2018-11-12
Finisce la pacchia per i Comuni che fanno cassa con gli immigrati
Con il decreto Sicurezza saranno dimezzati gli affari di chi con gli Sprar accoglieva i migranti e incassava milioni di euro. Come a Cuneo, Monteroduni, Venafro e Pontassieve, dove aveva casa Matteo Renzi.Da Modena a Macerata, i guai giudiziari degli ospiti dei centri di accoglienza.Lo speciale contiene due articoliEra nato per dare un futuro ai rifugiati politici, poi si è trasformato in una macchina da soldi, per migliaia di associazioni e cooperative. Più o meno come tutto il resto del business accoglienza, solo che qui a gestire il denaro sono i Comuni. Ora, il governo, con il decreto Sicurezza, vuole dimezzare gli utenti di questo ennesimo giro d'affari e, quindi, l'indotto è destinato a calare. Ecco perché, da giorni, la sinistra si dispera all'idea che qualcuno metta mano allo Sprar.Il Sistema di protezione e accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati è nato nel 2002. Era riservato a pochi e i progetti si basavano su un'idea di integrazione: il Comune dava volontariamente disponibilità ad accogliere, e a fronte di trasferimenti ministeriali, attivava il terzo settore per trovare ai rifugiati casa e lavoro. Già allora era un piccolo business, ma erano altri tempi e la tratta di esseri umani verso l'Europa ancora non era cominciata. Con l'emergenza sbarchi le cose sono cambiate: non sapendo più da che parte infilare i clandestini, i governi hanno giocato sporco. Hanno aperto lo Sprar anche a chi non ne avrebbe diritto, comprese le centinaia di migliaia di sedicenti profughi appena arrivati, poi hanno ricattato i Comuni, costringendoli, a dichiarare disponibilità, per evitare di vedersi imporre, comunque, sul territorio i famigerati centri di accoglienza. Il risultato? Lo Sprar è diventato un business: i numeri si sono gonfiati a dismisura, i progetti hanno perso efficacia e, anche i Comuni più piccoli, che poco o nulla hanno da offrire a dei disperati, hanno aderito. Incassando annualmente milionate di euro, da distribuire, perché no, alle cooperative amiche.Il decreto Sicurezza romperà le uova nel paniere: fatti salvi i progetti già in essere, in futuro lo Sprar tornerà a essere ciò che era in origine. Un progetto di inserimento lavorativo e sociale riservato esclusivamente a chi davvero scappa dalla guerra e ha già ottenuto lo status di rifugiato. Tutti gli altri fuori: soprattutto i richiedenti asilo che hanno appena presentato domanda. A Bologna, per esempio, su 844 richiedenti asilo accolti con lo Sprar solo 300 potranno continuare a beneficiare dei progetti. E, a livello nazionale, applicando le stesse proporzioni, su 35.881 posti finanziati potrebbero rimanerne attivi appena 14.000. Una vera e propria mannaia su un giro d'affari che rischia di perdere oltre il 60% della sua materia prima. Dal 2016 alla fine del 2017 il ministero dell'Interno ha emanato periodicamente bandi per l'assegnazione dei fondi Sprar: milioni e milioni assegnati alle realtà più disparate.Per esempio, Fisciano, piccolo Comune in provincia di Salerno, ha dato la propria disponibilità ad ospitare 41 sedicenti profughi, attraverso il sistema Sprar, aggiudicandosi un contributo statale da 639.753 euro all'anno, cifra importante per un Comune che conta appena 3.930 abitanti.Il Comune di Tresnuraghes, 1.142 abitanti, nell'interno della Sardegna, ha dato disponibilità a integrare 10 sedicenti profughi, per un compenso annuo da 164.000 euro. Peccato solo che la provincia di Oristano, di cui fa parte il piccolo Comune, conti tra i giovani, secondo i dati più recenti, un tasso di disoccupazione superiore al 60%.Al Comune di Monteroduni poco più di 2.000 abitanti, in provincia di Isernia, che certo non brilla per solidità occupazionale e risorse economiche, il ministero ha assegnato, nel 2017, 927.000 euro all'anno per dare lavoro e formazione a 60 immigrati. Mentre al vicino Comune di Venafro (11.000 abitanti), che si è proposto per accogliere ben 137 clandestini, ha assegnato nel 2017 2.280.000 euro all'anno per tre anni. Il progetto era già stato approvato, quando l'amministrazione si è accorta, all'improvviso, che in paese manca tutto il necessario. «Venafro rischia di perdere 8 milioni di euro. Corsa contro il tempo per lo Sprar: dal Comune filtra ottimismo ma c'è bisogno di strutture idonee entro fine anno», titolava ingenuamente un organo di informazione locale, qualche giorno fa.Tra quelli che i buonisti definirebbero Comuni accoglienti non poteva mancare Pietrelcina. Il paese di padre Pio, poco più di 3.000 abitanti, ha dato disponibilità per ospitare 30 richiedenti asilo in cambio di 405.000 euro all'anno di fondi ministeriali. A gestirli sarà la Cooperativa Sociale il Melograno, che fa parte del Consorzio Sale della terra, emanazione della Caritas di Benevento, già molto attiva