2021-06-15
Fanno test coi vaccini, non con le cure
Pur di velocizzare l'immunizzazione, virologi ed «esperti» invitano ad accettare ogni rischio. Si possono iniettare sostanze sperimentali nei sani, mentre le terapie domiciliari per salvare i malati, sulla cui sicurezza esistono studi e prove, restano vietate.Che siamo tutti un po' cavie, purtroppo, l'abbiamo capito. Quello che proprio non riusciamo a capire è perché possiamo essere cavie per i vaccini Covid mentre non lo possiamo essere per le cure Covid. Se ci pensate è assurdo: Scienzology, la nuova setta guidata da San Virologo Papa che sta dominando il mondo, ha deciso che con i vaccini si può fare tutto anche in mancanza di dati certi, mentre con le terapie domiciliari in mancanza di dati certi non si è mai potuto fare nulla. Ma proprio nulla. Dunque, secondo questi illuminati, si può iniettare qualsiasi sostanza sperimentale nel corpo delle persone sane, mentre non è possibile iniettare nessuna sostanza sperimentale nel corpo delle persone malate. In altre parole: se tu non hai nulla, con te le provano tutte, anche a costo di farti star male. Mentre se tu stai male, si guardano bene dal provare a guarirti. Dicono che non si può intervenire finché non ci sono dati certi. Tachipirina e aspetta. Di morire. Non so quanti paradossi dovremo ancora vedere prima di essere fuori dall'incubo, ma questo mi sembra particolarmente allucinante: è il rovesciamento della scienza medica, Ippocrate a testa in giù, la negazione di ogni logica terapeutica. Pur di vaccinare si accettano anche rischi evidenti, mentre si aspetta il rischio zero per curare. Dovrebbe essere il contrario, no? Se c'è qualcuno che sta male, innanzitutto penso a come guarirlo. Con quello che ho. Con quello che so. E se non esistono farmaci verificati al cento per cento, beh, non importa: c'è una persona da soccorrere, bisogna fare in fretta. Al contrario, prima di sottoporre al bombardamento di sostanze sconosciute persone che stanno benone ci penso due volte. Magari anche tre. Aspetto tutte le certezze possibili. Gli studi scientifici. Indicazioni e controindicazioni. Procedo solo quando sono assolutamente certo. Invece qui abbiamo fatto il contrario. Proprio il contrario. Abbiamo cominciato a iniettare nel corpo di chiunque fosse sano sostanze di cui sappiamo ben poco. Non solo perché sono sperimentali, come dichiarano le medesime aziende farmaceutiche e i verbali che firmiamo a ogni inoculazione. Ma anche perché, come si è visto, le indicazioni cambiano spesso. Astrazeneca, per dire, oggi va bene per tutti (Ema dixit), ieri non andava bene per nessuno, l'altro ieri andava bene solo sopra ai 60 anni, qualche tempo fa andava bene solo sotto i 60 anni. E Johnson&Johnson? Va bene per tutti, no solo sopra i 60 anni, o forse chi lo sa. Tra un po' uscirà fuori qualcuno a dire che lo possono avere solo quelli alti un metro e 80 e con i capelli biondi. E il cocktail di vaccini diversi? Fino all'altro giorno ci dicevano che era pericoloso come la peste bubbonica. Ora vogliono convincerci che è come mangiare un bignè alla crema. Anzi, il bignè fa più male. Ovviamente. «Non ci sono abbastanza dati», s'è lasciato andare Andrea Crisanti detto Crisantemi. Ecco, appunto, non ci sono abbastanza dati. Eppure si procede a tappe forzate. «Nessuna battuta d'arresto», «Non ci fermeremo», «Avanti tutta». Gli appelli si ripetono con insistenza, il piano deve continuare senza indugio. I dubbi scientifici e la mancanza di certezze non possono fermare la marcia del generale Vaccino. Che abbatte tutte le resistenze. Anche quelle, per esempio, che riguardano i giovanissimi. Ci sono serissimi istituti (come l'Istituto Koch, che fa capo al ministero della salute tedesco) che lo sconsigliano per gli under 16, se non affetti da gravi patologie. E ci sono centinaia di medici che hanno firmato appelli alla moratoria anche perché, per l'appunto, non ci sono ancora dati a sufficienza. Ma si va avanti lo stesso. Senza esitazioni. Ed è strano non sentire nessuno che dica: «aspettiamo i dati certi». O «non esistono ancora studi definitivi». Oppure «non abbiamo certezze assolute». Frasi che invece, se non sbagliamo, ci par di aver ascoltato migliaia di volte in questo anno e mezzo di pandemia. Almeno ogni volta che si parlava di una possibile cura del Covid. Il ritornello di San Virologo Papa era sempre lo stesso. Terapia al plasma? Non esistono studi. Bisogna aspettare. Non abbiamo certezze. Idrossiclorochina? Non esistono studi. Bisogna aspettare. Non abbiamo certezze. Ivermectina? Non esistono studi. Bisogna aspettare. Non abbiamo certezze. Ci sono centinaia di medici che, su questi protocolli, hanno mandato quantità di dati da far paura, esperienze sul campo più che esaustive, documentazioni impressionanti. Ma la risposta era sempre la stessa: non esistono studi scientifici definitivi. Bisogna aspettare, non abbiamo certezze. Abbiamo passato mesi aspettando il Godot della scienza per poter sdoganare una cura del Covid e liberarci dall'assurdità del «tachipirina e aspetta» (paradosso nel paradosso: ci hanno insegnato che è sempre importante curare le malattie per tempo, è sempre stato valido, fino a quando è arrivato il Covid e si è affermata la categoria medica dell'attendismo, il dottor temporeggiatore). E anche quando le prove scientifiche sono arrivate (per esempio la ricerca curata da Giorgio Remuzzi e dall'Istituto Mario Negri che ha dimostrato come la cura a domicilio con un particolare protocollo di farmaci riduce i ricoveri del 90%), ebbene hanno storto il naso. Hanno frenato. Hanno obiettato. Hanno tergiversato. «Non basta». «Ci vuol altro». «Non siamo proprio sicuri». Possibile che adesso invece sui vaccini ogni cautela sia andata perduta? Possibile che ci si riscopra all'improvviso spregiudicati? Pronti a sperimentare la qualunque? A inocularci qualsiasi sostanza? Perché tanto ardire? E perché solo sui vaccini? Che siamo tutti un po' cavie, purtroppo, l'abbiamo capito da un pezzo. Ma così ci fate diventare, inevitabilmente, cavie un po' sospettose…
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