
In un audio a dei giornalisti, Rocco Casalino minaccia di spazzare via i burocrati che non trovano i soldi per le riforme. Matteo Renzi e soci si scandalizzano. Ma il Bullo si scontrò con lo stesso muro di gomma per gli 80 euro. La «dittatura» dei funzionari è un male antico.Un portavoce che si faccia rubare la voce dimostra per lo meno di non essere molto astuto. Tutti sanno che dei giornalisti non ci si può fidare e che anche quanto viene loro riferito in via riservata è destinato a essere stampato il giorno seguente, dato che pubblicare notizie è il mestiere dei cronisti. Dunque, l'abilità dei portavoce consiste nel dire ciò che si deve dire senza lasciare traccia, quanto meno sonora. Parolina, ovvero Gaetano Gifuni, l'uomo che per anni sussurrò alle orecchie di Oscar Luigi Scalfaro e poi di Carlo Azeglio Ciampi, in questo era uno specialista, perché diceva, ma in via molto riservata. Ai giornalisti dava notizie, e anche suggerimenti, ma forse sarebbe meglio chiamarli avvertimenti, e però era nel chiuso di una stanza che lasciava cadere qualche parolina. Di qui il suo soprannome. Un nomignolo di cui certo il povero Rocco Casalino non potrà mai fregiarsi. Le sue parole sono finite registrate in un audio che sta facendo il giro delle redazioni. Nella conversazione carpita e messa in circolo il portavoce del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si scaglia con parole veementi contro i tecnici del ministero dell'Economia, accusandoli di voler ostacolare il governo. L'ex concorrente del Grande Fratello, ora diventato uno degli uomini più ascoltati dentro il Movimento 5 stelle, promette di far piazza pulita dei «sabotatori» che, a suo dire, cercherebbero di far naufragare il governo gialloblù.La diffusione della conversazione, già venerdì notte ha provocato un mezzo pandemonio, perché le opposizioni hanno subito preso la palla al balzo per rimproverare l'arroganza pentastellata. Si è parlato di tracotanza, ma anche di un'invasione di campo. Il senso delle accuse è più o meno il seguente. Come si permette Casalino di dare l'assalto ai garanti della finanza pubblica, cioè a coloro che difendono la cassa di tutti gli italiani?Ovviamente, al di là dell'imprudenza di Rocco Casalino, caduto in un tranello in cui chi ha fatto anche cose ben più gravi non sarebbe mai caduto, attorno a questa vicenda c'è molta ipocrisia. Diciamo subito che in passato, molti hanno messo le scarpe in testa ai tecnici dell'Economia, minacciando di rimuoverli e soprattutto cercando di scavalcarli. Ricordo per esempio il racconto che mi fece Luca Lotti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, a proposito del famoso decreto con cui Matteo Renzi vinse le elezioni europee del 2014. I soldi per gli 80 euro non c'erano e i tecnici si rifiutavano di scrivere un provvedimento senza coperture. Risultato: in barba a quanto concordato da Pier Carlo Padoan e i suoi uomini, il decreto fu riscritto da Renzi in persona insieme con Lotti e la immancabile Maria Elena Boschi. Nella stanza di Lotti a Palazzo Chigi, mentre mangiavano una pizza, senza l'ausilio di nessun direttore del Tesoro o dell'Economia, fu predisposto un decreto che costò al Paese 10 miliardi di euro, circa la metà della spesa che l'Italia dovrebbe sostenere se passassero le promesse grilline e leghiste.Come ho scritto giorni fa, non è la prima volta che il governo picchia i pugni sul tavolo perché i funzionari non vogliono assecondare i desideri dei ministri. È accaduto ai tempi di Gianfranco Fini (ne fece le spese Giulio Tremonti), si è ripetuto con Matteo Renzi. E ora rivediamo la scena con Luigi Di Maio e compagni.Al di là della sfuriata (ma vi siete chiesti perché esce solo quella del portavoce di Conte e non si è mai saputo niente di quelle dei suoi predecessori, pensate davvero che Sensi e gli altri inviassero scatole di cioccolatini?) e dell'uso che qualcuno ne ha fatto, il tema è se Rocco Casalino sbagli oppure no ad attaccare i funzionari. Se cioè i tecnici stiano davvero frenando e cercando di ostacolare o per lo meno di ritardare l'azione del governo.Ovviamente io non so a che cosa si riferisse nello specifico il portavoce del governo. Se ci siano o meno comportamenti che facciano pensare all'esistenza di un governo ombra che lavora contro le riforme e per il fallimento di questo esecutivo. Tuttavia posso riferire ciò che mi disse un governatore della Banca d'Italia tempo fa e di cui non faccio il nome solo perché non ne sono autorizzato: «Se non si cambiano quei dieci dirigenti che al Tesoro e all'Economia decidono il bilancio di un'azienda chiamata Italia, in questo Paese non cambierà mai nulla. Ognuno di loro difende il proprio orto, vale a dire i fondi che distribuisce in base a suoi criteri». Criteri che, ovviamente, secondo il governatore apparivano molto discutibili. Da quel giorno, da quando mi fece questa confidenza, sono trascorsi parecchi anni, ma nulla mi sembra cambiato. L'unica cosa nuova è la polemica per le frasi di Casalino. Il controgoverno, dunque, può dormire sonni tranquilli.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
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Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.