2021-11-30
Il flop dell’Islanda sull’auto verde a idrogeno
Visti i limiti di solare ed eolico, in tanti sperano di alimentare le macchine del futuro con questo combustibile alternativo. Ma già Bill Clinton e G.W. Bush gli dedicarono milioni di dollari senza successo. E il piano di Reykjavík saltò con il default del Paese.Dopo le Gretinate numero 1 (cattura e sequestro della CO2) e numero 2 (auto full electric), occupiamoci oggi del l’idrogeno, formula chimica H2. Salutato come il combustibile del futuro, alcuni enti locali, massimamente la Regione Puglia, vagheggiano da anni una fantasiosa Hydrogen valley. Il presidente degli Stati Uniti G.W. Bush fece proprie le idee di Jeremy Rifkin, e nel 2003 lanciava la Freedom Car Initiative, ove prometteva l’idrogeno quale carburante che avrebbe dovuto liberare l’America dalla dipendenza dal petrolio arabo, oltre che risolvere il problema - poteva mancare? - del riscaldamento globale. Entro 10-15 anni, a dire di Bush, il parco auto americano sarebbe stato rimpolpato di auto a idrogeno. E il 28 gennaio 2003 staccò un primo assegno da 720 di dollari milioni. In realtà, l’iniziativa di Bush non era una novità: simile iniziativa l’aveva annunciata nel 1993 il presidente Bill Clinton. Bush estendeva di 10-15 anni la promessa (non mantenuta) di Clinton. La novità di Bush era che l’auto della libertà sarebbe stata a idrogeno.Già in quel 2003 avanzavo un’altra delle mie facili profezie, bollando come «utopico» il progetto dell’auto a idrogeno. Argomentavo con una mezza dozzina di motivi, il meno importante dei quali è che l’idrogeno non esiste sulla faccia della Terra. Un altro motivo è che non sappiamo fabbricare un serbatoio d’automobile che contenga quel gas senza essere da esso intaccato e che, da solo, non costi quanto l’intera vettura. La piccolissima molecola ha infatti il vizio d’intrufolarsi nella struttura cristallina del serbatoio, distruggendolo. Come fu come non fu, il fatto è che Barack Obama fu costretto a cancellare ogni progetto che nominava la parola idrogeno e di quell’auto non si vede, a oggi, neanche l’ombra. Incuranti di queste inezie, le Gretine dicono che l’idrogeno che vogliono è quello verde. Il ragionamento delle innocenti fanciulle - che se studiassero non farebbero peccato - sarebbe questo: siccome l’H2 non esiste e bisogna produrlo, e siccome produrlo costa un occhio della testa, allora produciamolo con l’energia rinnovabile cosicché esso costi tutti e due gli occhi della testa. Nel 2003, a prova della certezza che la faccenda avrebbe avuto sviluppi promettenti, si citava l’Islanda che proprio in quell’anno aveva avviato un ambizioso (e speranzoso) programma: l’Islanda. Il Paese di fatto già nel 2000 preveniva i desideri delle Gretine, anno in cui esse erano ancora nella mente del buon Dio: i due terzi dell’energia elettrica prodotta in Islanda erano rinnovabili (idroelettrico e geotermico). Non contenti, i governanti decisero di utilizzare il surplus elettrico per generare idrogeno dall’elettrolisi dell’acqua. L’idrogeno sarebbe stato utilizzato, prima, per la riconversione dei bus esistenti nell’isola, e subito dopo per la flotta dei pescherecci, protagonisti del 70% della ricchezza nazionale. In prospettiva, l’Islanda si sarebbe resa totalmente indipendente dai combustibili fossili, oltre che per le esigenze elettriche, anche per i mezzi di trasporto terrestri e navali. I primi autobus entrarono in servizio nell’agosto del 2003, dopo la realizzazione in aprile del primo distributore pubblico d’idrogeno (a opera della Shell). I primi tre autobus navetta furono messi in servizio all’aeroporto di Reykjavik. Nella fantasia dei governanti, gli autobus a idrogeno avrebbero dovuto essere 30 nel 2005. Il secondo obiettivo, entro il 2007, era di creare un mercato di auto a idrogeno, sostituendo l’intero parco auto privato (180.000 unità). Il terzo obiettivo, entro il 2015, era quello di alimentare con l’idrogeno l’intera flotta dei pescherecci (2.500 unità). Il quarto obiettivo, entro il 2030, avrebbe dovuto essere di vendere all’Europa l’idrogeno prodotto in Islanda. L’idrogeno doveva essere utilizzato anche per produrre energia per tutti i servizi cittadini.Come fu, come non fu, tra il 2008 e il 2011 l’Islanda subiva un crollo finanziario senza precedenti che riduceva il Paese sul lastrico, anche a causa della disinvoltura con cui la classe politica aveva deciso di investire sull’idrogeno. Inutile dire che, oltre le tre navette d’aeroporto, nessuno degli obiettivi fu mai raggiunto.L’impressione generale è questa. È ormai evidente che per la produzione elettrica gli impianti fotovoltaici o eolici sono un imbroglio tecnologico (ma vi dedicheremo un’apposita Gretinata). Per perpetrare l’imbroglio bisogna far fare loro qualcosa, bisogna intanto distrarsi sull’idrogeno.
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