nel settore accoglienza. E nemmeno poteva mancare il Comune di Procida, che per 490.000 euro all'anno ha offerto 34 posti, arrivando addirittura a impedire un referendum popolare, indetto dai residenti contro la bella iniziativa.Salendo al nord, un consistente progetto Sprar lo troviamo anche a Pontassieve (Firenze), dimora fino a qualche tempo fa dell'ex premier Matteo Renzi: qui il ministero ha sganciato 818.989 euro per 80 posti dedicati ai sedicenti profughi. E, infine, Cuneo che, non pago dei suoi 57 richiedenti asilo, ha chiesto una integrazione per poterne ospitare altri 265, aggiudicandosi così un contributo da più di 4 milioni di euro all'anno. In questo enorme calderone di solidarietà a proporsi per dare un futuro di vita ai richiedenti asilo non sono solo i Comuni, ma anche le partecipate pubbliche. Come, per esempio, la Società della Salute dell'Area Grossetana, «nata per gestire i servizi sanitari territoriali» dei Comuni dell'area: in cambio di quasi 5 milioni di euro all'anno ha messo a disposizione 375 posti per sedicenti profughi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/finisce-la-pacchia-per-i-comuni-che-fanno-cassa-con-gli-immigrati-2619211721.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="spaccio-botte-e-sparizioni-questo-modello-non-funziona" data-post-id="2619211721" data-published-at="1757385841" data-use-pagination="False"> Spaccio, botte e sparizioni, questo modello non funziona C'è chi spaccia, chi fa a botte e chi semplicemente lascia l'appartamento, gentilmente offerto a spese nostre, e fa perdere le proprie tracce per dedicarsi ad altro. A Empoli, per esempio, su 35 ospiti del progetto Sprar ben 15 sono finiti in manette dall'inizio dell'anno per questioni legate al traffico di droga. A Modena, dal 2014 ad oggi, più di 800 clandestini sono usciti dal sistema di accoglienza e scomparsi nel nulla. A Macerata, invece, purtroppo uno si è rifatto vivo: si chiama Innocent Oseghale, ha 29 anni, è nigeriano ed è l'unico indagato per aver drogato, ucciso e fatto a pezzi Pamela Mastropietro. Anche lui, per due anni, aveva fatto parte di un progetto di accoglienza diffusa. Non è tutto rose e fiori il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati che il decreto Sicurezza vuole vuole rivedere nei numeri, per riservarlo solo a chi ha già ottenuto lo status di rifugiato. È vero, con questa modalità di accoglienza la gestione dei richiedenti asilo passa attraverso i Comuni, che scelgono le cooperative più affidabili e usano per i richiedenti asilo appartamenti dotati di ogni comfort offrendo agli ospiti corsi di ogni genere. Ma, in molti casi, non basta. Ad Alcamo in provincia di Trapani all'interno dei locali del progetto Sprar le forze dell'ordine hanno scoperto un giro di spaccio che andava avanti da tempo. A segnalarlo erano stati i residenti esasperati dal continuo via vai e il 17 ottobre scorso un nigeriano di 19 anni ospite della struttura è stato arrestato. Il 22 settembre a Raddusa, piccolo Comune in provincia di Catania, a finire denunciato sempre per motivi di droga è stato un diciannovenne etiope. Il ragazzo era già noto perché andava in giro per le strade di Raddusa in sella a una bicicletta rubata ed è stato trovato in possesso di un coltello non regolamentare. Situazione ancor più grave a Empoli, come detto, dove l'ultimo arresto per droga in ambito Sprar risale allo scorso 27 agosto: un senegalese di 31 anni con svariati precedenti è stato arrestato perché sorpreso mentre vendeva eroina alla stazione. Si tratta, come hanno denunciato i consiglieri di Fdi, del «quindicesimo arresto da inizio 2018 sui 35 aderenti al Sistema di protezione per richiedenti asilo». A Modena, invece il fallimento dei progetti di accoglienza si evince dai numeri: «A partire da marzo 2014 sono usciti dal progetto 869 richiedenti asilo. Alcuni si sono allontanati spontaneamente, altri sono stati trasferiti e, per altri ancora, il percorso si è chiuso a causa della commissione di reati», ha spiegato uno dei responsabili della cooperativa Caleidos che gestisce la maggior parte dei progetti di accoglienza compresi quelli del percorso Sprar. «Molti sono stati allontanati perché sorpresi a dare ospitalità ad amici e conoscenti che non ne avevano diritto», mentre «almeno una trentina sono stati scoperti a mettere a segno reati di vario genere, per lo più spaccio di droga». E Oseghale? Dall'aprile 2015 al febbraio 2017 era stato ospite di un progetto Sprar gestito dall'associazione Gruppo umana solidarietà di Macerata. Aveva frequentato corsi da pizzaiolo e saldatore, e un progetto di inserimento lavorativo, ma, hanno scritto in una relazione i referenti della onlus, aveva «violato i regolamenti» e «dimostrato scarso interesse per le attività» e, per questo, era stato allontanato.
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