2021-04-07
Follia pandemica. I fan spendono più di 1.000 euro per chattare con le star
(Ansa, Getty Images)
«Senza fan non c'è guadagno». È questo il motto alla base della fan economy, una sfaccettatura dell'economia che studia le rendite di attori, cantanti e influencer, in base alle vendite di prodotti che portano il loro nome o marchio e generate principalmente dalle loro fan base.
Il concetto di per sé è semplicissimo ed esiste da sempre ma con l'avvento del Covid-19 e l'interruzione forzata delle esperienze dal vivo, sta assumendo un valore nuovo. Nata come un fenomeno sfruttato da alcuni cantanti come Madonna o Michael Jackson, la fan economy negli ultimi anni si è imposta fino a diventare, nel 2020, una delle principali fonti di guadagno per gli artisti di tutto il mondo. Il concetto è semplice: l'artista oltre a promuovere il suo nuovo prodotto (un album, un singolo musicale, un nuovo film o una serie tv di cui fa parte) crea prodotti e gadget in grado di coprire varie fasce di prezzo (di solito dai 10 euro fino ai 100) ed esperienze (oggi virtuali) collegate al lancio del nuovo progetto. Attraverso i social network e una fitta rete di promozione, composta dai media classici ma soprattutto dai contatti con i fan base master (ovvero chi gestisce internamente l'organizzazione dei gruppi di fan, ndr.) crea il cosiddetto hype ovvero la voglia di avere a tutti i costi quel prodotto per supportare la celebrity preferita. Si crea così una rete fittissima che da una parte fidelizza ancora di più il gruppo di fan e dall'altra genera guadagno.
Nel 2018, in tempi in cui una pandemia globale era un'eventualità più che remota, un idol cinese Fan Chengcheng decise di aprire un servizio a pagamento per i suoi fan utilizzando la piattaforma social Weibo. Pagando circa 10 euro ogni sei mesi, i fan avrebbero avuto accesso a immagini esclusive, in altissima definizione. L'unica richiesta dell'idol cinese era quella di non condividere le foto al di fuori della piattaforma con chi non aveva pagato il servizio. Una richiesta semplicissima che, in una notte, ha generato un guadagno di circa 1.000 euro.
A comprendere il potere delle fandom, come generalmente ci si riferisce ai gruppi di fan più numerosi, sono soprattutto gli artisti di nuova generazione. Taylor Swift, Justin Bieber, BTS (e con loro tutti i gruppi e artisti coreani) hanno ben chiaro che per alzare le vendite devono proporre qualcosa che ai fan sembri unico e raro. O accattivante. Ecco dunque che Taylor Swift, per prima, ha lanciato la formula degli album prodotti in più versioni, tutte diverse tra loro, al cui interno si possono trovare gadget sempre diversi. A random. Una strategia, questa, utilizzata anche dai BTS che oltre a produrre più versioni dello stesso cd possono avvalersi del fatto che, all'interno del cofanetto, si può trovare una tra otto card fotografiche diverse (7 membri + una di gruppo). Il gioco vale la candela: perché in questo modo si spingono i fan da tutto il mondo ad acquistare non solo tutte le copie degli album, ma anche più di una, tutto pur di aumentare le possibilità di scovare la propria foto preferita. Con buona pace dei propri risparmi che sono i primi a subire da questa "fame" di collezionismo esplosa ancor di più con la pandemia.
Proprio la k-pop band coreana dei Bangtan Sonyeondan è uno dei modelli a cui oggi si guarda con più interesse quando si parla di fan economy. Nel 2020 il gruppo, composto a sette membri, era ai blocchi di partenza con un tour pronto a infrangere tutti i record a livello di sold out e vendite correlate. Poi è arrivato il Covid. La chiusura degli stadi. La sospensione di tutte le attività. Nonostante il danno, la società di intrattenimento dietro i BTS, la Big Hit Entertainment, ora Hybe, ha riportato profitti record nel bel mezzo di una pandemia globale. «Abbiamo creato entrate con le vendite degli album, lo streaming, i concerti online, il merch e i contenuti video» ha spiegato il presidente e amministratore delegato della società, Bang Si-Hyuk, che ha ribadito come «Nonostante le difficoltà, ci siamo concentrati su ciò che abbiamo sempre apprezzato: i fan e i contenuti».
