
L’anima del gruppo comico-musicale: «Negli anni Sessanta facevamo faville negli Usa. Tanto che al Derby non mi capivano»Ettore «Gerry» Bruno, anima e cuore de I Brutos, leggendario gruppo musical-comico degli anni Cinquanta e Sessanta, non ha perso nemmeno un grammo della sua straordinaria inventiva. Racconta le sue numerose vite, intervallando i ricordi con le note dei suoi cavalli di battaglia. Parole, musica e gag, una formula inimitabile.Il primo de I Brutos che ha conosciuto è stato Giacomo Guerrini...«Io abitavo al primo piano, lui al secondo delle case popolari in corso Racconigi 60, a Torino. La sera, nel cortile, io facevo le imitazioni di Jerry Lewis e Jack cantava le canzoni spagnole piuttosto che quelle sudamericane. Poi andavamo a sbarcare il lunario, le cinquecento lire, le candele per il motorino, nelle balere della Liguria di Ponente, dove lui cantava e io facevo il verso. Solo che io lavoravo, alla Tipografia Sociale Torinese, per cui a un certo punto mi hanno detto: “Lei o vuole fare l’artista o vuole fare il linotipista, deve scegliere!”. “Guardi, non so...”. “Abbiamo scelto noi per lei: questi sono i libretti” e mi hanno licenziato. Giocoforza, io e Guerrini abbiamo detto: “Intraprendiamo questa carriera» e ci siamo dati da fare».Avevate un nome come duo?«Jack and Jerry o Jerry and Jack, erano lavori occasionali con gli impresiarucci da quattro lire, finché siamo andati al il Teatro Alcione di Torino a fare un provino. Il gestore era il commendatore Aldo Zanfrognini, che come ci ha visti sul palco gli si è accesa la lampadina di fare uno spettacolo folle, tipo Hellzapoppin’, e lo ha ha chiamato Il teatro dei pazzi. Il comico era Aldo Maccione, che veniva da un concorso televisivo. Una sera, ci hanno consigliato di eseguire una canzone, Little Darlin’: l’abbiamo fatta immobili, con la faccia da deficienti, ed è stato un successo strepitoso».Gli altri componenti della formazione iniziale erano Gianni Zullo e Elio Piatti.«Zullo aveva lavorato in diverse compagnie. Nella vita era divertentissimo, nel lavoro, con il fatto che prendeva gli schiaffi, lo era un po’ meno, era l’uomo più schiaffeggiato al mondo. Piatti si era sposato una sarta dell’avanspettacolo molto gelosa, tant’è che, quando siamo andati in America la prima volta, lui se l’è portata dietro, con il figlio appena nato. Non voleva andare lì, non voleva andare là, aveva paura dell’aereo, allora Zanfrognini gli ha dato l’aut aut e alla fine gli ha detto: «Quella è la porta, la prenda!». Lui, felicissimo, se n’è andato via. Un anno dopo voleva rientrare, ma Zanfrognini, che era un uomo di carattere, è stato irremovibile. Ha saputo tenere le redini del gruppo in mano: ogni tre per due c’era una lite!» Come mai?«Intanto si litigava anche a causa di Zanfrognini. Lui praticamente era il sesto Brutos e prendeva la stessa paga nostra. Se era cento, cento diviso sei. Con quei soldi noi dovevamo vivere, mangiare, dormire, lui il più delle volte stava a Torino e prendeva la stessa paga! Questo creava non poche discussioni all’interno del gruppo. Maccione poi era uno che voleva comandare. Una volta, a cena, è finita quasi a coltellate con lui perché a Canzonissima ci avevano affiancato una cantante delle The Peter Sisters, chi era favorevole, come me, e chi contrario, come Aldo e Zanfrognini, i quali sostenevano che avevamo già il cantante. È stata la prima lite. Un giorno, Aldo se n’è andato, ha formato altri gruppi, come i Los Tontos, poi ha avuto il colpo di fortuna di incontrare Claude Lelouch. Ci ha lasciati in male modo, ma noi siamo andati avanti con successo, cambiando più volte formazione, perché il segreto non era Aldo, erano gli arrangiamenti, lo schiaffo, i versacci, la mimica».Gli arrangiamenti erano suoi...«Li facevo io perché ero un fanatico della musica americana. Nel 1964, il mio amico Guerrini voleva fare il solista e ci ha lasciato. Abbiamo preso Alfonso “Nat” Pioppi, un carattere terribile, di una bravura eccelsa. Come Sinatra, non dico un’eresia. Non sapeva parlare le lingue, ma cantava meglio degli originali!»Improvvisavate sempre?«Sempre, a parte i movimenti che dovevano seguire il ritmo della musica. Se io facevo una cosa, Aldo dalla parte opposta con la coda dell’occhio mi vedeva e magari abbassava un po’ le sue gag, io quando sentivo che c’era movimento dall’altra parte, idem. Questo è stato l’affiatamento che ha fatto in modo che lo spettacolo risultasse nuovo tutte le sere e la gente in tutti i posti del mondo venisse ripetutamente».Dove vi siete esibiti?