2019-02-03
Favoreggiamento dell’immigrazione. Aperta un’inchiesta sulla Sea Watch
Fascicolo contro ignoti in Procura a Catania. Carmelo Zuccaro però non rileva responsabilità penali della Ong. La nave ha puntato sull'Italia perché Tunisia e Libia non hanno aiutato. Per ora resta bloccata in porto. Un'indagine per associazione a delinquere finalizzata all'agevolazione dell'immigrazione clandestina a carico di ignoti. Nessun rilievo penale nella condotta tenuta dai responsabili della Sea Watch 3. Un solo Paese, l'Italia, a restare col cerino in mano e tra accuse di scarsa accoglienza e minima solidarietà, sempre costretta a strattonare l'Europa per non doversi far totalmente carico dei migranti soccorsi nel Mediterraneo. Mentre la Sea Watch 3 resta nel porto di Catania, a 48 ore dallo sbarco dei 47 immigrati, il procuratore etneo, Carmelo Zuccaro, già noto per aver «assolto» il ministro Salvini dalle accuse di sequestro di persona sul caso Diciotti, ha firmato una nota in cui dice chiaramente che: «Dalle risultanze investigative non è emerso alcun rilievo penale nella condotta tenuta dai responsabili della Sea Watch 3». La Procura ha ricostruito (con Sco, squadra mobile, guardia di finanza e guardia costiera) il tragitto della Sea Watch 3 dal momento in cui ha soccorso i naufraghi fino all'arrivo in Sicilia. Dal 19 al 21 gennaio è rimasta in area Sar libica, rivolgendo richieste per un porto sicuro ai comandi generali della guardia costiera di Libia, Malta e Italia. Con i libici le comunicazioni si sono interrotte perché nella sala operativa nessuno parlava inglese, mentre italiani e maltesi hanno risposto di non avere competenza su quel soccorso. La nave ha fatto quindi rotta verso Lampedusa, anche perché il Procuratore di Agrigento avrebbe voluto interrogare l'equipaggio sul naufragio di 120 migranti avvenuto il giorno prima del soccorso ai 47, episodio in cui si sono salvati solo in 3 (il fascicolo è stato di recente trasmesso alla Procura di Roma per eventuali ipotesi di reato nei confronti della nostra marina militare e della nostra guardia costiera). Il comportamento dell'equipaggio, invece, è stato analizzato in particolare sotto due aspetti: la scelta di non dirigersi verso le coste tunisine e le dichiarazioni rese dal comandante della motonave circa «il non funzionamento del motore e la mancanza di una persona che fosse alla guida del gommone», dichiarazioni che apparivano contraddette da quelle rese da alcuni migranti che hanno invece asserito che «il motore del gommone era funzionante al momento del soccorso e che il natante era guidato da uno di loro». Perché Sea Watch 3 si è avvicinata alla Sicilia e non si è diretta in Tunisia? È l'aspetto più criticato da Salvini, cui Zuccaro ha praticamente risposto affermando che «oltre a non aver risposta dai tunisini, tale decisione è apparsa giustificata agli investigatori perché la rotta tunisina avrebbe costretto la nave a muoversi in direzione della perturbazione meteo in arrivo». Inoltre la motonave non si sarebbe affrettata a intervenire per anticipare l'intervento di una motovedetta delle autorità libiche, responsabili dell'area Sar, ma lo ha fatto dopo che per ben due giorni nessuna motovedetta libica è intervenuta». Insomma, secondo il procuratore etneo, «non può pertanto ritenersi ingiustificata la scelta del comandante della motonave di dirigersi a partire dal 21 gennaio verso nord in cerca di un porto sicuro». Quindi la Sicilia - malgrado mare grosso e i «porti chiusi», come disposto dal Viminale - è l'unica costa dove gli immigrati abbiano la certezza di poter sbarcare. Non c'è legge che tenga. Nessun rilievo penale, dunque. Chiusa la parte dell'indagine che doveva far luce sulle responsabilità penali dell'equipaggio del barcone perché «il comandante e i suoi uomini hanno agito nel rispetto della legge». Soddisfatta l'Ong: «Il caso Sea Watch dimostra che, malgrado l'immenso sforzo di deterrenza, le acque e i porti italiani non sono chiusi. Non è una vittoria: mai si dovrebbe verificare un tale accanimento contro chi svolge un'attività umanitaria che cerca di colmare il vuoto lasciato in un'area dove le persone continuano a morire affogate, quando non sono ricondotte alle terribili vessazioni che trafficanti, aguzzini e carcerieri infliggono loro in Libia. È indispensabile che le indagini si rivolgano alla lotta al traffico di esseri umani e alla difesa delle persone dagli abusi connessi a tale reato». Comunque l'Ong resta nel porto catanese perché dalle indagini condotte dai pm, dal punto di vista tecnico amministrativo, sono emersi «dati significativi in ordine all'inidoneità tecnico strutturale della motonave a effettuare un'attività sistematica di soccorso in mare dei migranti». Quello che sostiene il governo: l'imbarcazione non è adatta a recuperare naufraghi in mezzo al mare. Del resto, presso il registro nautico olandese la motonave in questione è registrata come natante da diporto e tali caratteristiche possiede, compresa l'inidoneità a ospitare «un numero di passeggeri ben più elevato di quello per il cui trasporto è stata concepita» e soprattutto per una traversata in alto mare con condizioni meteo marine preoccupanti. Non la pensa così il comandante della Sea Watch, che dice di avere tutta la documentazione in regola, di aver subito decine di controlli tutti andati a buon fine perché, come ha detto la portavoce della ong, Giorgia Linardi, «l'imbarcazione è regolarmente registrata come nave da diporto nel registro reale olandese, ma il suo uso è quello di nave da soccorso». In Italia, però, rientrano nella definizione «natante da diporto» i mezzi non superiori ai 10 metri di lunghezza che, in base alla tipologia, hanno limiti di navigazione legati alla forza del mare e al numero di persone da imbarcare. Anche se le autorità olandesi hanno introdotto questi parametri la normativa non è ancora applicabile ai natanti già registrati». In un lungo e articolato comunicato, il procuratore della Repubblica di Catania ha anche rivelato l'esistenza di una inchiesta sul caso, con l'ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, che riguarda però i trafficanti libici e gli scafisti del gommone. Quelli che senza una vera collaborazione tra l'Europa e la Libia sarà difficile fermare.