La vera forza della fan economy, e al tempo stesso il suo punto debole, è la capacità dell'artista di far sentire il fan parte della propria vita. Se su questo aspetto le Kardashian hanno costruito un vero e proprio impero, Justin Bieber e Logan Paul sono due esempi lampanti di come l'oversharing, ovvero il riempire di contenuti i propri fan sui social media, sia una delle tecniche migliori per fidelizzare i propri supporter. Drew e Maverick, i brand rispettivamente di Bieber e Paul, sono oggi tra i marchi social più richiesti e gettonati. Quello che pubblicano va sold out nel giro di pochi minuti. E poco importa che si viva dall'altra parte del mondo e le spese di spedizione - e l'annesso rischio di dazi doganali - siano elevatissimi: pur di avere la felpa o i calzini indossati dai propri idol tutto è concesso. Semplice, veloce, come inviare un post su Instagram, come ha ammesso candidamente lo stesso Logan Paul affermando che «con il mio brand riesco a fare milioni senza fare nulla»
Parlando di numeri, uno studio condotto da iPrice ha sottolineato come, nel 2020, un fan abbia speso in media 1.000 euro circa per supportare il proprio beniamino acquistando biglietti per concerti o fan meet virtuali, ma soprattutto merchandise ufficiale. Con un'eccezione: i fan del k-pop spendono in media circa 200 euro in più, gli Army (la fandom dei BTS) ne spende invece fino a 500 in più della media. Guardando più attentamente ai numeri, se nel caso degli influencer a vendere sono soprattutto le membership ai fan club ufficiali e il merchandise, per quanto riguarda i musicisti occidentali gli album - fisici e digitali - restano ancora oggi il primo canale di guadagno con il 70% del budget annuale destinato all'acquisto di una o più copie. Diverso è invece l'approccio con le band orientali: i fan delle Blackpink, uno dei gruppi femminili coreani più famosi, prediligono spendere per oggetti indossati dalle proprie beniamine (30%) o per il merch ufficiale del gruppo (56%). Lo stesso ragionamento vale per i BTS. Uno dei membri, il più piccolo del gruppo, è stato rinominato il sold out boy per la capacita di mandare esaurito ogni tipo di prodotto nel giro di poche ore. Nell'ultimo periodo, è toccato nell'ordine a un braccialetto simile ai rosari buddisti, creato da un'associazione benefica e a delle bustine di kombucha. In entrambi i casi i prodotti sono andati esauriti in tutto il mondo, e da una notte all'altra le piccole aziende si sono ritrovate sommerse da richieste di ordini da ogni angolo del pianeta.
In tempi di pandemia addio ai fan meeting: i propri beniamini si incontrano in chat

Un tempo c'erano i fan meeting. Oggi ci sono le app, simili a Whatsapp, in cui si può chattare con il proprio idol preferito. È il caso di Bubble, una piattaforma creata dalla JYPE, una delle agenzie di intrattenimento coreane più famose che consente, attraverso la sottoscrizione di un abbonamento, di poter entrare in contatto in chat con gli idol dell'etichetta.
Il costo del servizio oscilla tra i 3.99 e 25.49 dollari e varia in base al numero di ticket che ti acquistano e al gruppo che si sceglie. Tra i servizi che vengono offerti c'è quello del messaggio di buongiorno, inviato ogni mattina dall'idol prescelto, personalizzato con il proprio nome, gli auguri di compleanno, dediche speciali e la possibilità di chattare e ottenere risposte nella propria lingua.
Qualcosa di simile più a un gioco è invece Universe, un'app in cui vengono inseriti anche in questo caso a pagamento, contenuti audio, video e fotografici sul mondo del k-pop. Tra gli artisti presenti, e più richiesti, c'è anche il giovanissimo Cha Eun-woo, attore e membro della boy band Astro.
A rimanere l'app più di successo è però Weverse, creata dalla ex Big Hit Entertainment e casa dei BTS, dei TXT e degli Enhypen. L'app, oggi ospita molteplici attori e cantanti ed è vista come il punto di riferimento per chi vuole rimanere in contatto con i propri beniamini anche in tempi di lockdown. Weverse funziona come una bacheca digitale in cui tutti, previa iscrizione gratuita, possono lasciare messaggi, ottenere reazioni e commenti da utenti da tutto il mondo e sperare di essere notati dal proprio cantante o attore preferito.
