2021-11-19
Il fentanil terrorizza gli Stati Uniti. Biden è nella morsa Cina-Messico
La sostanza è prodotta dai cartelli della droga del Centro America con ingredienti provenienti dall'Oriente. Nell'ultimo anno morte di overdose 100.000 persone. Il presidente sconta la linea aperturista delle frontiere.È emergenza droga negli Stati Uniti. Mercoledì, i Centers for disease control and prevention hanno reso noto che, tra maggio 2020 e aprile 2021, oltre 100.000 persone sono morte per overdose oltre Atlantico: si tratta di un incremento del 28,5% rispetto al medesimo periodo dell'anno precedente. In particolare, il 64% di questi decessi è ascrivibile agli oppioidi sintetici, a partire dal fentanil. L'uso crescente di questa pericolosa sostanza è del resto da tempo considerato allarmante dalle autorità americane, ma la pandemia sembra aver addirittura aggravato il problema. La situazione complessiva è quindi fortemente preoccupante, tanto che, sempre mercoledì, Joe Biden è intervenuto con una dichiarazione. «La mia amministrazione si impegna a fare tutto ciò che è in nostro potere per affrontare la dipendenza e porre fine all'epidemia di overdose», ha affermato il presidente americano. «Attraverso l'American Rescue Plan», ha proseguito, «abbiamo fornito quasi 4 miliardi di dollari per rafforzare ed espandere i servizi per il disturbo da uso di sostanze e la salute mentale. Stiamo lavorando per rendere la copertura sanitaria più accessibile e conveniente per tutti gli americani». Ora, premesso che quello del fentanil è un nodo strutturale che non nasce certo oggi, non è chiaro se la Casa Bianca si stia attrezzando adeguatamente per fronteggiare il problema. Come sottolineato dalla Cnn, i componenti chimici utilizzati per realizzare la sostanza vengono spesso spediti dalla Cina in Messico, dove ha luogo la lavorazione del prodotto da parte dei cartelli della droga che, a loro volta, si occupano di contrabbandarlo negli Stati Uniti. Uno smercio che, in molti casi, avviene attraverso i social network. Si configura quindi un duplice problema per il governo statunitense: il controllo della frontiera meridionale e il rapporto con la Cina. Già lo scorso 30 giugno Nbc News riportava che, dall'inizio dell'anno fiscale 2021, le autorità avessero sequestrato oltre 18 chili di fentanil: non solo un aumento rispetto al passato, ma una cifra assolutamente inquietante (soprattutto se pensiamo al fatto che appena due milligrammi della sostanza possano rivelarsi letali). «Un chilogrammo di fentanil», riferì in quell'occasione Nbc News, «ha il potenziale per uccidere 500.000 persone». Tutto questo, mentre a settembre la Dea ha emesso un avviso di sicurezza pubblica, denunciando un aumento «allarmante» di pillole contraffatte corrette con fentanil. La stessa Dea, tra agosto e settembre, ha sequestrato 1,8 milioni di pillole e ha arrestato più di 800 sospetti trafficanti di droga. Ora, non è un mistero che il controllo della frontiera sia uno dei principali talloni d'Achille dell'amministrazione Biden: un nodo che non solo ha prodotto caos migratorio negli scorsi mesi, ma che rischia indirettamente di rafforzare sia i trafficanti di esseri umani che quelli di droga. Trafficanti che – come riferito da Reuters a marzo – non si fanno scrupoli nell'utilizzare talvolta addirittura dei bambini per portare a termine le loro operazioni di contrabbando al confine. È chiaro che la retorica ingenuamente aperturista sull'immigrazione promossa da Biden in campagna elettorale e la confusione in materia di gestione delle frontiere mostrata dalla sua amministrazione in questi mesi non preannuncino significative soluzioni del problema. Ma c'è anche un'altra questione: la Cina. Come sottolineato dal Council on foreign relations a ottobre, i componenti chimici per il fentanil provengono dalla Repubblica popolare. La questione per Washington, oltre che sanitaria, ha quindi risvolti di sicurezza nazionale. Il punto è che, almeno finora, non è che Biden abbia granché affrontato il tema con Pechino. Al di là di una dichiarazione un po' generica a luglio, sono lontani i toni dei tempi di Donald Trump. «Il mio amico presidente Xi ha detto che avrebbe interrotto la vendita di fentanil agli Stati Uniti: questo non è mai successo e molti americani continuano a morire», scrisse l'allora presidente statunitense in un tweet dell'agosto 2019. Tutto questo, mentre - tra luglio e agosto 2020 - il Dipartimento del Tesoro americano impose delle sanzioni a dei cittadini e a un'azienda cinesi, mettendo nel mirino la Zheng Drug Trafficking Organization: network con base a Shangai, che – secondo quanto riferito dal Los Angeles Times nell'ottobre 2018 – «vendeva narcotici sintetici, incluso il micidiale fentanil, su siti web pubblicati in 35 lingue». «Il gruppo era così abile nel contrabbando, e così sfacciato nel suo marketing, che offriva una garanzia di rimborso agli acquirenti se le sue merci fossero state sequestrate dagli Stati Uniti o da altri agenti doganali», aggiunse la testata californiana. Per ora Biden sulla Cina ha agito poco e, anzi, ambienti conservatori lo hanno criticato per non aver posto la questione del fentanil nel suo recente colloquio virtuale con Xi Jinping. Effettivamente sarebbe forse il caso che la Casa Bianca facesse qualche significativo sforzo in più.