesso schiantate le proposte che si sono succedute negli ultimi anni. E pochi giorno fa la Lega è tornata all’attacco. Prima ne ha parlato in un’intervista alla Verità il sottosegretario leghista all’Economia Federico Freni, che ha lanciato la proposta di rendere obbligatorio il trasferimento di una quota de Tfr nei fondi pensione. Poi è entrato nei dettagli il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon con la proposta di una Quota 41 «light» che calcolerebbe l’assegno pensionistico solo con il metodo contributivo, escludendo quindi per tutti la possibilità del retributivo. Uscita certo, ma con una pensione più leggera. Che poi dovrebbe essere rimpinguata dalla «seconda gamba» previdenziale, quella appunto che si basa anche sulla liquidazione. E gli alleati cosa ne pensano? «Non siamo contrari in linea di principio a forme di flessibilità in uscita», spiega alla Verità Dario Damiani, capogruppo di Forza Italia in commissione Bilancio al Senato, «ma il realismo ci impone di guardare i dati nella loro verità, che è inconfutabile: l’aspettativa di vita nel nostro Paese aumenta, sfiorando i 90 anni, e ne siamo tutti contenti; ma è inevitabile che ciò comporti un adeguamento dei pensionamenti. In Italia già oggi ci sono oltre 1 milione di pensionati in quiescenza da più di 35 anni, è evidente che a lungo termine ciò non sarà sostenibile. Pertanto, al netto di situazioni e casi con effettive caratteristiche di necessità di pensionamento anticipato, come avviene per i lavori usuranti o per seri problemi di salute, proporre altre “quote” e pensare che il prepensionamento possa essere una soluzione mi sembra piuttosto azzardato e deleterio per le generazioni future, sulle quali già grava un debito enorme. Tra l’altro, “quota 41” si applicherebbe a una platea tutto sommato molto ridotta, per cui la proposta nella sostanza non avrebbe neanche chissà quale impatto».Una bocciatura netta e un nuovo fronte aperto nel rapporto tra azzurri e leghisti, che in questi giorni hanno avuto modo di mostrare le loro diverse opinioni anche su un altro tema caldissimo, quello dell’immigrazione. «La nostra posizione», ha recentemente spiegato il segretario di Forza Italia e ministro degli Esteri Antonio Tajani, «è sempre stata a favore dello ius scholae, che non è una scorciatoia né una cosa di sinistra. Anzi, noi siamo contro lo ius soli, perché è demagogico. In ogni caso, la riforma della cittadinanza non è all’ordine del giorno dell’attività di governo. Noi colpiamo gli avversari, non gli alleati. E ci interessa parlare del merito delle proposte». Chiaro. Ma è un fatto che, a proposito di alleati, sia la Lega sia Fratelli d’Italia - ieri Tommaso Foti, il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, ha invitato «Forza Italia a non farsi tirare per la giacca dalla sinistra» - vedano l’estensione della possibilità di acquisire la cittadinanza italiana come fumo negli occhi. E del resto quando lo stesso Foti ha parlato di «indiscrezioni su questa o quella proposta da inserire nella prossima legge di bilancio che non hanno alcun senso e possono creare nei cittadini aspettative ingiustificate», il riferimento alla proposta della Lega sulle pensioni è apparso abbastanza esplicito. Oltre a una quota 41 più leggera, la riforma di Durigon poggia anche su una gestione diversa del Tfr. Una quota di liquidazione da trasferire obbligatoriamente nei fondi pensione per poi garantire con lo sviluppo della seconda gamba previdenziale assegni più sostanziosi. Si può fare? «Dal 2007», continua Damiani, «la legge finanziaria ha consentito ai lavoratori la scelta tra la possibilità lasciare il Tfr in azienda o destinarlo a un fondo pensione. Introdurre un obbligo, anche solo parziale, credo possa sollevare dubbi di costituzionalità». Un altro no.Al capogruppo azzurro in commissione Bilancio non vanno giù neanche le accuse dell’opposizione sui tagli alle rivalutazioni degli assegni. «Come al solito», risponde per le rime, «le opposizioni di centrosinistra strumentalizzano tutto ciò che è possibile strumentalizzare. Danno per scontato che agganciare le rivalutazioni al deflatore del Pil anziché all’inflazione significhi in automatico fare cassa per lo Stato. Ma tecnicamente non è così, tenendo conto delle numerose variabili in gioco. Di sicuro il governo si preoccupa di trovare le soluzioni migliori per tutelare il potere d’acquisto dei pensionati, soprattutto di quelli con pensioni in cui anche pochi euro al mese fanno la differenza».
il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi (Ansa)
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Donald Trump (Getty Images)
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