Continua a leggereRiduci
Justin Bieber, i BTS e Taylor Swift sono solo alcuni degli artisti il cui successo universale sfrutta i gruppi di appassionati. La vendita di gadget, album e incontri virtuali è divenuta la principale fonte di guadagno per il mondo dello spettacolo.Bubble, Universe, Weverse. Sono le app più richieste per tenere un filo diretto con cantanti e attori. Pagando una somma mensile si può addirittura ricevere il buongiorno personalizzato ogni mattina. Lo speciale comprende due articoli.«Senza fan non c'è guadagno». È questo il motto alla base della fan economy, una sfaccettatura dell'economia che studia le rendite di attori, cantanti e influencer, in base alle vendite di prodotti che portano il loro nome o marchio e generate principalmente dalle loro fan base. Il concetto di per sé è semplicissimo ed esiste da sempre ma con l'avvento del Covid-19 e l'interruzione forzata delle esperienze dal vivo, sta assumendo un valore nuovo. Nata come un fenomeno sfruttato da alcuni cantanti come Madonna o Michael Jackson, la fan economy negli ultimi anni si è imposta fino a diventare, nel 2020, una delle principali fonti di guadagno per gli artisti di tutto il mondo. Il concetto è semplice: l'artista oltre a promuovere il suo nuovo prodotto (un album, un singolo musicale, un nuovo film o una serie tv di cui fa parte) crea prodotti e gadget in grado di coprire varie fasce di prezzo (di solito dai 10 euro fino ai 100) ed esperienze (oggi virtuali) collegate al lancio del nuovo progetto. Attraverso i social network e una fitta rete di promozione, composta dai media classici ma soprattutto dai contatti con i fan base master (ovvero chi gestisce internamente l'organizzazione dei gruppi di fan, ndr.) crea il cosiddetto hype ovvero la voglia di avere a tutti i costi quel prodotto per supportare la celebrity preferita. Si crea così una rete fittissima che da una parte fidelizza ancora di più il gruppo di fan e dall'altra genera guadagno.Nel 2018, in tempi in cui una pandemia globale era un'eventualità più che remota, un idol cinese Fan Chengcheng decise di aprire un servizio a pagamento per i suoi fan utilizzando la piattaforma social Weibo. Pagando circa 10 euro ogni sei mesi, i fan avrebbero avuto accesso a immagini esclusive, in altissima definizione. L'unica richiesta dell'idol cinese era quella di non condividere le foto al di fuori della piattaforma con chi non aveva pagato il servizio. Una richiesta semplicissima che, in una notte, ha generato un guadagno di circa 1.000 euro.A comprendere il potere delle fandom, come generalmente ci si riferisce ai gruppi di fan più numerosi, sono soprattutto gli artisti di nuova generazione. Taylor Swift, Justin Bieber, BTS (e con loro tutti i gruppi e artisti coreani) hanno ben chiaro che per alzare le vendite devono proporre qualcosa che ai fan sembri unico e raro. O accattivante. Ecco dunque che Taylor Swift, per prima, ha lanciato la formula degli album prodotti in più versioni, tutte diverse tra loro, al cui interno si possono trovare gadget sempre diversi. A random. Una strategia, questa, utilizzata anche dai BTS che oltre a produrre più versioni dello stesso cd possono avvalersi del fatto che, all'interno del cofanetto, si può trovare una tra otto card fotografiche diverse (7 membri + una di gruppo). Il gioco vale la candela: perché in questo modo si spingono i fan da tutto il mondo ad acquistare non solo tutte le copie degli album, ma anche più di una, tutto pur di aumentare le possibilità di scovare la propria foto preferita. Con buona pace dei propri risparmi che sono i primi a subire da questa "fame" di collezionismo esplosa ancor di più con la pandemia.Proprio la k-pop band coreana dei Bangtan Sonyeondan è uno dei modelli a cui oggi si guarda con più interesse quando si parla di fan economy. Nel 2020 il gruppo, composto a sette membri, era ai blocchi di partenza con un tour pronto a infrangere tutti i record a livello di sold out e vendite correlate. Poi è arrivato il Covid. La chiusura degli stadi. La sospensione di tutte le attività. Nonostante il danno, la società di intrattenimento dietro i BTS, la Big Hit Entertainment, ora Hybe, ha riportato profitti record nel bel mezzo di una pandemia globale. «Abbiamo creato entrate con le vendite degli album, lo streaming, i concerti online, il merch e i contenuti video» ha spiegato il presidente e amministratore delegato della società, Bang Si-Hyuk, che ha ribadito come «Nonostante le difficoltà, ci siamo concentrati su ciò che abbiamo sempre apprezzato: i fan e i contenuti».La vera forza della fan economy, e al tempo stesso il suo punto debole, è la capacità dell'artista di far sentire