2025-09-15
Il fondo segreto di John Elkann: ecco dove investì 250 milioni
Il tesoro di famiglia nascosto al Fisco fino al 2025, collegato dalle indagini al fondo Private Wealth in Lussemburgo.Le indagini della Procura di Torino hanno permesso di accertare che gli Agnelli, tra il 2014 e il 2018, hanno investito circa 481 milioni di euro in un fondo lussemburghese e non hanno dichiarato quei denari al Fisco italiano sino al 2019. Un tesoretto il cui valore è aumentato negli anni. Ma gli investigatori della Guardia di finanza hanno avuto bisogno di indagare per molti altri mesi prima di scoprire che ulteriori 250 milioni di euro in azioni dello stesso fondo erano stati nascosti sino al 2025.Infatti gli Elkann, nel quadro Rw, quello dei redditi esteri, dopo la morte della nonna Marella Caracciolo, avvenuta nel 2019, hanno inserito solamente le azioni del fondo detenute da due vecchi trust di famiglia, verosimilmente creati nel 2004, successivamente al decesso di Gianni Agnelli.Si tratta di quote della Private wealth management global Sif-multiassets (Pwmgs), società anonima di investimento a capitale variabile, sottoscritte nel 2014 e nel 2018 con un valore che al momento del passaggio ereditario, nel 2019, era pari a 597.901.371 euro.Per la Procura di Torino quel tesoretto avrebbe prodotto un reddito da capitale, attraverso un aumento di valore delle azioni, di quasi 117 milioni di euro su cui non sarebbe stata pagata l’Irpef, successivamente saldata da John Elkann & C.Gli inquirenti, nei mesi scorsi, hanno contestato al presidente di Stellantis e ad alcuni professionisti legati alla famiglia torinese di avere «interposto fittiziamente due trust di tipo familiare, denominati The Providenza settlement e The Providenza II settlement, con sede a Nassau, Isole Bahamas (paese a fiscalità privilegiata), nel quale venivano conferiti beni di Marella Caracciolo».professionisti di famigliaE che tali beni fossero gestiti dai professionisti di famiglia è confermato da alcune lettere, a partire da una strana bozza senza intestatario, datata 17 luglio 2019 e asseritamente inviata da una società delle Bahamas, che riguardava il trust Providenza II. Nel documento si leggeva: «Al decesso della Disponente, beneficiaria principale del Settlement, il Settlement prevedeva che la totalità del patrimonio fosse distribuita immediatamente ai Secondi Beneficiari. I Beneficiari secondari del Settlement erano GE (Ginevra Elkann, ndr), JE (John Elkann, ndr) e LE (Lapo Elkann, ndr). Alla data del decesso di MCA (Marella Caracciolo Agnelli, ndr), il valore del patrimonio netto era pari a 2.510.566,18059 quote del Pwmgs multiassets, con un valore patrimoniale netto di 137,38 euro per quota».I magistrati evidenziavano «le numerose anomalie riscontrabili negli assetti gestori dei trust in parola e, segnatamente, l’immistione nella gestione delle quote del fondo lussemburghese e nella scelta degli investimenti da parte di John Elkann».La Procura annotava anche che il Pwmgs «è un sub-fund che risultava alimentato esclusivamente con gli apporti effettuati nel 2014 e nel 2018 dai due trust bahamensi in discorso, il cui investment manager era la Fidares asset management trust, con sede in Liechtenstein». Dalle indagini è emerso che la società era gestita, in particolare, da Siegfried Maron, cittadino svizzero, e storico consulente finanziario di Gianni Agnelli.Ma la cosa incredibile è che tra le moltissime carte sequestrate non c’era da nessuna parte l’indicazione di un altro trust, il Piz nair di Auckland, la cui esistenza è stata rivelata dalla Verità.Anche il trust neozelandese aveva investito nel solito fondo lussemburghese, questa volta circa 250 milioni di euro. Ma tali quote non sono entrate né nell’elenco dei beni ereditati dai nipoti di Marella nel 2019, né nei quadri Rw degli Elkann. Ebbene questa misteriosa scatola nata sempre nel 2014, quando sono iniziati gli investimenti nel fondo lussemburghese, non era citata nella documentazione sequestrata negli uffici torinesi dei professionisti legati alla famiglia Agnelli. Come se fosse del tutto separato dai trust delle Bahamas. E dietro ad essi non c’era la mente di Maron, ma quella del settantenne Geoffrey Peter Cone, legale neozelandese con cinque passaporti esperto nella «protezione» dei capitali famigliari.Due mondi che per anni non si sono parlati. Ma grazie alla risposta arrivata dal Lussemburgo alla rogatoria italiana è stata scoperta l’esistenza di Piz Nair e dei suoi investimenti.Quei soldi sono diventati oggetto di una dichiarazione di successione integrativa solo nel 2025, dopo l’arrivo a Torino della documentazione proveniente dal Granducato.Perché aprireun terzo trustA questo punto la domanda sorge spontanea: perché nel 2014 qualcuno ha aperto un terzo trust per investire nello stesso fondo? E perché questo schermo non è stato inserito né nell’eredità, né nei quadri Rw? Qual era il suo