2024-03-04
Bene, la prima causa sul clima in Italia è un flop
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Finisce con un nulla di fatto il caso «Gudizio universale» che era stato presentato nel 2021 da diverse associazioni e cittadini contro la presidenza del Consiglio per adottare iniziative per l''abbattimento di Co2. Il giudice Assunta Canonaco ha giudicato la richiesta di risarcimento «inammissibile», anche perché le azioni compiute dallo Stato contro il cambiamento climatico sono semmai «atti amministrativi».Avevano presentato un esposto contro il governo italiano per l’inquinamento atmosferico, chiedendo che le istituzioni venissero condannate «all’adozione di ogni necessaria iniziativa per l’abbattimento, entro il 2030, delle emissioni nazionali artificiali di Co2». Ma il giudice Assunta Canonaco del tribunale civile di Roma, ha giudicato la richiesta di risarcimento inammissibile, anche perché le azioni compiute dallo stato contro il cambiamento climatico sono semmai «atti amministrativi», come ha anche stabilito la Corte di Cassazione. «Rientrano nella giurisdizione amministrativa le controversie, anche di natura risarcitoria, relative a comportamenti materiali riconducibili – ancorché solo mediatamente – al concreto esercizio di un potere autoritativo». È questo il contenuto della sentenza del 26 febbraio scorso, mentre nelle scorse settimane è iniziato un altro processo sul clima in Italia con la prima udienza della causa civile che vede da un lato Greenpeace Italia, ReCommon e 12 cittadine e cittadini, e dall’altro Eni, Cassa depositi e prestiti (Cdp) e il ministero dell’Economia.Anche di fronte al giudice Assunta Canonaco si erano costituiti decine di cittadini, ma anche le associazioni più disparate come Medici per l’Ambiente, Movimento per la decrescita, Peppino Impastato Onlus, Associazione la locomotiva e ancora la Società meteorologica italiana online. Il caso era stato ribattezzato ‘Giudizio Universale’ ed era stato avviato ai primi di giugno 2021 di fronte al tribunale civile di Roma. Sull’onda emotiva del pericolo del climate change in diverse parti del mondo stanno aumentando casi come questo. Non a caso, nel ricorso, associazioni e cittadini fanno riferimento al caso Urgenda (, dove lo Stato olandese, (considerato tra i Paesi maggiormente emissivi d’Europa) è stato condannato definitivamente dalla Corte Suprema nel dicembre 2019 a ridurre del 25 % le emissioni di C02 nell’atmosfera entro la fine del 2020 e del 40 % entro il 2030». C’è stata anche una sentenza pronunciata dal Tribunale amministrativo di Parigi il 3 febbraio 2021, con la quale è stata riconosciuta una responsabilità omissiva in relazione agli obiettivi e agli impegni comunitari e nazionali in materia derivanti da una decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009. Come anche vene riportata la sentenza della Corte Costituzionale tedesca del 29 aprile 2021 che si è pronunciata sulla parziale incostituzionalità della legge federale sui cambiamenti climatici del 2019. Non solo. Nella denuncia viene anche descritta la condizione emergenziale nel territorio italiano e gli obblighi dello Stato di intervento al fine di “porre fine all’aumento costante della temperatura, perseguire e mantenere la stabilità climatica, contribuire ad arrestare gli effetti degenerativi dell’emergenza climatica, quindi rendere effettivi, nel presente e nel futuro, i contenuti essenziali dei diritti fondamentalissimi della persona umana, prevenendone la lesione». Peccato che ci fossero evidenti errori di ammissione della domanda stessa, a partire dal difetto di giurisdizione. Come è anche palese «il difetto di legittimazione ad agire dei singoli cittadini e delle associazioni» in un caso come questo anche perché «c’è la totale l’insussistenza di una responsabilità dello Stato, in mancanza di una obbligazione civile degli Stati nei confronti dei singoli riguardo agli interventi da adottare e stabiliti dalle fonti sovranazionali, a fronte del carattere planetario del fenomeno del surriscaldamento globale». Per la presidenza del Consiglio, che si è costituita in processo, una richiesta di condanna sarebbe stata soprattutto «un'inammissibile intrusione del potere giudiziario nell'ambito delle competenze del Parlamento e del Governo, con ciò violando il superiore principio della separazione dei poteri».C’è da dire che la richiesta di associazioni e consumato non era «di un risarcimento del danno provocato da specifici provvedimenti normativi illeciti che avrebbero comportato la lesioni dei diritti umani fondamentali, ma una pronuncia di condanna dello Stato ad adottare qualsivoglia provvedimento necessario e idoneo a provocare l’abbattimento delle emissioni nazionali, al fine di prevenire la lesione futura di diritti umani». In pratica il giudice civile avrebbe dovuto «imporre alle Autorità statali la forzata adozione di una politica normativa necessaria al fine di contrastare il grave e complesso fenomeno del cambiamento climatico, evidentemente nelle materie dove più incisiva può risultare l’azione per fronteggiare il grave fenomeno in atto (settore energetico, industriale, della agricoltura, dei trasporti, dei rifiuti ecc.)». Ma il giudice ha giudicato la richiesta inammissibile.
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