2024-10-29
Ferguson: «Rischi democratici con Kamala»
Niall Ferguson (Getty Images)
Mentre la candidata progressista gioca la carta del fascismo contro il suo avversario, il celebre storico avverte sul «Daily Mail»: «Mossa disperata e inutile, il vero pericolo è lei». Poi boccia la politica estera di Joe Biden. Da noi però il coro dei media dice il contrario.Kamala Harris, almeno, ha la scusa di essere impegnata in una campagna elettorale senza esclusione di colpi bassi. Qualche giorno fa ha dichiarato che «Donald Trump è un pericolo per il benessere e la sicurezza dell’America». E ha concluso il ragionamento con un’accusa vecchia come il mondo: «Trump ha ammirato i dittatori, il suo staff ha detto che è un fascista». Ma, appunto, che Kamala tratti da fascista l’ex presidente non stupisce né smuove chissà quali passioni. Un filo di tristezza in più, va detto, la suscitano i numerosi commentatori italiani che da settimane vanno ribadendo lo stesso mantra, e che alzano il tiro mano a mano che la scadenza elettorale si avvicina. Capita spesso di accendere la televisione e di trovare qualche illustre commentatore (che sia Monica Maggioni o qualcun altro poco cambia) impegnato a dichiarare che Trump riporterà i nazisti al potere o trasformerà l’America nell’Oceania di George Orwell. I nostri cronisti-attivisti, a ben vedere, non fanno altro che scimmiottare i più titolati liberal d’Oltreoceano, tipo la nota Anne Applebaum che su The Atlantic ha decretato che «Trump parla come Stalin, Hitler e Mussolini» e che usa metodi propagandistici da anni Trenta. È un metodo, questo, che noi italiani conosciamo molto bene, dato che la reductio ad hitlerum viene utilizzata ogni volta che qualche politico vagamente di destra (o comunque non progressista) ottiene buoni risultati. E proprio perché lo conosciamo bene sappiamo che è non solo offensivo dell’intelligenza dei cittadini ma pure assolutamente inutile a fini elettorali. Chissà, forse negli Usa non se ne sono ancora accorti. Ecco perché agli amici anglofoni risulterà molto utile la lettura di un denso articolo firmato dal celebre storico Niall Ferguson sul britannico Daily Mail. «La cosa strana», scrive Ferguson, «è che, secondo una ricerca del Center for working-class politics - non certo un’organizzazione conservatrice - questa linea di argomentazione è quasi del tutto inefficace nel cambiare le menti degli elettori registrati. E questo non dovrebbe sorprenderci perché fallì quando la campagna di Hillary Clinton tentò la stessa cosa contro Trump otto anni fa». Ora, Ferguson non è certo un trumpiano, anzi. Le sue posizioni in materia di politica coincidono, nei fatti, con quelle che l’establishment europeo ha esibito in questi anni su Ucraina e Israele. E questo rende la sua opinione ancora più rilevante quando afferma che «Kamala Harris rappresenta una minaccia per la democrazia - sia in patria che all’estero - maggiore rispetto a Donald Trump». Secondo Ferguson, non soltanto evocare il fascismo non servirà a spostare elettori, ma «il fatto che Harris abbia fatto ricorso alla “carta Hitler” è un segno di disperazione, quindi andrò avanti e lo dirò. Sta perdendo queste elezioni». Lo storico aggiunge poi una valutazione ancora più devastante: «La politica estera dell’amministrazione Biden-Harris probabilmente condanna l’Ucraina alla sconfitta; Israele rischia una guerra contro l’Iran, con solo un limitato sostegno da parte degli Stati Uniti; e Taiwan teme un blocco da parte della Cina nei prossimi quattro anni. La parola d’ordine di questa amministrazione è stata de-escalation. A ben vedere, questo termine è l'opposto funzionale di deterrenza. Non possiamo sapere con certezza se Trump abbia ragione quando afferma che gli attacchi contro Ucraina e Israele non si sarebbero verificati se fosse stato rieletto nel 2020. Tutto quello che sappiamo è che durante il suo primo mandato non si sono verificati atti di aggressione del genere da parte di potenze autoritarie. Fine».Queste poche frasi bastano a dimostrare quanto sia rischioso tirare in ballo i regimi del passato per demonizzare gli avversari presenti: se dai dei fascisti agli altri, prima o poi qualcuno potrebbe dare del fascista a te. E infatti un liberale d’acciaio come Ferguson, nome autorevole e ascoltato, ribalta la frittata e accusa Kamala di essere il vero pericolo per la democrazia occidentale, alla faccia dei nostri commentatori che si sgolano a fare il tifo per lei. In generale, i politici fanno miglior figura quando si dilettano a contrastare gli avversari sul piano delle idee e dei contenuti, evitando mostrificazioni grottesche. Una grande lezione, a tale proposito, viene dal sindaco di New York, Eric Adams. È accaduto che alcuni democratici, Hillary Clinton in testa, abbiano paragonato il rally elettorale di Trump nella Grande Mela a un raduno nazista. Interpellato sul tema, Adams è stato netto: «Questa è l’America. Questa è New York. Credo sia importante permettere a tutti di esprimere le proprie idee chiaramente ai cittadini di questa città», ha detto. E quando gli hanno domandato se secondo lui The Donald fosse un nazista, ha rincarato la dose: «La mia risposta è no. Alcuni leader politici hanno rivolto anche a me queste accuse. So quello che ha fatto Hitler e quello che è un regime fascista». E ancora: «Credo che, come ho detto molte volte, il livello del dibattito debba scendere di tono». Dubitiamo che ai nostri commentatori queste valutazioni faranno cambiare atteggiamento. E probabilmente anche i dem statunitensi continueranno a battere sullo stesso tasto proprio perché, come dice Niall Ferguson, sono disperati. Unica nota positiva: di solito sono gli italiani a copiare ridicolmente i colleghi americani; stavolta sembra che a dettare la linea sia stato il nostro Pd, che di disperazione è maestro.
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