2025-02-23
Certo che la famiglia naturale esiste. Le prove? Madri, padri, figli e fratelli
È una connessione ancestrale che sussiste da prima dell’umanità, da quando c’è vita sulla Terra: sono i nostri legami più forti e veri. E chi la nega, vuole sostituire a questo monolite un caleidoscopio di alternative «fluide».La famiglia naturale non esiste, sentenzia già nel titolo un libro-intervista appena uscito da Laterza di Chiara Saraceno, a cura di Maria Novella De Luca. Ma quale famiglia naturale, ripete perentorio a tutta pagina, il Corriere della sera in un commento di Maurizio Ferraris al libro-intervista. La famiglia naturale non è mai esistita, echeggiano in coro intellettuali e media. Quel che sapevamo e vivevamo da sempre era solo un’illusione ottica, una scemenza oscurantista millenaria. Ora, per fortuna, ci sono i supereroi che ci svelano la verità.Ferraris parte dalla Costituzione, la sacra, bella, intoccabile Costituzione che, in tema di famiglia, può essere invece violata, irrisa, demolita. Per la nostra Costituzione, «la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio». Ferraris obietta: «Come può un istituto giuridico, storicamente definito e mutevole, fondare un fatto naturale?». Non facciamo i sofisti, sappiamo bene cosa significa quell’articolo della Costituzione: la legge non fonda la natura ma riconosce la base naturale della società, la famiglia, nella forma giuridica e storica del matrimonio. Non erano così scemi i padri costituenti. Alla base è il riconoscimento della famiglia come una società naturale, con un padre, una madre e i figli, che in quel tempo nessuno metteva in discussione, nemmeno i comunisti che, infatti, votarono la Costituzione ed erano all’epoca non meno «familisti» dei cattolici.La tesi della famiglia innaturale non è nuova, si ripete ormai da decenni. La famiglia non è una società naturale, dicono, ma è una costruzione culturale che muta nel tempo e nello spazio. E le famiglie non sono solo quelle composte da un padre (maschio), una madre (femmina) e dei figli nati da loro. Relativizziamo il monolite famigliare, ce ne sono tante quanti sono gli orientamenti, i gusti, le scelte individuali. Anzi, l’individuo con i suoi diritti, desideri e libertà è la cellula base della società, altro che la famiglia. Il core business, per così dire, di questa così appassionata perorazione contro la famiglia naturale è il riconoscimento delle coppie dello stesso sesso; poi dei figli ottenuti in altro modo, inclusi gli uteri in affitto; infine, ammettendo il ricco caleidoscopio della transizione di genere. La famiglia è un insieme fluido.Il libro-intervista della Saraceno entra, poi, nel merito dell’attualità, delle strutture sociali e sanitarie, del governo Meloni; ma qui siamo nel campo delle opinioni sulle politiche attuali, che poco ci interessano. Ci interessa, invece, il rilancio di questo nuovo dogma anticostituzionale, «la famiglia naturale non esiste», che dà il titolo e l’emblema a tutta la questione; qui si condensa da una parte il rifiuto con odio della famiglia come è stata finora concepita, naturale e tradizionale; dall’altra, il rigetto della natura a cui non a caso si preferiscono parole asettiche come ambiente o ecologia, perché natura indica il mondo preesistente, creato prima di noi, con le differenze naturali, i diritti naturali, i limiti naturali e l’ordine naturale; ossia tutto ciò che ci precede ed è irriducibile alla cultura, all’ideologia, al progresso e alle scelte individuali.