2025-04-10
La vera follia europea è il Green deal che pesa 10 volte le tariffe di Trump
Tutti impazziti per la gabelle americane che secondo la Commissione varrebbero circa 120 miliardi. Intanto Bruxelles tira dritto sull’utopia ambientalista che erode all’Unione ogni anno 1.285 miliardi.i titoli gonfi di entusiasmo sull’Europa che «non si lascia intimidire», e il comunicato ufficiale è tonitruante: «L’Ue ritiene che i dazi statunitensi siano ingiustificati e dannosi, in quanto arrecano danni economici a entrambe le parti e all’economia globale», si legge nel testo licenziato dalla Commissione. «L’odierno voto di approvazione da parte degli Stati membri implica che, una volta concluse le procedure interne della Commissione e pubblicato l’atto di esecuzione, le contromisure entreranno in vigore. I dazi inizieranno a essere riscossi a partire dal 15 aprile. Tali contromisure possono essere sospese in qualsiasi momento, qualora gli Stati Uniti accettino un esito negoziato equo ed equilibrato». Bella prova di forza. Sembra dunque che siano tutti baldanzosi e pronti per giocare alla guerra, peccato che alcuni piccoli particolari siano stati, almeno all’apparenza, leggermente trascurati. Per esempio il fatto che andare in guerra con altri mentre ci si fa la guerra da soli potrebbe rivelarsi controproducente o come minimo lievemente rischioso. L’Europa, infatti, è la prima nemica di sé stessa, e non c’è bisogno di scomodare il vicepresidente J. D. Vance o qualche altro trumpiano per trovare pezze d’appoggio a questa tesi. Basta rileggere quello che non troppo tempo fa ha dichiarato Mario Draghi, niente meno. Parlando di fronte al Parlamento Europeo, sua maestà Mario ebbe a dichiarare quanto segue: «Abbiamo un mercato interno che ha una dimensione simile a quello degli Usa. Abbiamo il potenziale per agire su scala. Ma il Fmi stima che le nostre barriere interne siano equivalenti a dazi di circa il 45% per il settore manifatturiero e del 110% per i servizi». Conclusione draghiana: «Spesso siamo il peggior nemico di noi stessi». Partiamo da una evidenza: a mettere in crisi le aziende europee non sono stati i dazi di Trump. Il disastro del Vecchio continente è precedente, e non ha i colori della bandiera a stelle e strisce, bensì una tonalità più verde e triste. Sono prima di tutto le allucinanti e inutili regole pseudo ecologiste a pesare come un macigno sull’economia europea. A sostenerlo con olimpica serenità - di nuovo - non è un fan di Elon Musk o un invasato redneck, ma l’autorevole presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli, che ieri in una intervista concessa a Italia Oggi ha snocciolato alcuni dati interessanti. «Secondo la commissione europea il Green deal costa circa 1.285 miliardi l’anno, l’8% del prodotto interno lordo, il peso dei dazi è stimato tra lo 0,4 e lo 0,7%», ha detto Tabarelli. Non si tratta di numeri elencati a capocchia: a valutare il peso delle tariffe trumpiane sono stati gli esperti di Deutsche Bank. Secondo costoro, in buona sostanza, le politiche del presidente americano valgono qualcosa come 120 miliardi. Capite bene che la differenza tra il danno potenziale delle tariffe e quello concreto del Green deal è spaventosa. «Il Green deal ha posto obiettivi rivoluzionari», continua Tabarelli, «coerenti con quanto viene sostenuto dal 97% degli scienziati sul cambiamento climatico. I fossili sono la nostra fine, dicono gli scienziati, ma senza fossili non possiamo vivere, dicono i dati della realtà. Se non vogliamo morire inseguendo un sogno irrealizzabile, il Green deal va rivisto di sana pianta. Il Green deal è un manifesto rivoluzionario, ma serve maggiore realismo». Come è facile vedere, Tabarelli non è un «negazionista climatico», anzi fa suo il discorso prevalente sulla emergenza ambientale. Tuttavia ammette che, allo stato attuale, il progetto è semplicemente insostenibile. Anzi: dannoso. E non è certo il solo a pensarla così: quasi tutti i politici occidentali hanno capito che iattura siano le limitazioni ecologiche, anche se in troppi hanno ancora timore di dirlo e cercano modi più o meno ridicoli per evitare la questione. Viene dunque da chiedersi: perché giornali, TV, opinionisti e commentatori continuano a sgolarsi e a strapparsi i capelli per i dazi ma sostanzialmente tacciono oppure si limitano a critiche timide sulla mannaia verde? Proprio in questi giorni - come ha raccontato ieri Claudio Antonelli su queste pagine - Teresa Ribera, numero due della Commissione Ue ossessionata dal green - ha ribadito la necessità di mantenere gli impegni ambientali, benché si conosca ormai fin troppo bene il loro potenziale distruttivo. Ebbene, non risulta che dalla nostra stampa si siano levate grida di allarme. È pur vero che nei mesi passati abbiamo assistito a ripensamenti e a rallentamenti lungo l’impervia via pseudo ecologista, ma la volontà dei vertici comunitari pare ancora resistere. I più, tuttavia, preferiscono urlare contro i dazi, perché lamentarsi del mostro Trump sicuramente ha maggiore appeal in società.Il punto è che se davvero il Green deal servisse a salvare il mondo dalla fine annunciata avrebbe persino senso affrontare sacrifici e privazioni. Ma sfidiamo a dimostrare che le norme verdi abbiano avuto un impatto ambientale positivo. Persino gli ecologisti le criticano perché le ritengono blande e inefficaci. E allora, scusate, ma che senso ha continuare a tagliarsi le gambe per favorire un mutamento del sistema economico che, sotto la patina ecologica, nasconde la difesa di interessi opposti a quelli italiani e europei? Chissà, forse l’obiettivo è proprio l’autodistruzione. Opera a cui i contro dazi potranno allegramente contribuire.