2019-05-18
Facebook, il finto poliziotto del Web cade in trappola sul partito fasullo
Con 8 euro e un sito artigianale un giornalista di «Wired» lancia Riformeuropa con folli proposte. E i tanto declamati controlli?Prendete 8 euro, un sito internet artigianale e l’ingegno di un giornalista. Mescolate il tutto e riuscirete ad aggirare gli strettissimi (quanto meno sulla carta) controlli di Facebook, il social network più famoso e frequentato del mondo. L’impresa è riuscita a Luca Zorloni, collega di Wired.it e autore di un’inchiesta pubblicata ieri nella quale dimostra di essere riuscito ad acquistare, in vista delle imminenti elezioni europee, un’inserzione a pagamento per un partito che in realtà non esiste. Basta dare un’occhiata al sito di Riformeuropa, questo il nome dato all’immaginaria formazione politica, per rendersi conto che si tratta di uno scherzo. Le proposte spaziano dall’acquisto di «751 confezioni di mattoncini Lego per tutti gli europarlamentari, perché facciano esercizio», all’installazione di porte scorrevoli per «impedire il sistema delle “porte girevoli” tra politica, aziende e associazioni di categoria» voluto dalle lobby, fino all’espansione dello spazio porto in Puglia per fare posto alla «Cape Canaveral europea» dalla quale far decollare sonde a «propulsione vulcanica» destinate fino alle estremità del sistema solare e oltre. Quella che raccontata così può sembrare una divertente trovata tra amici si è trasformata in una cosa seria. Nel suo articolo, Zorloni racconta infatti di essere riuscito, servendosi di un budget risicatissimo e semplicemente fornendo il proprio documento d’identità, a farsi autorizzare la pubblicazione di un annuncio a pagamento che recita così: «Per rimontare la Ue, Riformeuropa regalerà scatole di Lego a tutti gli europarlamentari». Nell’arco di cinque giorni l’inserzione è riuscita a raggiungere 1.194 visualizzazioni, raggranellando 41 like, mentre la pagina collegata all’inserzione è tuttora attiva su Facebook, dove risulta catalogata nella categoria «Organizzazione politica - partito politico» e può vantare 51 follower. Non sono certo numeri in grado di cambiare gli equilibri politici, ma lo «scherzo» messo in piedi fa riflettere e mette in evidenza i limiti del social network, specie in questo periodo nel quale la disinformazione è al centro del dibattito politico. Se è vero che creare una pagina dall’oggi al domani è affare piuttosto semplice anche per una persona non esperta di tecnologia, c’è da dire che le policy di Facebook vietano la pubblicazione di pagine, gruppi ed eventi fuorvianti, fraudolenti e ingannevoli. Spesso la distanza che separa i contenuti maliziosi da quelli satirici è piuttosto breve, così come scandagliare un mare di 2,4 miliardi di utenti e quasi 300 milioni di visitatori unici giornalieri è impresa davvero ardua. Per «ripulire» lo sconfinato mare magnum nel quale navigano gli iscritti, Facebook si serve spesso di segnalazioni che vengono prese in carico e analizzate. Un po’ come successo con le 23 pagine chiuse la settimana scorsa dietro suggerimento di Avaaz, l’ong che annovera George Soros tra i suoi finanziatori. Ma la vicenda di Riformeuropa dimostra che letteralmente chiunque può mettere in piedi una pagina dai contenuti strampalati e riuscire, anche con una cifra risibile, ad amplificarne i contenuti che in questo modo diventano visibili a una grande moltitudine di utenti sparsi per il mondo. Ovviamente, basta mettere sul piatto più soldi per riuscire a raggiungere un’audience più ampia. Questo fattore rende l’idea della facilità con la quale questo strumento può essere utilizzato per scopi fuorvianti con relativa semplicità, specie se si dispone di una certa quantità di denaro. Ma l’aspetto che probabilmente desta più preoccupazione è quello relativo al controllo esercitato da Facebook sul contenuto delle inserzioni. Un checkpoint, come dimostra la vicenda, puramente formale. Per il giornalista, infatti, è stato sufficiente fornire il passaporto ed effettuare il pagamento per vedere pubblicato il proprio annuncio. Nessun controllo, come invece ci si aspetterebbe, sulla veridicità delle informazioni riportate o sulla reale esistenza del partito. Lo scorso marzo, in vista delle elezioni europee, il social di Zuckerberg aveva annunciato delle importanti modifiche in merito alla gestione degli annunci pubblicitari a contenuto politico pubblicati sulla piattaforma. Una mossa volta a «prevenire abusi e interferenze», come recita il comunicato diffuso da Richard Allan, vicepresidente Global policy solutions a Facebook: «Sappiamo che ci sono persone che cercano di aggirare qualsiasi sistema, ma siamo sicuri che questi strumenti rappresenteranno una vera barriera per chiunque pensi di usare i nostri annunci per interferire nelle elezioni dall’esterno del Paese». Tra le contromisure prese la creazione della «libreria inserzioni», un registro pubblico consultabile da chiunque nel quale vengono conservati per sette anni tutti gli annunci classificati come relativi alla politica o altamente politicizzati. Grazie a questo strumento è possibile risalire a un gran numero di informazioni, dalle generalità di chi ha pubblicato il contenuto (compreso il numero di telefono), al numero di visualizzazioni del post a pagamento, fino ai dati demografici del pubblico raggiunto.La questione è molto più politica che tecnica. Solo una settimana fa, Mark Zuckerberg è stato ricevuto dal presidente francese Emmanuel Macron, il quale da parte sua ha auspicato l’introduzione di un codice di regolamentazione per i social network. Un incontro che rende perfettamente l’idea di come nell’era digitale stia diventando sempre più difficile coniugare rispetto della libertà di espressione, capacità di generare profitti e tutela dell’interesse politico.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».