2023-09-13
La bufala sugli Usa razzisti citata 8.500 volte
New York, manifestazione contro la polizia (Getty Images)
Il professor Eric Stewart aveva «provato» che le forze dell’ordine discriminano le minoranze. Tesi sostenuta con dati truccati, eppure quegli articoli sono stati usati da migliaia di criminologi. Il suo ateneo sbotta: «Danni irreparabili alla nostra credibilità».Nessuno sostiene che il razzismo non esista, ma è forte l’impressione che politicamente, negli ultimi anni, il tema sia stato gonfiato ad arte; e verosimilmente non è solo un’impressione, vedendo la vicenda che ha per protagonista Eric Stewart. Afroamericano, 51 anni, accademico e criminologo di lungo corso, fino a poco fa Stewart era considerato un luminare nel suo campo, che è appunto quello delle violenze di matrice razziale. Basti dire che, già membro College of criminology and criminal justice della Florida state university, nel 2017 lo studioso era entrato a far parte della prestigiosa American society of criminology e premiato per aver dato «un contributo significativo alla disciplina».Parliamo di un docente che proprio per il suo prestigio negli anni ha ricevuto la bellezza di 3,5 milioni di dollari in sovvenzioni da parte di importanti organizzazioni ed enti finanziati dai contribuenti. A riprova del suo calibro accademico, si può inoltre evidenziare come i lavori di Stewart siano stati citati oltre 8.500 volte da altri studiosi, facendone un faro della criminologia americana. In particolare, a rendere celebre l’accademico sono stati i suoi lavori sul «razzismo sistemico» - espressione con cui si designa quell’insieme di norme, atteggiamenti e convinzioni atti a perpetuare la discriminazione della gente di colore - e sulla sua onnipresenza nei corpi di polizia e nella società statunitense. Il criminologo aveva messo in luce come la criminalizzazione degli afroamericani fosse più radicata tra i conservatori e come i bianchi desiderino condanne più severe, a parità di casistica criminale, per i neri e i latini. Cosa c’è che non va? Semplice: Stewart ha falsificato i dati delle sue ricerche. Almeno sei articoli scientifici usciti a sua firma dal 2003 al 2019 sulle colonne di riviste scientifiche di tutto rispetto, da Criminology a Law & society review, risultano ora ritirati in quanto gravemente viziati e, in definitiva, lavori che mai avrebbero dovuto essere pubblicati. Tutto ha avuto inizio dalla segnalazione presentata da Justin Pickett, un ex studente e collaboratore del criminologo. Pickett ha raccontato come già nel 2011 Stewart, pur di dimostrare le sue tesi, non si facesse scrupoli a manipolare i suoi dati, arrivando per esempio ad alterare le dimensioni di un campione allo scopo di portare alla luce l’idea, richiama poc’anzi, secondo cui gente desideri pene più serve per neri ed ispanici.Beninteso: parliamo di manipolazioni pesantissime, non dell’arrotondamento di qualche decimale. Per scendere nel concreto, Pickett ha riferito che mentre uno studio poi pubblicato parlava di un campione di circa 1.200 intervistati (1.184), i dati effettivi ne riguardavano 500, meno della metà; inoltre, nello stesso lavoro, Stewart avrebbe selezionato ad arte i dati di 91 contee anziché includere tutte le 326 che avrebbe dovuto. A seguito di queste segnalazioni, nel 2020 era iniziate delle indagini su Stewart, che si è subito detto vittima di una vendetta personale da parte del suo ex collaboratore (peraltro bianco) e in definitiva di un pregiudizio ai suoi danni, in quanto nero.Le indagini sul criminologo sono però continuate e nelle scorse settimane è arrivata, per lui, la doccia fredda del licenziamento, dopo ben 16 anni, dalla Florida state university, che gli garantiva uno stipendio da 190.000 dollari all’anno. Un siluramento grave anche per le motivazioni addotte dal rettore, James Clark, nelle cinque fitte pagine del provvedimento. Che parla non di qualche singolo lavoro, bensì di «decenni di ricerca» fino a poco fa ritenuti «all’avanguardia» nel campo della criminologia e che ora «hanno dimostrato di contenere numerose informazioni errate e false». Non solo. È stato scritto che il danno cagionato dall’operato di questo studioso all’immagine e alla credibilità della sua ormai ex università «si avvicinano al catastrofico e potrebbero essere irreparabili».Stewart è dunque stato pienamente scaricato, ma il suo caso è troppo grave per essere considerato isolato. Va inquadrato in una cornice più grande. Il suo stesso grande accusatore, Pickett, ha parlato di «pressioni» che portavano - e portano - ad alterare i dati. Quali? Quelli di enti finanziatori e, in definitiva, di un mondo economico ma anche politico che, non da oggi, ha sposato in modo ferreo una narrazione: quella progressista e antirazzista militante. Per dirla con le parole di un altro prof di colore, lo stimato linguista della Columbia John McWhorter, l’antirazzismo ha finito ormai con il tramutarsi in «una religione». Un culto per onorare il quale ogni mezzo è valido, inclusa la sistematica manipolazione di dati, campioni e statistiche. Ogni scusa è buona, quando si tratta accusare l’uomo bianco.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)