2022-07-04
Estate con le ali spezzate. Sulle vacanze l’incubo del disastro aereo
Turisti costretti a destreggiarsi tra collegamenti saltati e rincari dei biglietti superiori al 100%. In Europa, tra luglio e agosto, rischiano di essere cancellati oltre 140.000 voli, rovinando le ferie a 1,8 milioni di passeggeri che potrebbero restare a terra.Il presidente Enac Pierluigi Di Palma: «Noi eravamo pronti alla rapida risalita del traffico, i disagi sono di importazione».L’esperto di trasporti Ugo Arrigo: «La lunga crisi ha fatto perdere quote di mercato prese da altri. Difficile trovare nuovi investitori».Lo speciale contiene tre articoliVoli cancellati, aeroporti nel caos, lunghe file ai check-in, attese di ore per recuperare le valige, ritardi a prova di pazienza salomonica. Benvenuti dell’odissea dell’estate 2022. Proprio ora che la stagione delle vacanze entra nel vivo, che l’allentamento delle restrizioni aveva fatto sperare nel ritorno alla normalità, ecco che i nodi del trasporto aereo vengono al pettine.La ripresa del turismo è andata oltre le più rosee aspettative delle compagnie e ora che ci sono le condizioni per mettere a bilancio numeri da record, mancano piloti, controllori di volo, operatori aeroportuali. Non solo. A paralizzare i cieli ci sono pure gli scioperi selvaggi. Quello che doveva essere un ritorno alla normalità è invece caratterizzato dall’avvio di una stagione di conflittualità sindacale senza precedenti che va a colpire proprio quei vettori che hanno la domanda più alta, ovvero le low cost. Si potrebbe dire che i problemi del trasporto turistico, covati sotto la cenere, stanno venendo in superficie nel momento in cui il traffico è esploso. Punto numero uno: la mancanza di personale negli aeroporti e sugli aerei. Cosa è accaduto? Seguendo la logica del massimo risparmio e non potendo applicare gli ammortizzatori sociali, la gran parte degli scali, messa in ginocchio dal crollo del traffico durante la pandemia, ha programmato un drastico taglio del personale. Stessa cosa hanno fatto le compagnie aeree. Ma come sono stati veloci a licenziare o a prepensionare il personale più avanti negli anni, non lo sono stati altrettanto a riassumere appena il vento delle prenotazioni è cambiato. Così mentre gli scali si riempiono e sulle piattaforme web piovono le prenotazioni in anticipo rispetto all’alta stagione, l’imponente macchina di gestione del turismo aereo è andata in tilt. Secondo quanto riportato dal Financial Times che ha avuto accesso a un documento dell’associazione di compagnie aeree Airlines for Europa, i problemi dureranno a lungo, per «gran parte dell’estate». Quindi non è un fatto transitorio. Alcune compagnie hanno addirittura diminuito i posti nei vettori. EasyJet, già a maggio, aveva eliminato l’ultima fila degli A319 per ridurre il personale aereo per ogni volo da quattro a tre. Il numero dei passeggeri scende così da 156 a 150 ed è rispettata la regola che a bordo ci deve essere almeno un membro del personale ogni 50 passeggeri. Le compagnie sono alle prese con la difficoltà di rimpiazzare le unità tagliate durante la pandemia. Chi è stato licenziato, nel frattempo ha trovato un’altra collocazione e le scuole di formazione per piloti e assistenti di volo, non sono un bacino al quale attingere. Durante il lockdown si sono fermate e non hanno sfornato quelle unità ora indispensabili per colmare i buchi. Le cancellazioni e i ritardi stellari si spiegano con i 2 milioni di addetti in meno con cui il mondo del trasporto aereo si trova a dover fare i conti. Lufthansa ha annunciato che a luglio cancellerà 900 voli, British Airways ha tagliato i suoi voli del 10%. Anche gli aeroporti sono stati costretti a ridimensionare l’attività. L’hub londinese di Gatwick ha ridotto del 10% i voli in tabellone per luglio e agosto e lo stesso ha fatto lo scalo olandese do Amsterdam Schiphol. Numerosi collegamenti sono saltati anche a Londra Heatrow e su Parigi Charles De Gaulle. I disagi sono amplificati inoltre dall’esternalizzazione di molte mansioni, appaltate a fornitori