2025-06-07
Finalmente hanno sbaraccato la parrocchia dei clandestini
Don Massimo Biancalani con un migrante, prima di celebrare la messa nella chiesa di Vicofaro a Pistoia (Ansa)
Don Massimo Biancalani da anni ha trasformato la sua chiesa in un centro d’accoglienza fuori controllo: focolai di Tbc, spaccio di droga, accoltellamenti, refurtiva di rapine. La sinistra l’ha sempre difeso. Il Comune ha detto basta.Negli ultimi due decenni la parrocchia di Vicofaro, quartiere popolare di Pistoia, risulta più citata nei notiziari che nei bollettini parrocchiali. Dal 2004, quando il predecessore di don Massimo Biancalani, don Cristiano, la lasciò per amore di una donna, la ormai famosa chiesa di Santa Maria Maggiore sembra avere una missione politica più che spirituale. Con un confine molto sottile tra carità e ostinazione ideologica. Non è più questione di accoglienza. Ma, stando all’ordinanza di sgombero, «contingibile e urgente», firmata il 5 giugno dal sindaco di Pistoia Alessandro Tomasi, di «degrado, illegalità diffusa, emergenza sanitaria e rischio concreto per la sicurezza pubblica». Un’oasi fuorilegge in piena Toscana: locali inagibili, gravi condizioni igienico-sanitarie, sovraffollamento ingestibile, rischio incendio elevato, casi accertati di tubercolosi infettiva, rifiuto sistematico dei controlli sanitari. Una bomba sociale esplosa in faccia alla retorica buonista. Altro che «rifugio di speranza». L’ordinanza contiene la sequenza (lunghissima) delle criticità: dormitori improvvisati con 196 letti per 176 persone, stanze soffocanti divise da coperte appese, bombole di gas accanto a fornelletti elettrici, fili volanti, muffa alle pareti, bagni lerci e inagibili, pidocchi, pulci, piattole, rifiuti, cataste di bancali e addirittura monopattini elettrici in ricarica tra i letti a castello. Un elenco che supera ogni fantasia. Dal 2023 sono stati accertati «cinque casi di tubercolosi infettiva». Gli ospiti si sono rifiutati di sottoporsi agli screening, esponendo la struttura a elevato pericolo per il «numero di possibili contatti indeterminabile», si legge nella documentazione, «dove i casi di Tbc manifestati sono tra loro correlati anche a causa di interruzioni del corretto iter diagnostico e della immotivata sospensione delle terapie specifiche». Il responsabile della parrocchia, stando all’ordinanza, nonostante le «ripetute richieste da parte dell’Asl di fornire l’elenco dei nominativi», non avrebbe mai risposto. Nessuno sa chi entra, chi esce, chi è malato. E soprattutto: chi se ne assume la responsabilità. Il Comune, la prefettura, il ministero dell’Interno hanno offerto alternative. Centri di accoglienza, rimpatri volontari, screening medici. Tutto rifiutato. Gli ispettori, stando all’ordinanza, sono stati ostacolati, gli impianti elettrici abusivi mai disattivati «per paura di rivolte interne», ha spiegato il vescovo Fausto Tardelli durante una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica in prefettura. L’unica via di fuga in caso di incendio, spiegano le autorità, era «ostruita da biciclette, monopattini e altri oggetti ingombranti ammassati». E sarebbero emerse «tracce riconducibili a guasti e anomalie che hanno interessato l’impianto elettrico con conseguenti principi di combustione». Il centro, insomma, era una polveriera. Ma ci si continuava a dormire. E quando, il 19 maggio scorso, polizia locale, Vigili del fuoco e ispettori dell’Asl sono tornati a Vicofaro, hanno «accertato la permanenza delle criticità già rilevate e delle condizioni di rischio segnalate» un mese prima. Le misure correttive annunciate, insomma, sarebbero risultate «inefficaci».Tutto è cominciato nel 2016, quando don Biancalani aprì la chiesa ai musulmani per farli pregare. Nel 2017 inaugurò la Pizzeria del