
Non hanno ucciso nessuno sotto i ferri, ma l'Ordine li punisce per le opinioni, che in teoria sono un diritto costituzionale.Un caso senza precedenti coperto da un grande silenzio. Medici sotto processo e ad un passo dalla radiazione per reati di opinione. Si è svolta un paio di giorni fa la seconda delle udienze - la terza ed ultima il prossimo 28 ottobre - del processo presso la Ceeps (Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie) ad una ventina di medici incriminati perché «colpevoli», secondo i loro ordini provinciali di appartenenza, di essere dei No vax. L'accusa sarebbe quella di aver tradito la scienza e la deontologia assumendo una posizione critica nei confronti del principio sull'obbligatorietà dei vaccini, passata con una legge nel 2017 firmata dal l'allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin.Sarà la Ceeps, cioè l'organo di giurisdizione speciale istituito presso il ministero della Salute che giudica le vicende ordinistiche delle professioni, che dovrà quindi confermare o meno le radiazioni dei medici già decise dai loro ordini. Molti di questi professionisti hanno fatto ricorso e quindi, in attesa del giudizio definitivo, continuano a esercitare la professione. Oltre ad apparire spropositato, il provvedimento di radiazione ad un medico che non ha ucciso nessuno in sala operatoria, né ha tradito il giuramento di Ippocrate, non ha precedenti. È inedito nella storia «sanitaria» italiana che si radiasse un medico perché le sue opinioni, critiche, sull'obbligo della somministrazione dei vaccini, vengono considerate antiscientifiche.Tra questi medici c'è il ginecologo Roberto Petrella, anni di attività nei consultori, radiato dall'ordine di Teramo per la sua opinione sul vaccino contro l'Hpv ovvero il Papilloma virus. C'è Roberto Gava, specializzato in cardiologia, farmacologia clinica e tossicologia medica nonché studioso di agopuntura cinese e omeopatia classica, bioetica e ipnosi medica - dell'Omceo Treviso - che non rifiuta i vaccini ma aveva espresso perplessità sulla vaccinazione indiscriminata di massa. Fra i «reprobi» pure Dario Miedico, specializzato in medicina legale e del lavoro, igiene ed epidemiologia, radiato dall'ordine di Milano del presidente Roberto Carlo Rossi, che ha messo al bando per le sue posizioni critiche sui vaccini anche Gabriella Maria Lesmo, specializzata in anestesiologia, rianimazione e pediatria. Tutti professionisti che in effetti non avevano o hanno assistiti che debbono sottoporsi a vaccini e quindi non hanno rifiutato una procedura o cura, ma hanno espresso il loro scetticismo beccandosi - oltre alla radiazione - le accuse di somaraggine del virologo televisivo Roberto Burioni.«Sono stato in audizione alla Ceeps tre giorni fa, ora vedremo come andrà a finire» dice il professor Miedico, medaglia d'oro alla carriera: «Per fortuna ho un avvocato costituzionalista del calibro di Valerio Onida, quindi per chi mi giudica scrivere la sentenza sarà molto dura. Nel frattempo continuo ad esercitare, se invece sarà confermata la radiazione non potrò più farlo finché non si pronuncerà la Cassazione dove io farò sicuramente ricorso. Certo i tempi si allungano e io non potrei permettermelo». I suoi 80 anni però non lo frenano, tanto da ritenere «vergognosa questa radiazione dell'ordine di Milano. Hanno difeso il medico della clinica Santa Rita, condannato in via definitiva a 15 anni di carcere per le lesioni procurate a decine di suoi pazienti che venivano operati anche inutilmente solo per motivi economici, ed io non solo vengo radiato ma l'altro giorno l'ordine, unico a farlo, ha mandato un avvocato alla Ceeps per fare un'arringa contro di me». L'anziano medico milanese si dice indignato ma anche divertito, soprattutto quando per offenderlo lo chiamano «medico No vax». E aggiunge: «Io non sono un No vax ma sono un medico per la libertà di scelta terapeutica contro ogni obbligo. Gli obblighi sono la negazione della medicina che deve tutelare la salute. Non c'è perdita maggiore della perdita della libertà di scelta». Forse in altri regimi una censura così importante è possibile, ma nel nostro Paese fa davvero riflettere anche perché dopo la legge Lorenzin sui vaccini fu approvata - a fine dicembre 2017 - una legge sul consenso informato che stabilisce, cioè, l'obbligo di sottoporre qualsiasi trattamento sanitario, quindi anche i vaccini vaccini, al «consenso libero e informato della persona interessata». Peraltro, a parte la nostra Costituzione che tutela le opinioni personali, lo stesso ministro della Salute, Roberto Speranza (al governo con il M5s che a suo tempo era praticamente No vax), a proposito del possibile obbligo del vaccino antinfluenzale e, quando sarà, anti coronavirus, ha detto chiaramente: «La mia impostazione di oggi non è di natura securitaria che punta sulla obbligatorietà. Dobbiamo costruire un rapporto di fiducia con i cittadini». Gli applausi sui balconi e nelle strade ai medici in trincea contro il coronavirus sono ormai un ricordo. È tornata la sfiducia dei pazienti ed aumentano i contenziosi legali da parte dei cittadini, ma non solo, i medici devono stare attenti anche alle «punizioni» degli ordini in cui sono iscritti.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





