2024-04-18
Gli allevatori vittime degli espropri: «Le pale stordiscono il bestiame»
Le storie degli imprenditori agricoli che si sono visti togliere i terreni da aziende private per colpa di Draghi. Piaga a cui si aggiunge quella della desertificazione: pagati affitti record per trasformare i campi in impianti.C’è chi ha appreso che il proprio terreno agricolo sarebbe stato espropriato da un trafiletto sulla stampa locale. Chi ha visto spianare sentieri tra le campagne delle Langhe, patrimonio naturalistico che non ha eguali, trasformati in autostrade per lasciar passare i mastodontici impianti eolici. Aziende che giustificano tali stravolgimenti dicendo che offrono nuove possibilità di accedere a luoghi prima inaccessibili a chi fa sport o cerca esperienze turistiche alternative. Poco importa se il bestiame è stordito dal rumore delle pale e gli allevatori sono costretti a cambiare meccanismi secolari di cura degli animali. E dove non arrivano gli espropri, c’è la piaga degli affitti a colpi di migliaia di euro che desertificano campi fertili. È l’altra faccia della transizione eco, con gli espropri di campi coltivanti fatti da privati a danno dai privati grazie alle modifiche introdotte dal governo Draghi. Michele Fossa, un’azienda a Sassoferrato, Comune in provincia di Ancona, nelle Marche, un giorno, leggendo la stampa locale, scopre su un trafiletto di annunci che la sua azienda è a rischio di esproprio. «Ho visto il mio nome in un elenco di proprietari terrieri coinvolti dalla costruzione di un impianto fotovoltaico. Nel mio caso si tratta di potenziare una linea elettrica con pali di maggiori dimensioni che dovrebbero trasportare l’energia prodotta dal fotovoltaico nelle vicinanze. Coltivo cereali, ho paura del futuro». Gli agricoltori del luogo speravano che, se non il rispetto per il paesaggio, almeno avrebbero funzionato i vincoli archeologici. Invece, a quanto pare, dice Fossa costernato, «pare che le aziende del mega progetto abbiano le chiavi per scardinare tutti i divieti. A qualche centinaio di metri dall’impianto fotovoltaico c’è la chiesa di Sant’Ugo del XVIII secolo». Fossa spiega che il bene storico «si trova a circa 250 metri da un impianto fotovoltaico già installato e a meno di 500 metri dai nuovi previsti nel progetto. Il decreto legislativo 199 del 2021 dice che gli impianti eolici devono stare a una distanza di 3 chilometri e quelli fotovoltaici di 500 metri dal perimetro dei beni sottoposti a tutela». Prima che arrivino le carte bollate, gli animali hanno già avvertito il pericolo dello stravolgimento del territorio. Donato Pastore è un allevatore della Tuscia, ha un podere a Piansano, un Comune della provincia di Viterbo. «È stata avviata la procedura di esproprio di parte della proprietà per far passare la linea elettrica che trasporta l’energia degli impianti fotovoltaici limitrofi. Il progetto di un grande polo energetico risale all’amministrazione Marrazzo. Ci sono 21 torri eoliche: il rumore è costante, perfora il cervello». Pastore dice che anche il suo gregge ne risente. «Lo stravolgimento dell’ambiente impatta sugli animali. La vita sotto le pale è impossibile. Anche le mie pecore se ne accorgono. Quando 15 anni fa ci siamo opposti, ci dissero che l’eolico avrebbe portato turismo. Ma piloni alti 140 metri, sulla caldera del lago di Bolsena, sono un pugno in un occhio. Tanti agricoltori si sono lasciati convincere dai soldi e hanno venduto le terre». Anche lei farà lo stesso? «Sto pensando di smettere l’attività. Sono un pastore e se per accudire le pecore devo chiedere il permesso alla ditta dell’impianto elettrico, allora meglio smettere». Alcuni progetti, per essere più digeribili per la popolazione locale, prevedono delle posticce forme di mimetizzazione con l’ambiente. «Le chiamano opere compensative paesaggistiche. Ovvero piantano un paio di alberi, mettono un po’ d’erba sui versanti scavati e rivestono di finta pietra le stazioni delle pale eoliche. Patetici tentativi di far ingoiare il boccone amaro della devastazione ambientale» afferma Nadia Brignone, coinvolta in prima persona dal rischio di un esproprio per lasciar passare una strada di accesso a un impianto eolico. Siamo in Piemonte, in località Montecerchio nelle Alte Langhe, meta turistica di grande richiamo. I terreni del suo compagno, diversi ettari collinari, sono coinvolti insieme con quelli di un centinaio di altri proprietari terrieri da un mega progetto di energia alternativa. «I sentieri verrebbero spianati per costruire una pista larga quasi come un’autostrada in modo da lasciar passare le pale. L’impianto eolico prevede sette strutture gigantesche su una zona con vincolo idrogeologico. Dovrebbero rispettare una distanza fissata per legge dai beni storici tutelati ma se ne infischiano. Ci sono i resti della Torre dei Del Carretto del 1200, una torre saracena e un convento francescano. Le pale, posizionate sulle colline, si vedrebbero da tutta l’Alta Langa. Il terreno è fragile e a rischio di frane». Poi la Brignone sottolinea che il progetto «è stato presentato da una piccola società, la Windtek, di recente costituzione». Nella relazione di studio di impatto ambientale, come riportato dalla Voce di Genova, viene sottolineato che la collocazione degli aerogeneratori in questi territori potrebbe stimolare una riflessione sull’utilizzo delle nuove strade realizzate, offrendo maggiore accessibilità a luoghi spesso frequentati da sportivi e anche da curiosi in cerca di nuovi scorci ed esperienze turistiche alternative. Insomma, le pale farebbero bene al turismo...Dal Piemonte alla Puglia. Roberta De Quarto è un viticoltore con azienda a Lizzano, in provincia di Taranto. «Rischio di perdere una porzione del terreno per l’installazione di una pala eolica, parte di un progetto che prevede nella zona 14 strutture. Anche se l’esproprio riguarderebbe solo l’area attorno all’impianto per noi il danno è enorme. Non so come reagiranno i turisti che vengono in azienda ad acquistare il vino e si trovano davanti una colonna di cemento alta come un grattacielo che emette un rumore assordante».Fare causa contro l’esproprio o arrendersi? Franco Calderone, con un’azienda a Santa Cristina di Gela, 50 chilometri da Palermo, aveva pensato di rivolgersi a un avvocato «ma le spese sarebbero state superiori ai vantaggi. Ho subito l’esproprio di un’area per impiantare una pala eolica e non mi hanno mai pagato». Spiega la situazione nel Palermitano. «Le società di fotovoltaico si servono di procacciatori di affari che cercano di strappare agli agricoltori contratti di affitto ventennali dei terreni dove posizionare gli impianti. Fino a qualche anno fa l’offerta era di 600 euro l’ettaro l’anno, ora si è arrivati a 3.500 euro. In agricoltura non si guadagna, le spese sono aumentate e se viene qualcuno che mette sul tavolo soldi sonanti è difficile tirarsi indietro. Da Camporeale a Trapani hanno già dato in affitto 1.500 ettari».
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