di servizi esterni che non riescono a compensare la mancanza di personale. Così chi è riuscito a prendere un volo pur con ritardi, all’arrivo deve vedersela con lunghe file e attese interminabili ai nastri per i bagagli.C’è poi l’incognita degli scioperi. Le compagnie, soprattutto le low cost, travolte dall’aumento del traffico, hanno messo sotto pressione gli organici ridotti all’osso dalla pandemia. La situazione, da tempo sul filo del rasoio, con l’accusa alle proprietà di applicare condizioni più attente ai costi e meno alle condizioni del lavoro, è esplosa. Il personale di Ryanair, dopo la proclamazione dello sciopero in Belgio, ha annunciato analoghe iniziative in Spagna, Portogallo e Italia per luglio e agosto.Il sindacato spagnolo ha piazzato nove giorni di stop, spalmati su tutto luglio, per il personale di cabina di Easy jet, come protesta per il mancato accordo sul contratto collettivo. Sono coinvolti 450 dipendenti con base a Barcellona, Malaga e Palma di Maiorca. Sabato scorso uno sciopero ha mandato in affanno gli scali parigini di Charles de Gaulle e Orly dove mancano 4mila addetti.La situazione è grave anche negli Stati Uniti dove il settore aereo ha perso circa 100mila lavoratori durante la pandemia. Le compagnie, nonostante il pressing dei sindacati, non stanno accelerando nella copertura degli organici perché temono la recrudescenza del virus. Secondo alcuni analisti per il ritorno alla normalità serviranno almeno 18 mesi. Cosa sta succedendo in Italia? Siccome gli hub in Francia, Uk, Germania e Belgio non riescono più a sostenere i volumi di traffico, Eurocontrol sta spostando le rotte a Sud, con maggiori attraversamenti del suolo italiano. La situazione nei nostri aeroporti è meno grave rispetto al resto d’Europa. «A differenza degli scali europei, gli aeroporti italiani stanno gestendo bene il flusso dei passeggeri in crescita, questo anche grazie al nostro sistema di ammortizzatori sociali che ha permesso di tutelare i livelli occupazionali e, non appena ce ne sono state le condizioni, di far rientrare i lavoratori» spiega il presidente di Assaeroporti, Carlo Borgomeo.L’altra faccia di questa odissea estiva è l’aumento dei prezzi dei biglietti. Le compagnie aeree mentre sono lente a rimpiazzare il personale mancante, sono state velocissime a scaricare sull’utenza i maggiori costi dei carburanti. Secondo Assoutenti i voli internazionali sono rincarati del 103,3% e quelli nazionali del 21,4%.Gli addetti ai lavori spiegano che il fenomeno è dovuto non solo all’aumento dei carburanti a seguito della guerra in Ucraina. Le compagnie sono tornate a volare dopo essere rimaste ferme per due anni e questo ha portato a rincari in tutto il settore. Normalmente le tariffe estive vengono pianificate a marzo ma la situazione si è aggravata e non era possibile alcuna stima sull’impatto della guerra.Viaggiare a queste condizioni, diventa un atto di coraggio più che un piacere. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/estate-con-le-ali-spezzate-sulle-vacanze-lincubo-del-disastro-aereo-2657602145.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-compagnie-hanno-sbagliato-le-previsioni" data-post-id="2657602145" data-published-at="1656835763" data-use-pagination="False"> «Le compagnie hanno sbagliato le previsioni» Nemmeno l’Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile) ne può più dei disagi creati dalle low cost che stanno creando problemi negli aeroporti. In un incontro ha richiamato le compagnie al rispetto degli «obblighi previsti dal regolamento comunitario nel caso di cancellazioni e ritardi, assicurando una trasparente e tempestiva informazione ai passeggeri ed una pronta e efficace assistenza, in caso di disservizi, soprattutto nei confronti di coloro con disabilità e ridotta mobilità». L’Ente ha anche sollecitato un intervento con «concrete azioni mitigative necessarie a ridurre e evitare ulteriori disservizi in relazione al crescente traffico atteso per la stagione estiva». Come dire che i passeggeri non possono diventare ostaggi delle low