2019-04-04
Facevano fuggire i minorenni stranieri ma si tenevano i soldi del Comune
Sottratti dalla Onlus ben 2,7 milioni, 16 le persone arrestate. Abbandonati a sé stessi anche ragazzini con meno di 10 anni.Le fughe dei minorenni erano organizzate dalla Onlus: o veniva lasciato aperto il cancello del centro di accoglienza, oppure li spingevano a scavalcare le mura di cinta, anche di notte. Poi passavano all'incasso della retta giornaliera per ciascun baby ospite. L'affare: 2.700.000 euro sottratti dalle casse del Comune di Roma. Una volta fuori dal centro i ragazzini, quasi tutti rom, anche con meno di dieci anni d'età, dovevano cavarsela da soli. Per abbandono di minori sono finiti in carcere il presidente dell'associazione Virtus Italia onlus consorzio di solidarietà sociale, Enrico Sanchi, e il responsabile del centro di primissima accoglienza per minori non accompagnati di via Maria Annibale di Francia, Carmine Cerrone. E con loro, proprio all'indomani del congresso di Verona, dove il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha ricordato che «bisogna fare chiarezza sulle case famiglia», sono finite nei guai altre 23 persone (14 ai domiciliari e nove con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) tra educatori, psicologi e operatori. Grazie a pedinamenti e intercettazioni, gli investigatori della polizia locale hanno ricostruito che la quasi totalità degli operatori del centro aveva avuto un ruolo nella fuga dei minori, non senza prima averne registrato l'ingresso per assicurare alla struttura la retta giornaliera. «L'amministrazione comunale», scrive il gip Francesco Patrone, «si è impegnata a corrispondere alla associazione che gestisce il Centro un compenso giornaliero per singolo minorenne accolto (per un totale di 30 posti) pari a 118,50 euro, suddiviso in una quota fissa di 84,87 euro ed una quota variabile riferita ad ogni giorno di effettiva presenza del minore nel Centro pari a 33,63 euro». È significativo che l'importo giornaliero per ciascuno dei 30 posti, spiega ancora il gip, «è corrisposto in maniera fissa e con cadenza mensile, indipendentemente dalla presenza di ospiti o meno, mentre la quota giornaliera (…) è corrisposta soltanto in ragione dell'effettiva presenza di un minorenne nella struttura, sin dal momento dell'accesso». E anche se un minore entrava e usciva nella stessa giornata la quota giornaliera veniva incassata. Un bel business, che spiega il perché la cricca spingesse i ragazzini alla fuga. Il gip lo scrive a chiare lettere: «Emerge la piena consapevolezza dell'allontanamento da parte degli operatori presenti». Sono loro i protagonisti delle intercettazioni. In una delle captazioni ambientali, infatti, si sente uno dei minori chiedere indicazioni per andare alla stazione. L'indagato replica: «Quale stazione? Fidene?». Il ragazzino ribatte: «Per andare a Termini?». Il dialogo prosegue e diventa sempre più surreale. «Esci da qua (…) arrivi alla stazione (…) la terza fermata è Tiburtina». Per farli uscire bastava lasciare il cancello socchiuso. Il grande orecchio della polizia locale ha registrato le parole inequivocabili di uno degli addetti: «Abbiamo una scusa per dire, guarda il cancello stava chiuso e quello si è aperto e se ne è andata (…)». Il collega presente esorta: «Allora lasciamo tutta la notte così». «No perché», spiega il primo, «da qua non si vede che il cancello è poco poco aperto no? È una buona scusa, tenemo una scusa». E, così, gli indagati hanno lasciato che una ragazzina decidesse in piena autonomia se rimanere al centro o andar via. È per questo che il giudice definisce le fughe «ben organizzate e pianificate».Dopo qualche inchiesta giornalistica, però, gli operatori avevano capito che la strategia del cancello aperto poteva risultare pericolosa. E hanno cambiato rotta, invitando i minori a scavalcare il cancello, anche a notte fonda, agevolando le operazioni con dei cassonetti per i rifiuti piazzati a ridosso dell'entrata. L'unica indicazione era questa: evitare di farsi riprendere dalle telecamere, «abdicando totalmente», sostiene l'accusa, «ai doveri di assistenza e custodia assunti nei confronti dei minori che, in qualche caso, hanno persino riportato ferite nel corso delle pianificate evasioni». Anche questo è stato ricostruito grazie alle intercettazioni:«Ma quanti so'? Tre o quattro?». «So' quattro cojoni!». È il commento in diretta sulla fuga di quattro baby rom ripresa dalle telecamere: «Guarda quello come è uscito…»; «…guarda quanto è demente quell'altro…»; «Ma quello da dove è saltato?»; «Da dietro, dal gabbiotto». E la chiosa finale di una delle operatrici: «Ha fatto bene». A fuga avvenuta i responsabili ragionavano sui dettagli per mettere a posto le carte: «Aspettiamo cinque minuti ragazzi? Perché è possibile pure che stanno arrivando i vigili e li beccano! E magari li riportano qua».In un caso o nell'altro la retta arrivava. Nel centro lo sapevano tutti. E commentavano senza troppi giri di parole. Una delle registrazioni è emblematica: «La vera verità è che per due anni ti sei preso i soldi dalle rom per farle andare via dopo dieci secondi, con un tacito accordo con tutte le istituzioni, quindi tu non sei il colpevole ma lo sapevi e noi qui ci siamo detti per due anni “prima o poi questa cosa ci si ritorcerà contro", lo dicevo un sacco di volte e succede veramente perché è normale che succeda ma non è nemmeno per colpa nostra». Il parere del gip sulla colpa, però, è diametralmente opposto. Ed è stato proprio uno degli operatori a fornirgli la prova: «La vera verità, apriamo i portoni, questa è la vera verità, lasciavamo i ragazzini di 12 anni all'una di notte che se ne andavano via».