2022-03-02
La follia dell’armiamoci e partite
Con la fornitura di ordigni letali all’Ucraina siamo di fatto entrati in conflitto con la Russia. Ma noi non combattiamo: lo facciamo fare a donne e ragazzini contro un esercito potente. Sarà un massacro. Che dobbiamo assolutamente scongiurare. Trattando. E adesso a mediare tra gli europei arriva la Cina: un autogol di proporzioni incredibili.Anche io, come Mario Draghi, non voglio voltarmi dall’altra parte di fronte alla tragedia del popolo ucraino. Tuttavia, a differenza del presidente del Consiglio, non voglio neppure mandare gli ucraini a morire, dicendo loro che siamo pronti ad aiutarli. Nessuno in Italia vuole entrare in guerra per difendere Kiev. E nessuno ha intenzione di farlo neppure negli altri Paesi europei. Sul Corriere della Sera, Federico Fubini ha scritto, con evidente rimpianto, che all’epoca dei nostri nonni ogni caduto era motivo di orgoglio in famiglia. Non so quali famiglie egli abbia frequentato e quali nonni abbia conosciuto, però posso assicurare per conoscenza diretta che ogni caduto in guerra non è mai stato motivo di orgoglio, ma solo di lacrime, ricompensate quasi sempre dallo Stato con una magra pensione. Si fa presto infatti a fare l’eroe con la vita degli altri e ancor prima ci si può trasformare in un artigliere da salotto (copyright Dagospia), impugnando la stilografica invece del fucile.C’è una frase meravigliosa della lingua italiana che sintetizza il comportamento di chi sogna l’entrata in guerra, ma degli altri: armiamoci e partite. Ecco, noi stiamo facendo esattamente questo. Forniamo armi agli ucraini, affinché combattano, ben sapendo che molti di loro moriranno, trasformandoli così in scudi umani che rischiano di essere sacrificati sull’altare della politica. Gli articoli che leggo in questi giorni, in cui si narrano le gesta eroiche di mamme che imbracciano il mitra e di giovani che svuotano le bottiglie di birra per trasformarle in molotov da scagliare contro i carrarmati russi mi mettono i brividi. Qualsiasi inviato di guerra (quelli veri, che vanno al fronte, non quelli che raccontano i conflitti dalla hall di un albergo) sa che non è facile fermare un esercito armato fino ai denti. A oggi, stando alle informazioni diffuse dalle autorità ucraine, si sono già registrate centinaia di morti fra i civili. Tante, troppe vittime. Ma saranno niente se la guerra proseguirà. Finora Putin ha evitato di entrare nelle città, perché sa che il prezzo da pagare per conquistare una capitale o anche solo un centro con decine di migliaia di abitanti è altissimo. Prendere Kiev significa sottoporla a bombardamenti terrificanti e, ovviamente, far scorrere fiumi di sangue. Qualcuno ha scritto che l’esercito russo ha incontrato forti resistenze fra la popolazione e che i russi si aspettavano lo scioglimento come neve al sole delle truppe ucraine, che avrebbero dovuto inchinarsi di fronte all’invasore. A differenza di Fubini, non sono un esperto di guerre fatte a casa degli altri, tuttavia, non credo che lo zar del Cremlino pensasse di conquistare l’Ucraina, che per estensione è il doppio dell’Italia e ha 42 milioni di abitanti, in un giorno. Può darsi che siano vere le immagini che circolano in rete, di soldati russi rimasti senza benzina e persi sbagliando strada, e pure la fotografia di un contadino che trascina con il proprio trattore un blindato di Mosca, ma ho la sensazione che questa non sia la guerra. O meglio, che questo sia solo contorno.La mia opinione è la seguente: se questa guerra folle non si ferma, se non si riesce a disinnescare il conflitto riuscendo a ottenere una tregua, il numero dei morti sarà spaventoso e, purtroppo, anche noi europei vi avremo contribuito. Anzi, anche noi italiani. Le granate, i missili e le mitragliatrici che ci apprestiamo a fornire agli ucraini per decreto non fermeranno la guerra, ma contribuiranno al massacro. Conteremo le vittime dall’una e dall’altra parte e nessuno oggi è in grado di dire chi vincerà e chi perderà. O meglio: in tanti perderanno la vita e l’Europa di certo perderà la propria innocenza. Questa guerra si poteva fermare tanto tempo fa, se solo lo si fosse voluto, perché anziché soffiare sul fuoco si poteva cercare di spegnere l’incendio, moderando le pretese russe e calmando le aspirazioni ucraine. Ma l’Occidente ha scelto di prendere in considerazione solo le seconde, se non addirittura di fomentarle. Il risultato sono stati otto anni di guerra che abbiamo ignorato, anche se quasi ogni giorno si contavano i morti. Si dirà: ormai quello che è fatto è fatto e mentre gli errori sono alle spalle i russi sono davanti agli ucraini con i loro cannoni. Ma se la guerra si poteva fermare tanto tempo fa, io credo si possa fermare anche ora e non solo con le armi. Lo so, non è facile, ma il solo modo per disinnescare un conflitto che si sa dove è iniziato e nessuno sa dove si concluderà, è trattare, non certo rifornire di armi chi combatte. Anche perché ciò che potrebbe seguire alla guerra nessuno lo sa. Mi riferisco ai gruppi paramilitari che stanno accorrendo in Ucraina. I russi hanno le brigate Wagner, mercenari al soldo di un oligarca. Gli ucraini le milizie neonaziste. Tempo fa Israele, non Putin, chiese di fermare l’esportazione di armi in Ucraina a favore di questi gruppi. Oggi noi gliele stiamo consegnando.