cost che all’ultimo momento annullano o spostano i voli senza badare alle ricadute sull’utenza. E senza preoccuparsi di mandare in tilt gli scali. «Gli hub italiani non hanno problemi di personale. I disagi sono di importazione», afferma il presidente Enac, Pierluigi Di Palma. «Gli interventi del governo durante la pandemia con aiuti al settore per 800 milioni e la cassa integrazione, hanno consentito la continuità e messo il nostro sistema nelle condizioni di farsi trovare pronto per la ripartenza». Ciò che invece non è accaduto negli aeroporti europei. «In Europa il personale è stato ridotto e ora che il traffico aereo è esploso non ci sono le forze per gestirlo. Rimpiazzare chi è stato mandato via non è facile. Ogni nuovo assunto richiede un periodo di formazione. In Italia gli aeroporti sono rimasti presidiati in modo adeguato. Noi avevamo previsto che, come è accaduto dopo l’attentato alle Torri Gemelle quando c’è stato un crollo degli spostamenti che poi sono ripresi velocemente, così dopo la pandemia ci sarebbe stata una rapida risalita del traffico. Tutti gli analisti del settore in Europa invece indicavano la ripresa non prima del 2028. Queste stime sbagliate hanno condizionato la programmazione e determinato la situazione di sofferenza che ora si è creata». Gli aeroporti però subiscono le cancellazioni delle compagnie aeree. Come vi regolate? «Sui ritardi e gli annullamenti decisi dai vettori, non possiamo farci nulla. Stiamo intervenendo per facilitare la vita ai passeggeri che arrivano di notte e non trovano i treni per andare in città. Il gestore aeroportuale si fa carico di garantire i servizi di collegamento, chiamando taxi e Ncc che ci può esserci un flusso di arrivi fuori dell’orario previsto». Quale è la situazione del traffico negli aeroporti? «Assistiamo a una fidelizzazione del turismo italiano che ha riscoperto il Mezzogiorno. Palermo, Catania, Napoli e gli scali della Puglia, hanno numeri, su base mensile, superiori al 2019. Palermo, nonostante le difficoltà legate ai lavori infrastrutturali in corso, ha segnato a maggio un incremento degli arrivi del 7% e a giugno del 4% rispetto al pre Covid. Grande movimento anche su Linate, Malpensa e Fiumicino. I disagi sono di importazione, vengono dalle low cost. È un’estate che può presentare alcune difficoltà ma in Italia meno che in Europa. Sto facendo il giro per gli scali monitorando la situazione per dare una risposta alle criticità. Se un aereo arriva in ritardo e contestualmente ne atterra un altro programmato, ci sono due aerei da servire. Si crea un picco inaspettato. Quindi le difficoltà vanno messe in conto ma grandi situazioni di criticità non ce ne sono, come organizzazione aeroportuale. Rispetto ai vettori possiamo poco. Abbiamo chiesto il rispetto del regolamento comunitario nell’informare prontamente i passeggeri». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/estate-con-le-ali-spezzate-sulle-vacanze-lincubo-del-disastro-aereo-2657602145.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="passare-da-alitalia-a-ita-e-stato-un-regalo-per-le-low-cost" data-post-id="2657602145" data-published-at="1656835763" data-use-pagination="False"> «Passare da Alitalia a Ita è stato un regalo per le low cost» «Il passaggio da Alitalia a Ita è stato un regalo per le low cost che hanno occupato subito quote di mercato. Ora la ex compagnia di bandiera è ridotta ad un ruolo così marginale che mi chiedo che interesse possa avere ancora qualcuno a comprarla». Ugo Arrigo, docente di economia politica all’università di Milano Bicocca ed esperto di trasporti, guarda con grande scetticismo all’esito della trattativa sulla cessione di Ita e sul suo futuro. «Ci sono alcuni punti oscuri. I potenziali acquirenti hanno chiesto come la compagnia ha reagito all’aumento dei costi energetici. Vogliono giustamente sapere quanto del maggior costo energetico, è stato recuperato con il fatturato. Hanno chiesto di avere accesso ai dati riservati per capire lo stato di salute reale del vettore. Finora però tutto è avvolto nella