2024-10-13
«Da ex trans dico: nessuno nasce sbagliato»
La ventiduenne americana Luka Hein pentita del cambio di sesso: «A 13 anni ero confusa e, anziché aiutarmi, psicologi e medici mi spinsero alla transizione. A 16 anni mi furono asportati i seni e iniziai ad assumere testosterone. Ora non so se potrò mai avere figli».Luka Hein viene dal Nebraska, oggi ha 22 anni ed è una detransitioner. Quando era appena adolescente ha iniziato il percorso di transizione di genere - consigliata male e seguita peggio da cosiddetti specialisti e da una clinica con cui ora è in causa - e prima di rendersi conto di avere sbagliato strada ha subito una doppia mastectomia. Oggi, mentre cerca di ricostruire la propria vita, illustra con coraggio la propria odissea al pubblico. Fino al 27 ottobre sarà impegnata in un ciclo di incontri, convegni e conferenze in Italia, organizzato da Pro Vita & Famiglia onlus. Si intitola «Ingannata. Perché nessuno è nato nel corpo sbagliato. Nemmeno io», ed è un racconto potente e doloroso.Luka, può spiegare chi sia un detransitioner?«Un detransitioner è qualcuno che prima è passato lungo una transizione medica o chirurgica. O quantomeno ha provato a passare all’altro sesso, e quando si è accorto che questo non era possibile, è tornato indietro e ha rigettato questa condizione. Quindi, diciamo, un detransitioner è di solito una persona che è passata attraverso terapie ormonali o interventi prima di rifiutare questa condizione». Quando ha iniziato a pensare di essere, come si dice, «nata in un corpo sbagliato»?«Beh, è iniziata quando avevo circa 13 anni, stavo passando un periodo molto difficile a casa, i miei genitori avevano divorziato ed è stata una situazione talmente complicata che è stato necessario coinvolgere la polizia. Vivevo una sorta di esasperazione, nel senso che oltre a questo dramma avevo anche un brutto rapporto con il mio corpo, mi sentivo come disconnessa. Il fatto era che a quell’epoca essere trans stava diventando mainstream, e trovandomi nella situazione che ho descritto ho cominciato a pensare di essere trans». Dove è venuta a conoscenza del fatto che si potesse essere nati in corpo sbagliato e si potesse eventualmente cambiare sesso?«Principalmente online. Social media come Instagram, Youtube, e poi una chat all’epoca chiamata Kik. In seguito ho scoperto che l’app era notoriamente utilizzata da predatori sessuali». Lì è venuta in contatto con altri adolescenti o con adulti che la spingevano verso la transizione?«C’erano entrambi, quindi sia adolescenti sia adulti. In modo particolare sono gli adulti a spingere i giovani a diventare trans. I ragazzi lo accettano e questa cosa si autoalimenta, si autoconvincono di essere trans». In quel periodo quali erano le sue sensazioni? Come si sentiva?«Principalmente mi sentivo a disagio e c’era tutta una logica per cui se non ti piaceva il fatto di avere il ciclo mestruale o comunque non accettavi il fatto di una pubertà femminile dipendeva dal fatto che eri probabilmente un ragazzo». Quello che sta raccontando è avvenuto quando lei aveva circa 13 o 14 anni. Poi come ha iniziato il percorso di transizione vero e proprio? «La prima cosa che ho fatto è stata andare da uno psicologo. Uno che seguiva un orientamento gender affirming, quindi una persona che appoggiava la transizione. Mi ha semplicemente affiancato. Ha “riconosciuto”, diciamo, la mia transizione. Ma non ha analizzato le cause o i sentimenti. Non si è preoccupato di quali potessero essere i motivi per cui ero orientata alla transizione. Il primo intervento che ho fatto a livello chirurgico è stata una doppia mastectomia a 16 anni». Quindi nessuno le ha detto che forse si stava sbagliando, che forse serviva del tempo, che forse era un periodo di passaggio?«Nessuno, no. Nessuno mi ha spinto ad avere ripensamenti, anzi c’era questo spauracchio del suicidio...».Cioè?