rifugiato, per dare lavoro ai profughi, mentre un suo ospite veniva arrestato per spaccio. Lo stesso anno, la tv americana Cbs entrò nella comunità per girare un documentario. E don Biancalani tornò a far parlare di sé rilasciando interviste nelle quali sosteneva la legalizzazione delle droghe leggere. Ma solo un anno dopo un secondo arresto per droga colpì un altro migrante accolto. Il sacerdote tentò di mettere una pezza con un diversivo che confondeva lo spaccio con l’uso personale: «È arrivato dal Biafra, dove viveva con la nonna e la sorella in condizioni di estrema povertà. Non lo giustifico ma lo capisco, la marijuana fa parte della loro cultura e probabilmente ne faceva uso anche prima di arrivare in Italia». Quello stesso anno cominciarono i problemi di sicurezza. I Vigili del fuoco chiusero il centro per carenze nella cucina e nel locale caldaie. E lui provò a sminuire: «L’ambiente è grande, fa parte di un convento del Settecento, ci sta che non possa rispettare qualche normativa». E annunciò «lavori di adeguamento». I consiglieri del Pd lo difesero pubblicamente. Intanto dormitori e materassi spuntavano ovunque. Anche in chiesa, dove le autorità trovarono una quindicina di persone che avevano trasformato il luogo di culto nel loro dormitorio (oggi, certificano le autorità, non ci sono più «bivacchi», ma «stufe a gas e bombole di gpl» potenzialmente pericolose). Il centro della questione cominciava già a emergere: i migranti venivano stipati in ambienti insicuri. Biancalani replicava: «Ho finanziatori pronti a comprare letti a castello». Ma nel frattempo anche in Curia qualcuno cominciava a mollarlo: «Abbiamo avuto risposte fredde dalla Diocesi», si lagnava Biancalani, aggiungendo: «Non c’è stato il sostegno che mi sarei aspettato». Nel 2020, una lite tra ospiti si concluse con forbici e sangue. Si azzuffarono probabilmente ubriachi. Scattò anche una denuncia (un caso simile si è verificato lo scorso febbraio). Nel 2021, un altro migrante ospite fu arrestato: aveva aggredito e rapinato una donna a Firenze. Per Biancalani, però, era solo una pecorella smarrita: «Era stato da noi, poi è scomparso. È tornato una settimana fa. Gli inquirenti mi hanno spiegato che era conosciuto per altri episodi e ci sono rimasto malissimo». Ma l’aspetto più inquietante è che, stando alle cronache dell’epoca, durante una perquisizione saltò fuori la refurtiva che il sacerdote e i suoi boys si erano fatti passare sotto il naso. La scusante: «Abbiamo circa 130 ospiti». Troppi per tenere tutto sotto controllo, ma pochi dal punto di vista del sacerdote che continuava ad accoglierne. Per premio papa Francesco gli inviò 20.000 euro e la diocesi ribadì l’impegno per trasferire gli ospiti in ambienti «più dignitosi». Nel 2022 tutte le accuse per abusi edilizi (alcuni dei quali, si accertò, erano stati effettuati in epoca precedente all’arrivo di Biancalani) vennero dichiarate prescritte. Ma i problemi strutturali rimasero. Nel frattempo Biancalani raccontava alla stampa del suicidio di un giovane ghanese, accusava lo Stato e definiva la sua chiesa un «ospedale da campo». E. nonostante il Tar abbia concesso a don Biancalani una vittoria legale nel 2018, tutti i sopralluoghi successivi hanno confermato: la situazione è peggiorata; la struttura è un pericolo. L’ultima ordinanza è una sentenza morale: Vicofaro non è più difendibile. Le condizioni igieniche e la sicurezza sono fuori controllo. La narrazione dell’accoglienza come atto rivoluzionario sembra essere riuscita a coprire per anni una gestione fallimentare e autoreferenziale. La figura di Biancalani è diventata un simbolo. Ma ora si scopre che lo era di un modello sbagliato. E le autorità alla fine hanno detto basta.
Papa Leone XIV (Ansa). Nel riquadro don Nicola Bux.