2019-05-04
Evaporati i genitori, restano i figli violenti
La locandina di «The Society», la nuova serie di Netflix
Padri che coprono la prole criminale, famiglie assenti o che fingono di non vedere le malefatte dei ragazzini, madri furenti che picchiano i professori. È la lezione del Signore delle Mosche: se mancano limiti e autorità, la brutalità si scatena. Quando, nel 1954, pubblicò Il Signore delle Mosche, William Golding lavorava come professore alla Bishop Wordsworth's School di Salisbury. Insegnava ai bambini. «Vivo da tanti anni a contatto con i ragazzini», raccontò nel 1962, «li capisco e li conosco con terribile precisione». Già, lo scrittore britannico, premio Nobel nel 1983, conosceva i giovani come le sue tasche. E non aveva dubbi: se lasciati a loro stessi, si sarebbero in breve tempo trasformati in violenti carnefici. È proprio ciò che accade nel suo capolavoro: un gruppo di ragazzini sopravvive a un disastro e si trova a vivere su un isola, senza alcun controllo da parte degli adulti. In breve tempo, il Male s'impossessa di loro. «I ragazzi provano a costruire una civiltà sull'isola, che però finisce nel sangue e nel terrore», scrisse ancora Golding, «proprio perché soffrono di una terribile malattia: quella di appartenere alla razza umana». Sull'isola del Signore delle Mosche, il paradiso è solo un velo sottile di vernice sopra l'inferno. I bambini e gli adolescenti che si trovano ad abitarla con il passare dei giorni si trasformano in belve feroci, infliggono dolore e tormento, si scatenano in orge di sangue e brutalità. Accade la stessa cosa in una serie tv che sarà disponibile dal 10 maggio su Netflix. Si intitola The Society, l'ha creata Christopher Keyser e trae ispirazione proprio dalla geniale opera di Golding. Qui i protagonisti sono alcuni adolescenti del New England che, all'improvviso, si trovano come trasportati in una realtà parallela. Un mondo in cui gli adulti, semplicemente, non esistono. Così, i ragazzi sono costretti a cimentarsi in un'impresa titanica: la creazione di una nuova civiltà. E, come è facile immaginare, le cose non fileranno esattamente lisce. La nuova serie è tutta costruita intorno a un grande interrogativo: come sarebbe un mondo senza adulti? Ecco: forse siamo in grado di rispondere alla domanda. Non con le armi della finzione (letteraria o cinematografica), ma con quelle della cronaca. Negli ultimi giorni abbiamo potuto osservare con sgomento le immagini di un universo parallelo in cui gli adulti sono svaniti e, quando anche ci sono, non svolgono il proprio compito. A Manduria 8 ragazzini, di cui sei minorenni, hanno vessato, terrorizzato e torturato a morte un pensionato, il sessantaseienne Antonio Stano. I giudici di Taranto hanno stabilito che tutta la banda resterà in carcere. Secondo i gip, i minorenni potrebbero infatti ripetere comportamenti violenti. Quanto ai due maggiorenni, i loro genitori «hanno dato prova di incapacità a controllarli ed educarli». Difficile che le famiglie non sapessero quale fosse il mortifero passatempo dei piccoli aguzzini: eppure non hanno fatto nulla per fermarli. La masnada di Manduria è la trasposizione nella realtà del Signore delle Mosche: in assenza degli adulti si scatena la violenza più estrema. In altri casi, invece, i genitori ci sono. Ma non agiscono come le figure deputate a fissare i limiti. Sono, piuttosto, dei complici. Si pongono sullo stesso piano dei figli, li coprono, gli aiutano a farla franca. C'è, per esempio, il padre del giovane di Viterbo accusato di un brutale stupro che gli consiglia di buttare il cellulare contenente immagini compromettenti. Poi c'è la mamma picchiatrice di Lodi. La figlia di questa signora è una pluriripetente di 17 anni. È stata sospesa da scuola per 15 giorni, poiché gli insegnanti l'hanno ritenuta responsabile di «episodi che spaziavano da minacce a pestaggi ai coetanei». Quando ha saputo della sospensione, la madre si è precipitata a scuola e ha aggredito la vicepreside. Le ha lanciato una sedia e una sfilza di altri oggetti, l'ha malmenata fino a mandarla al pronto soccorso. Non è nemmeno la prima volta che nelle scuole italiane accadono episodi simili e che gli insegnanti vengono picchiati da madri o padri divenuti guardie del corpo dei propri figli intemperanti. I genitori ci sono, dicevamo, ma è come se non ci fossero, perché non esercitano alcuna autorità, anzi si rendono compartecipi della violenza. Ora, è evidente che un padre e una madre non possano agire come carabinieri: l'amore per i figli può anche essere cieco, e il desiderio di proteggere la propria creatura, anche quando è snaturata, vince su tutto. Nella maggioranza dei casi che abbiamo citato, tuttavia, l'assenza del genitore significa assenza di autorità, dunque assenza di limiti. Spesso si dice che certi episodi brutali derivino da un presunto «clima violento», dal ritorno delle Forze Oscure della Reazione o da altri rigurgiti di tal fatta. In realtà, la violenza giovanile più estrema esplode per il motivo esattamente contrario. Laddove le gerarchie si sfaldano e l'autorità viene meno, laddove i limiti non esistono e le regole sono facili da infrangere (o non esistono proprio), gli esseri umani danno il peggio. Nascondere la violenza sotto al tappeto - come la nostra società tenta di fare da anni - genera mostri spaventosi. Notate la coincidenza: eliminiamo le punizioni alle elementari, usiamo il guanto di velluto e intanto piccoli terremoti crescono. Qualche mese fa, lo studioso canadese Peter Vronsky si è domandato come mai la maggiore presenza di serial killer negli Stati Uniti sia stata registrata negli anni Ottanta. Dopo approfondite ricerche, si è dato una risposta. I serial killer, sostiene Vronsky, sono figli di padri assenti, o violenti, o spostati. Padri ritornati dalla guerra con difficoltà psicologiche gravi, incapaci di rientrare nella vita famigliare e di prendersi adeguatamente cura dei loro bambini. C'è, insomma, la dissoluzione della famiglia e, prima di tutto, della figura paterna (cioè quella che segna limiti e confini) dietro l'esplosione di violenza di certe personalità deviate.Certo, quello degli assassini è un fenomeno estremo. Ma il principio vale in ogni caso: meno autorità vuole dire più violenza, non il contrario. Lo spiega, meglio di mille saggi, un bellissimo romanzo di Herman Koch appena pubblicato in Italia. Si intitola La scuola, e racconta di un ragazzino iscritto a una scuola molto permissiva e molto buonista. Così permissiva che, alla fine, il piccolo riottoso si trova a desiderare una merce ormai rarissima da queste parti: un po' di severità.
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