nebbia. Una cosa un po’ singolare, considerando che stiamo parlando di un’operazione che, seppur in svendita, riguarda una compagnia aerea con un passato importante». L’azienda, secondo gli ultimi dati pubblici, continua a perdere circa 2 milioni di euro al giorno. Ma non è come in passato, colpa dei trattamenti d’oro di piloti e personale di bordo. Questa volta non si può mettere sul banco degli imputati il personale. La nuova compagnia ha pochi dipendenti, con trattamenti economici e benefit all’osso e ha una cinquantina di aerei per non fare il passo più lungo della gamba. Come mai con una struttura così snella non riesce a risalire la china? Interrogativo senza risposta. Il Tesoro, che detiene il 100% di Ita, ha dato alla dirigenza tempo fino al 7-8 luglio, al massimo, per concludere l’operazione di acquisizione con la cordata italo-tedesca o con quella franco-americana. Da una parte Msc e Lufthansa, che valutano la compagnia di bandiera 1 miliardo, dall’altra il fondo Certares assieme a Delta Airlines, Air France e Klm che prezzano Ita tra i 650 e gli 850 milioni di euro. Gli acquirenti dovrebbero rilevare l’80% delle quote mentre al Mef resterebbe il 20% ma pare che il Tesoro voglia ritirarsi progressivamente. Una volta individuata la cordata, vanno messi a punto i dettagli per ufficializzare la cessione entro dicembre. Nel frattempo tra metamorfosi della vecchia Alitalia e ricerca di un partner, cosa accade sul mercato? «Il mercato non è stato fermo, anzi. Se guardiamo all’offerta delle low cost, ci accorgiamo che è aumentata del 50% rispetto al pre Covid. Questo significa che Ryanair, Easyjet, Wizzair, hanno occupato gli spazi lasciati liberi da Alitalia. L’eventuale accordo con una delle due cordate, ammesso che si raggiunga, cosa di cui dubito molto, porterà altre trasformazioni sui cieli italiani». Un vantaggio o una penalizzazione? «Ita ha ormai un ruolo così marginale sul mercato italiano e su quello internazionale che la cordata acquirente non andrà certo a investire sul nostro Paese dove le quote se le sono già spartite le low cost ed è molto difficile recuperare il terreno perso». Quindi Ita a cosa può servire all’acquirente? «Serve semplicemente ad alimentare il proprio hub oltre le nostre frontiere, cioè Francoforte, Parigi, Monaco. In sostanza gli scali di Ita servono per far confluire il traffico verso il Nord. Quanto alle rotte di lungo raggio, gli intercontinentali, non resteranno voli diretti ma si faranno scali negli aeroporti europei». Quali conseguenze per chi viaggia? «Meno collegamenti diretti e biglietti più cari. I passeggeri che si spostano sul nazionale e in Europa, è probabile che nel medio termine possano avere dei vantaggi con le low cost in espansione. Ma è un vantaggio destinato a durare poco. Non appena la domanda si intensifica i prezzi cominciano a salire e allora chi viaggia e vuole risparmiare, dovrà prenotare con largo anticipo o muoversi fuori dell’alta stagione. Ita, che già sulle tratte nazionali fa poco, in un prossimo futuro farà ancora meno. L’interesse dei nuovi proprietari sarà solo l’interconnessione degli scali italiani con quelli europei di loro controllo. Per Ita poi sta emergendo anche un problema di immagine». Problema di immagine in che senso? «Nel senso dell’affidabilità. Il punto di vantaggio rispetto alle low cost era l’efficienza, il servizio impeccabile, la sicurezza. Questo nel passato. Ora abbiamo il caso del pilota che si addormenta e non risponde alla torre di controllo, facendo scattare l’allerta nello spazio aereo francese e l’incidente all’aeroporto di New York con un velivolo che ha urtato un Air France mentre stava rullando. Dalle recensioni riportate sul sito Trustpilot, emerge che su 67 commenti nella pagina dedicata a Ita, l’82% ha valutato scarso il servizio, il 9% mediocre e solo il 9% eccezionale».
Fabrizio Pregliasco (Imagoeconomica)
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Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini (Imagoeconomica)
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