2021-01-01
Fatta la Brexit, la Scozia vuol spaccare Londra
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Il Primo ministro scozzese, Nicola Sturgeon (Ansa)
«La Scozia tornerà presto, Europa. Tieni la luce accesa». Così si è espressa oggi su Twitter Nicola Sturgeon. Non è del resto un mistero che il primo ministro scozzese (e leader dello Scottish National Party) sia da sempre stata una dura avversaria della Brexit, oltre che un'accesa fautrice dell'indipendenza della Scozia. D'altronde, all'interno del Regno Unito le differenze sul piano politico stanno aumentando. In occasione del referendum del 2016, in Scozia il Remain vinse con il 62%. Tutto questo, mentre la Sturgeon ha duramente criticato l'accordo, recentemente siglato da Londra e Bruxelles, sul futuro delle relazioni commerciali tra i due lati della Manica. Benzina nel serbatoio dell'indipendentismo scozzese, che l'attuale primo ministro sta infatti cercando di portare avanti. Non è in tal senso assolutamente escludibile che, nei prossimi mesi, la Sturgeon torni a proporre un referendum per la separazione della Scozia dal Regno Unito: del resto, il suo tweet odierno lascia chiaramente intendere che queste siano le sue intenzioni. Non dimentichiamo che un primo referendum si tenne già nel 2014: una consultazione che vide tuttavia sconfitto il fronte indipendentista con 11 punti di svantaggio.Va da sé che, adesso, la Sturgeon voglia riprovarci, approfittando dello scontento di parte consistente della popolazione scozzese per la Brexit. Nell'area, si sono infatti levate non poche critiche per il cosiddetto «accordo della Vigilia di Natale». Sembrerebbe infatti che l'intesa penalizzerà l'export di patate da semina (la cui produzione avviene soprattutto in Scozia e nel Nord dell'Inghilterra). Inoltre, il primo ministro ha sostenuto che vi saranno problemi anche sul fronte della pesca. È quindi facendo leva su questo malcontento che la Sturgeon spera di trovare una sponda in Bruxelles, che le consenta di vincere un secondo (eventuale) referendum: una linea politica non poi così inusuale. Prima di entrare formalmente nel Regno di Gran Bretagna nel 1707 con l'Atto di Unione, la Scozia ha infatti non di rado agito in coordinamento con l'Europa continentale (a partire dalla Francia) in funzione antinglese.Insomma, la Sturgeon mira a rispolverare una vecchia strategia politica di Edimburgo, mentre - dall'altra parte - non è neppure escludibile che qualcuno a Bruxelles stia facendo leva proprio sulla Scozia per creare divisioni in seno al Regno Unito e mettere conseguentemente i bastoni tra le ruote al premier britannico, Boris Johnson. Quello stesso Johnson fortemente malvisto da molte cancellerie europee e non poco impopolare tra gli elettori scozzesi. Il punto è capire se, qualora venisse concesso di tenere un nuovo referendum, la strada per la Scozia possa rivelarsi in discesa in caso di vittoria della causa indipendentista. A ben vedere, le incognite non sono affatto poche.In primo luogo, un aspetto assolutamente problematico per la Sturgeon riguarda la moneta che una Scozia eventualmente indipendente si troverebbe ad avere. L'idea originaria era quella di mantenere la sterlina: una soluzione che va tuttavia incontro a due difficoltà. Non solo infatti Downing Street non sembrerebbe intenzionata ad accettare una situazione del genere, ma neppure le frange indipendentiste più oltranziste paiono disposte a digerire un tale scenario. Ulteriore ipotesi è che il Paese possa dotarsi di una propria valuta: una soluzione che gli garantirebbe la sovranità monetaria ma che - come evidenziato da un report di World First - implicherebbe costi di transazione particolarmente elevati, oltre a tempistiche non propriamente celeri. La terza possibilità sarebbe infine quella di entrare nell'Euro, ma – anche in questo caso – la strada non sarebbe automaticamente in discesa. Anche perché, per accedere alla moneta europea, la Scozia dovrebbe rispettare determinati parametri di deficit, rinunciando così a parte significativa del proprio welfare: un aspetto che potrebbe mettere in forte difficoltà lo Scottish National Party, tendenzialmente propenso a ricette di forte spesa pubblica. Tutto questo, senza considerare le difficoltà politiche di un ingresso nell'Unione Europea. È pur vero che, come detto, alcuni settori di Bruxelles vedano con ogni probabilità favorevolmente l'azione degli indipendentisti scozzesi in funzione anti-Johnson. Ma ciò non implica che questo possa garantire a Edimburgo un accesso automatico all'Unione europea. Non dobbiamo trascurare che alcuni Stati membri alle prese con problemi di indipendentismo interno (pensiamo soltanto alla Spagna con la Catalogna) potrebbero opporsi a un eventuale ingresso scozzese, onde evitare di creare un rischioso precedente. Insomma, la Sturgeon punta a vincere una partita di politica interna. Una partita che, qualora fosse vinta, rischierebbe tuttavia di gettare la Scozia in una situazione tutt'altro che rosea.
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