
Dagli albatros ai cigni, esistono coppie che durano tutta la vita. Lo fanno per garantire la sopravvivenza della prole, o perché non hanno altra scelta. Ma se i piccoli non arrivano, si può giungere anche al divorzio.Mentre tra gli umani i divorzi sono in crescita costante, tra gli animali esistono coppie che durano davvero «finché morte non ci separi». Esempio di fedeltà e duratura dedizione sono gli albatros. Questi giganteschi uccelli marini dall'apertura alare di oltre tre metri formano coppie monogame che durano tutta la loro vita, quindi anche più di mezzo secolo. Nonostante si separino per lunghi periodi di volo, ogni anno gli albatros fanno ritorno nel luogo del primo accoppiamento dove, tra tantissimi esemplari, ritrovano il compagno. E il momento dell'incontro è un tripudio di canti e danze durante il quale maschio e femmina si strofinano le teste l'uno contro l'altra e con il becco si massaggiano il piumaggio. Anche l'aquila di mare può essere presa a emblema di amore eterno. Dalla maturità sessuale in poi, questi rapaci formano legami che durano anche per 25 anni. L'urubù dalla testa nera, un avvoltoio del continente americano, è monogamo e pure geloso: se sorprende la sua bella (o il suo bello) a flirtare con altri, becca il rivale con aggressività, a volte fino a ucciderlo.È per sempre anche l'amore tra i pappagalli. I maschi, una volta scelta una partner, non la mollano più, riempiendola di tenere beccatine. E ogni coppia, restando insieme per tutta la vita, può generare fino a 20 pulcini. Pure i cigni formano legami monogamici che durano svariati anni. Ma quando due esemplari non riescono a metter su famiglia, arriva il divorzio. Perché la monogamia tra gli uccelli è molto popolare (riguarda circa il 90% delle specie) ma col romanticismo ha poco a che fare. Obbedisce infatti all'unico motivo per cui gli animali si accoppiano: garantire la sopravvivenza della specie. I pulcini infatti, dopo aver rotto il guscio, per mangiare hanno bisogno di entrambi i genitori. Dunque il maschio non può dimenticare i suoi doveri di padre per allontanarsi in cerca di nuovi amori. Le femmine, invece, qualche scappatella se la concedono. Uno studio sui cigni neri australiani ha svelato che un uovo su sei ha un Dna diverso da quello del padre, percentuale simile a quella rilevata da una ricerca sui pinguini: il 20% dei pulcini ha un padre diverso dall'esemplare che cova le uova.La monogamia esiste anche sott'acqua. Ne è un esempio il pesce angelo dei Caraibi (Pomacanthus paru) solo. Queste creature tropicali trascorrono tutta la vita in coppia, e con il partner difendono accanitamente il territorio dalle coppie di intrusi. Ci si può amare per sempre anche tra vermi parassiti: gli Schistosoma mansoni, responsabili di una malattia nota come schistosomiasi, rimangono insieme, si accoppiano e si riproducono durante tutto il ciclo di infestazione dell'organismo ospite (uomo incluso). Persino le termiti, quando non sono impegnate a distruggere case, sono capaci di dar vita a unioni tragiche. In alcuni tipi di colonie, la regina si accoppia una volta con i maschi, conservandone poi i gameti per la vita, mentre questi muoiono poco dopo, senza riaccoppiarsi mai più. Tra i mammiferi, invece, la monogamia è molto rara: riguarda appena il 5 per cento delle specie. Questo perché il cucciolo viene allattato solo dalla madre e il padre, non essendo indispensabile, è libero di andare in cerca di altre femmine, e di generare altri figli. Se l'uomo è monogamo (più o meno) non è per motivi biologici ma culturali: i nostri cugini stretti, i gorilla, e quelli più lontani, gli scimpanzé, sono poligami: ogni maschio ha a sua disposizione un harem composto da tante femmine. Ma altri primati, come i gibboni, sono fedeli per tutta la vita. Perché? Una risposta è nelle dimensioni: i gibboni hanno un dimorfismo sessuale minimo, maschi e femmine, cioè, hanno dimensioni simili e condividono la cura della prole in modo equilibrato. Inoltre, accontentandosi di una sola femmina, il maschio risparmia energie evitando conflitti con altri concorrenti. Perciò, scelta con cura una compagna o un compagno, il gibbone vi rimane per tutta la vita, cementando il rapporto con un dialogo fatto di vocalizzi, gesti ed espressioni facciali. Ma non è detto che sia per sempre. Se la relazione si incrina anche i gibboni divorziano: si separano, cambiano territorio e trovano un nuovo compagno.Ci sono anche specie che sono monogame perché non hanno altra scelta. Ad esempio il dik dik, un'antilope africana di piccole dimensioni. Poiché il maschio non è in grado di dominare la femmina, invece di sprecare energie per conquistare altre compagne si rassegna a fecondare lo stesso esemplare per il resto della sua vita. Però come padre è un disastro: quando nascono i figli non se ne prende minimamente cura.La monogamia fa comodo anche in un ambiente in cui c'è poco cibo: se c'è in gioco la vita della prole, conviene che entrambi i genitori cooperino nella ricerca di cibo. È quello che fanno i lupi grigi. Il nucleo familiare di questo canide è da manuale: maschio e femmina vanno a caccia insieme, i giovani imparano e poi aiutano mamma e papà a cercare e catturare le prede. Un comportamento simile a quello dei castori: i genitori costruiscono la tana e presto i giovani collaborano tagliando rami e tronchi. Maschio e femmina resteranno insieme fino alla morte di uno dei due, e solo allora il vedovo andrà in cerca di un nuovo partner per procreare.Nel mondo degli animali esistono anche vedovi inconsolabili: la gru bianca dell'India si accoppia con lo stesso partner per tutta la vita, e se uno dei due muore l'altro smette di mangiare. Stessa cosa accade al pappagallo parrocchetto. Ma a parte rari casi, la maggior parte degli animali monogami, in caso di morte o incapacità di procreare del partner, cerca nuovi amori. Perché la vita va avanti e bisogna garantire la sopravvivenza della specie.
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
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iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.