«C’era questa spinta a dire: se non prosegui lungo questo percorso c’è il rischio di suicidio. C’era una sorta di pressione». Dopo la mastectomia che cosa è arrivato? Una terapia ormonale? «Alcuni mesi dopo la mastectomia mi è stato prescritto il testosterone». Quanto tempo è passato da quando è andata dallo psicologo a quando ha fatto la mastectomia? «Meno di un anno». Una volta fatta la mastectomia e iniziata la terapia ormonale, come stava, come si sentiva? Più sicura, era felice? «Mi era stato detto che mi avrebbe fatto sentire meglio, quindi ho avuto una specie di effetto placebo. Mi sentivo meglio perché mi avevano detto che mi sarei sentita meglio». Quanto ci è voluto per capire che non era la sua strada quella? «Sono passati quattro anni, dai 16 ai 20 anni, dopodiché ho iniziato a rendermi conto, ho iniziato a pensare in modo diverso alla mia vita e ho iniziato a cambiare idea». Quando ha deciso di diventare detransitioner, ci sono state delle resistenze? Qualcuno le ha sconsigliato di farlo? «Sì, in generale ho avuto delle opposizioni, per esempio da uno degli psicologi: quando ho comunicato che volevo tornare indietro mi ha consigliato di aspettare e di identificarmi come non binary. Ci sono stati alcuni che mi hanno criticato perché sembrava quasi che la parola detransitioner non bisognasse dirla».Quindi paradossalmente è stato più facile diventare transgender che non detransitioner? «Sì». Che tipo di percorso è il detransitioning? Dopo delle operazioni così invasive, che conseguenze si hanno sul proprio corpo? Come si fa a tornare indietro?«Quando ho iniziato a vedere più chiaramente che cosa volevo nella mia vita, pensando magari a una relazione sentimentale più lunga, alla possibilità di avere dei figli o una famiglia, allora ho deciso di interrompere la terapia con il testosterone. Non appena ho iniziato a diminuire le dosi di testosterone, piano piano sono andata verso una menopausa che mi ha procurato dei danni. Il fatto è che il corpo non torna subito ad avere un ciclo regolare». Se volesse, ora potrebbe avere figli? «Non lo so, nel senso che è una questione complicata. Avendo ancora del testosterone in circolo, anche se riuscissi a rimanere incinta ci sarebbero una serie di complicazioni. Potrei avere difficoltà a portare avanti la gravidanza, a partorire. C’è tutta una catena di eventi che non è detto vadano a buon fine». Come vive ora il fatto di essersi sottoposta a una mastectomia? «È una questione dura. Nel senso che molto spesso quando ne parlo e rimpiango di aver fatto la mastectomia, tanti mi dicono che potrei farmi una protesi. Però non è assolutamente facile, ci sono dei rischi non da poco e quindi è comunque una situazione che mi mette a disagio. Questa mastectomia è una delle cose peggiori che abbia mai vissuto». Lei pensa che esistano persone per cui la transizione di genere è la scelta giusta?«Ci possono essere persone che passano attraverso la transizione, però il problema è che non ci sono evidenze che sia la cosa giusta e a livello etico è tutto sbagliato. Si viene avviati su quella strada troppo facilmente, troppo facilmente si ottengono diagnosi e si danno terapie come se si fosse al bar. La verità è che non ci sono evidenze».Chi ha maggiori responsabilità nell’averla condotta su quella strada? I medici, la scuola, la famiglia, gli educatori? «A livello di responsabilità sono tutti coinvolti, mi ci metto anche io, perché la transizione è stata una soluzione a un mio malessere. Forse però i medici hanno più responsabilità, perché in quanto professionisti dovrebbero curare e dovrebbero avere il dovere di non fare male ai pazienti. Forse se i dottori mi avessero fermato, magari dicendo di aspettare un momento... Ecco quella è sicuramente una responsabilità molto più grande: potevano in qualche modo fermare tutto questo, non oltrepassare il confine». Che messaggio vorrebbe dare a ragazze e ragazzi che pensano di seguire il percorso di transizione? «Il messaggio che vorrei dare a questi ragazzi è che non sono nati sbagliati. Il corpo che abbiamo è il corpo che dobbiamo mantenere, perché è la realtà dei fatti. Ma questo non definisce tutto il resto: come ci vestiamo, come dobbiamo comportarci... Il mio messaggio è questo: non siete nati nel corpo sbagliato, anche se magari ve lo fanno credere».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.