il fan parte della propria vita. Se su questo aspetto le Kardashian hanno costruito un vero e proprio impero, Justin Bieber e Logan Paul sono due esempi lampanti di come l'oversharing, ovvero il riempire di contenuti i propri fan sui social media, sia una delle tecniche migliori per fidelizzare i propri supporter. Drew e Maverick, i brand rispettivamente di Bieber e Paul, sono oggi tra i marchi social più richiesti e gettonati. Quello che pubblicano va sold out nel giro di pochi minuti. E poco importa che si viva dall'altra parte del mondo e le spese di spedizione - e l'annesso rischio di dazi doganali - siano elevatissimi: pur di avere la felpa o i calzini indossati dai propri idol tutto è concesso. Semplice, veloce, come inviare un post su Instagram, come ha ammesso candidamente lo stesso Logan Paul affermando che «con il mio brand riesco a fare milioni senza fare nulla»Parlando di numeri, uno studio condotto da iPrice ha sottolineato come, nel 2020, un fan abbia speso in media 1.000 euro circa per supportare il proprio beniamino acquistando biglietti per concerti o fan meet virtuali, ma soprattutto merchandise ufficiale. Con un'eccezione: i fan del k-pop spendono in media circa 200 euro in più, gli Army (la fandom dei BTS) ne spende invece fino a 500 in più della media. Guardando più attentamente ai numeri, se nel caso degli influencer a vendere sono soprattutto le membership ai fan club ufficiali e il merchandise, per quanto riguarda i musicisti occidentali gli album - fisici e digitali - restano ancora oggi il primo canale di guadagno con il 70% del budget annuale destinato all'acquisto di una o più copie. Diverso è invece l'approccio con le band orientali: i fan delle Blackpink, uno dei gruppi femminili coreani più famosi, prediligono spendere per oggetti indossati dalle proprie beniamine (30%) o per il merch ufficiale del gruppo (56%). Lo stesso ragionamento vale per i BTS. Uno dei membri, il più piccolo del gruppo, è stato rinominato il sold out boy per la capacita di mandare esaurito ogni tipo di prodotto nel giro di poche ore. Nell'ultimo periodo, è toccato nell'ordine a un braccialetto simile ai rosari buddisti, creato da un'associazione benefica e a delle bustine di kombucha. In entrambi i casi i prodotti sono andati esauriti in tutto il mondo, e da una notte all'altra le piccole aziende si sono ritrovate sommerse da richieste di ordini da ogni angolo del pianeta. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/fan-economy-2651375061.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="in-tempi-di-pandemia-addio-ai-fan-meeting-i-propri-beniamini-si-incontrano-in-chat" data-post-id="2651375061" data-published-at="1617802823" data-use-pagination="False"> In tempi di pandemia addio ai fan meeting: i propri beniamini si incontrano in chat Un tempo c'erano i fan meeting. Oggi ci sono le app, simili a Whatsapp, in cui si può chattare con il proprio idol preferito. È il caso di Bubble, una piattaforma creata dalla JYPE, una delle agenzie di intrattenimento coreane più famose che consente, attraverso la sottoscrizione di un abbonamento, di poter entrare in contatto in chat con gli idol dell'etichetta. Il costo del servizio oscilla tra i 3.99 e 25.49 dollari e varia in base al numero di ticket che ti acquistano e al gruppo che si sceglie. Tra i servizi che vengono offerti c'è quello del messaggio di buongiorno, inviato ogni mattina dall'idol prescelto, personalizzato con il proprio nome, gli auguri di compleanno, dediche speciali e la possibilità di chattare e ottenere risposte nella propria lingua. Qualcosa di simile più a un gioco è invece Universe, un'app in cui vengono inseriti anche in questo caso a pagamento, contenuti audio, video e fotografici sul mondo del k-pop. Tra gli artisti presenti, e più richiesti, c'è anche il giovanissimo Cha Eun-woo, attore e membro della boy band Astro. A rimanere l'app più di successo è però Weverse, creata dalla ex Big Hit Entertainment e casa dei BTS, dei TXT e degli Enhypen. L'app, oggi ospita molteplici attori e cantanti ed è vista come il punto di riferimento per chi vuole rimanere in contatto con i propri beniamini anche in tempi di lockdown. Weverse funziona come una bacheca digitale in cui tutti, previa iscrizione gratuita, possono lasciare messaggi, ottenere reazioni e commenti da utenti da tutto il mondo e sperare di essere notati dal proprio cantante o attore preferito.
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
Continua a leggereRiduci
content.jwplatform.com
Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
Continua a leggereRiduci
Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
Continua a leggereRiduci