«La famiglia naturale», scrive Jacopo Fo sul Fatto, «composta da un padre e da una madre che si amano e che crescono con affetto i figli, non è mai esistita. Cercarla nel passato è come dare la caccia al mitico elefante bianco che sulla schiena ha la mappa di Gardaland». Sarà, ma io l’ho conosciuta dal vivo la famiglia naturale, così composta e così fondata, e ne ho conosciute altre, tante, persino nel presente. Sono l’umanità di sempre. Non erano e non sono elefanti bianchi, frutto di immaginazione, ma persone vere con rapporti autentici, che hanno speso una vita in quel solco, per quella dedizione. E chi lo nega, deve solo prendersela con il suo occhio cieco o torvo, la sua mente malata o maligna, la sua incapacità o malavoglia di capire ciò che è reale e ciò che non lo è, ciò che è naturale e ciò che è fantastico. Pure Fo, che tuttora difende la memoria di suo padre, di sua madre e dei suoi nonni e zii, lo fa solo per scelta ideologica, perché erano compagni antifascisti come lui, lo fa solo per convenienza personale perché è una buona rendita essere loro figlio o c’è pure un legame naturale e affettivo di un figlio verso suo padre, sua madre, la sua famiglia? Comunque loro non scelsero lui come figlio, lui non scelse loro come genitori. Né lo decise il collettivo di un centro sociale.Torniamo alla realtà e alla natura. La forma universale che da sempre esiste, popola il mondo e lo rigenera è la famiglia naturale, prima cellula sociale, architrave di ogni società, fondamento di ogni civiltà. Riguarda pure gli animali e passa dalla procreazione, la nascita, il nutrimento, l’accudimento e l’allevamento, la cura dei piccoli e dei fragili, la premura reciproca. È un fatto naturale, istintivo, precede ogni forma storica e culturale, esiste già in natura. Poi verranno i legami affettivi e, sul piano umano, verrà poi la storia, verrà la cultura, a differenziare le forme e le espressioni di quel legame, a generare tipi diversi di unioni e aggregazioni. Nessuno nega che si possano formare altre unioni, altre reti interpersonali, vari tipi di legami amicali, sessuali, affettivi, comunitari; e nessuno nega il diritto di fare altre scelte. E nessuno nega la crisi della famiglia, crisi vasta e radicale.Ma ciò non toglie che il fondamento naturale e universale sia quello e che quella sia la famiglia. Così come i sessi, da che mondo è mondo, sono due; poi ciascuno può avere tendenze diverse e fare scelte diverse. Non c’era bisogno di Donald Trump per scoprirlo, basta conoscere il libro della natura, la storia dell’uomo e delle società umane, infine la Bibbia e gli altri libri sacri. Ci sono cose che precedono le nostre scelte, le nostre volontà, i nostri orientamenti; il mondo stesso che ci precede non lo abbiamo fatto noi, lo abbiamo trovato. Noi non abbiamo deciso di avere questi genitori, questo corpo, questi tratti genetici, né abbiamo deciso di nascere in quei luoghi, in quel tempo; ci siamo trovati, o come direbbe Martin Heidegger, siamo stati gettati. I nostri tratti identitari li abbiamo ereditati, ci sono dati, trasmessi. La nostra volontà, la nostra scelta si esercita dopo, riguarda una sfera di ambiti e una fase successiva.Tutto questo cosa significa? Che la famiglia come società naturale esiste davvero ed è esistita dacché esiste la vita sulla Terra, non l’umanità ma la vita: quel legame primario, quell’inseminazione e fecondazione, quel cordone ombelicale, quell’istinto materno che è più diretto e biologico, come quello filiale; e poi quell’istinto meno diretto e mediato che è l’istinto paterno. Poi possiamo ridimensionare questi istinti e questi legami, declinarli in modo diverso, persino ripudiarli, ma il punto di partenza, l’origine è quella.Insomma, la famiglia naturale non è un elefante bianco inesistente: la famiglia naturale è tua madre, tuo padre, i tuoi fratelli, i tuoi figli. Nessuno di loro è stato da noi scelto o inventato, eppure sono i nostri legami più forti e più veri, nonostante tutto. L’uomo è una corda tesa tra la natura e il destino. Nel mezzo c’è la libertà, la storia, la cultura. Ma l’origine e la fine non dipendono da noi.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)