«Ovunque! Siamo stati sette volte consecutive all’Olympia di Parigi, debuttando con George Brassens e Lora Flores. Il grande successo de I Brutos, che ha determinato l’interesse degli impresari internazionali, è stato al Palais d’Hiver di Lione: abbiamo avuto un successo tale che Jacques Brel non riusciva a cominciare a cantare. Poi siamo partiti per Las Vegas. La star dello show era Diana Dors e noi facevamo tre numeri. Ho conosciuto Elvis Presley, che ha sentito la canzone Addio addio e a fine spettacolo mi ha chiesto: “Conosci Las Vegas?”. Si è messo alla guida della sua macchina e siamo andati insieme in sette-otto casinò. Ho giocato a dadi con Paul Newman, ho incontrato Dean Martin, Jerry Lewis e altri artisti. Lì per lì mi sembrava tutto normale».Che effetto le ha fatto incontrare Jerry Lewis?«Mi ha fatto un effetto strano, poi ho capito perché: Jerry era sopra le nuvole perché era l’uomo più adorato del mondo, quindi trattava la gente molto male. Mi ha deluso sotto questo aspetto, ma non nego che fosse in assoluto il numero uno». È vero che il grande Jacques Tati è venuto a vedervi all’Olympia?«Di fianco all’entrata degli artisti, a rue de Caumartin, c’era il Bar Romain. Stavo seduto sul trespolo davanti a un drink di mia invenzione, il Giacomo Daniele e Ginger Ale, e di fianco a me c’era una persona che si è girata verso di me: “Vi ho visto lavorare, lei è quello che si muove più di tutti sulla sinistra”. “Sì, sono io”. “È formidabile. In Francia non abbiamo persone comiche come lei, che sappiano muovere le gambe e le braccia, ma soprattutto che abbiano la mimica e la faccia. O hanno una cosa o hanno un’altra, tutta insieme è difficilissimo... Mi presento: sono Jacques Tati”. Il re dei mimi! Mi ha offerto una parte per il suo successivo film. Io gli ho detto: “Sarà un po’ difficile: io sono nel gruppo, non posso lasciarlo”. “Se accetta la mia proposta, mi chiami. Ha un quaderno?”. Gli ho dato il mio passaporto e sull’ultima pagina mi ha scritto il nome e il telefono. Ogni tanto lo faccio vedere, ma non sempre mi credono!Perché ha lasciato I Brutos?«Nel 1967, eravano stati sei mesi a Montréal per l’Expo e io non ce la facevo più dopo tanti anni in giro per il mondo. Sono andato a Roma per lavorare al Bagaglino e poi, accompagnato da Gianni Minà sono andato a fare un provino al Teatro Sistina per Hair. Non era roba per me: i partecipanti nudi si toccavano i genitali! Mentre stiamo per uscire nell’atrio è uscito fuori Pietro Garinei: “Che bella sorpresa! Ma lei che cosa fa qui?”. Minà, furbissimo, è intervenuto: “Ho portato Gerry...”. “Ha lasciato I Brutos?”. “Sì”. “E vorrebbe fare questa cosa qua? Io non glielo consiglio, però, se vuole accettare una mia proposta...”. “Per cosa?”, “Alleluja brava gente”. Io ho avuto anche l’ardire di dirgli: “Va bene, ne parliamo”. Ho fatto di due anni di tournée con Alleluja brava gente, nei quali ho imparato più che in dieci anni con I Brutos. Renato Rascel, che tutti pensavano fosse un piccolo dittatore, mi ha preso sotto le sue ali protettive. Nel 1974, un altro colpo del destino. Maccione ha lasciato su due piedi anche Sacha Distel, con cui avevamo lavorato nel 1965 ed eravamo molto amici, e Sacha mi ha chiesto di lavorare con lui. Siamo rimasti insieme sino alla sua morte, avvenuta nel 2004, esibendoci in tutto il mondo». Ha fatto di tutto nel mondo dello spettacolo...«Sono il fantasista per antonomasia. Ho fatto tre film con il mio amico Adriano Celentano, Asso, Innamorato pazzo e Grand Hotel Excelsior, e tanta radio: nel 1976, sono stato l’antesignano di tutte le trasmissioni notturne con I pipistrelli della notte a Radio Stramilano. Grazie a Renzo Villa sono approdato a una delle più importanti tv private, Antenna 3, dove facevo un programma in diretta, il sabato sera, Lo squizzofrenico, che durava tre ore e mezza! Poi ho fatto altri programmi con i comici del Derby, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Armando Celso, Giorgio Porcaro, Zuzzurro e Gaspare... Io abitavo all’epoca a un isolato dal Derby. Mi mettevo lo smoking e facevo il cameriere scemo, ma non ero molto amato perché secondo loro ero “l’americano” che arrivava con gli stivali da Las Vegas: non ero di Milano, non ero un cabarettista. Chi mi capiva era Teocoli che avrebbe voluto riformare I Brutos con me, ci ha provato in mille maniere, ma era un altro solista, come me e come Maccione».
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2025-09-12
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