utilizzo? Da dove arrivavano i fondi investiti?Tutte domande che abbiamo provato a fare a Cone.Lo abbiamo cercato a Nesso, sul lago di Como. Qui, a pochi metri dal celebre Orrido (una gola con cascata), c’è il suo elegante domicilio italiano con tanto di vistosa targhetta dorata di fianco a un portone di legno antico. Qui ha anche la sede legale la società immobiliare da lui controllata, la Fistoy Italia srl.Intestata alla medesima ditta è anche la Jaguar modello Sovereign dell’avvocato che però non abbiamo trovato nei paraggi. Alla fine il nostro inseguimento non ha prodotto risultati. Cone non ci ha mai risposto al telefono e l’amico Samuel Cleps ci ha confermato che difficilmente l’avvocato neozelandese si farà scappare anche la più piccola informazione.Quel che risulta dalle carte acquisite dalla Procura è che, anche prima della morte di Marella Caracciolo, la gestione degli investimenti era affidata a John Elkann.Per esempio, tra gli amministratori del fondo lussemburghese c’era, secondo gli investigatori, Christian Bolleter (che lavorava anche per Fidares), ritenuto «uomo di fiducia di John Elkann». In una mail inviata nel 2015 a un certo Constantin l’allora presidente di Exor definisce Bolleter e Noam Ohana (ex Exor) come coloro che «lavorano sui nostri investimenti personali diretti e in fondi». In una mail del 2018 (anno del secondo investimento nel fondo), intitolata «Stone - Documenti per gli azionisti venditori» e indirizzata a Elkann, Ohana, Bolleter e ad alcuni gestori del fondo attraverso banca Pictet, si legge: «Potreste per favore fornirci l'indirizzo di Private wealth management global Sif il prima possibile? Dovremo includerlo in un programma con il nome di tutti gli azionisti (e gli indirizzi)».Insomma, sembra chiaro che a muovere gli investimenti fosse John, ma non si capisce perché alcuni acquisti siano stati dichiarati alle autorità italiane e altri no.Pwmgs è, come accennato, una società di investimento sotto forma di société anonyme, costituita ai sensi delle leggi lussemburghesi sugli Specialised investment funds, con più comparti/classi di azioni e a capitale variabile.Il fondo è stato costituito con un capitale iniziale di 31.000 euro.Dal 22 luglio 2014, la società di gestione esterna è Fundpartner solutions sa.Ha dimensioni rilevanti (più di 5 miliardi di euro), domiciliato in Lussemburgo, quindi sotto una delle giurisdizioni più regolamentate per i fondi alternativi.Fundpartner solutions (Europe) sa fa parte del Pictet group, con sede a Ginevra. Il gruppo, attualmente ancora partecipato della famiglia Pictet (due soci su sette), è stato fondato il 23 luglio 1805 a Ginevra e, oggi, offre servizi di investimenti che spaziano dalle azioni al reddito fisso, dagli strumenti alternativi alle soluzioni multiasset.Non risultano controversie significative sul mercato e la reputazione è generalmente solida, legata a clientela private e istituzionale di fascia alta.Nel board del fondo ci sono manager di Banca Pictet, a partire dal chairman Alexandre Ris.Il fondo è presente in mercati sviluppati (Usa, Europa, Svizzera), ma ha anche una significativa esposizione in mercati emergenti o anche in paradisi fiscali come le Cayman.L’offerta del gruppo spazia tra i seguenti settori: gestione patrimoniale per clienti privati e family offices; gestione per soggetti istituzionali; servizi a gestori terzi; private equity, real estate, hedge funds, credito privato.Per quanto concerne i legami con il territorio italiano, dall'analisi degli investimenti, emergono comparti con chiari riferimenti al nostro Paese.Nettuno investe con focus italiano/europeo; Karina è gestito da Novacap asset management sa (società con radici in Svizzera e Italia, attiva soprattutto con clientela italiana); di Progress global invest si occupa Createrra sa, realtà che lavora spesso con promotori italiani.nuove sorpresein arrivoIn generale, diversi sub-fund hanno come investment manager società collegate a promotori e reti italiane, che utilizzano la piattaforma lussemburghese per distribuire fondi ai clienti del nostro Paese.Tra gli investimenti obbligazionari del comparto Nettuno, compaiono strumenti emessi da Fca Bank Ireland, ma anche esposizioni legate a società con forti legami italiani come Fca/Fiat Chrysler.Dalla documentazione ufficiale del fondo e dell’organizzazione, non risultano manager italiani nei ruoli di vertice. I principali gestori appartengono a Pictet (Svizzera), Fundpartner solutions (Lussemburgo), Createrra (Lussemburgo), Csr Beratungsgesellschaft (Germania), Fidares (Liechtenstein).E con questo nome si torna alla casella di partenza. A Gianni Agnelli, a Maron e alle Bahamas. Ma i veri misteri, come avete letto, sono in Nuova Zelanda. E il prossimo disvelamento della rogatoria potrebbe riservare non poche sorprese.
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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