2024-06-16
Enzo Fusco: «Uniamo i vestiti militari allo stile della città»
Il patron di Fgf Industry: «Prima Blauer si dedicava ai giubbotti della polizia, adesso siamo “quelli dei piumini”, diventati capi insostituibili come il denim. Il punto di forza di Ten C è il jersey giapponese, un tessuto che più si indossa e più diventa bello».«A ogni stagione cerchiamo di far diventare materiali e tendenze il più Blauer possibili», parola di Enzo Fusco, designer imprenditore, presidente di Fgf Industry che comprende i marchi Blauer, Ten c e Bpd e che guida tutt'ora con la famiglia. «Abbiamo riproposto la linea police, molto raffinata, piace molto. Più tecnica, in nylon stretch di diversi pesi, compresa la camicia ultralight». In pratica, la storia. «Esatto, abbiamo iniziato con Blauer, 25 anni fa, con i giubbotti della polizia. Siamo andati avanti dieci anni con questo filone che andava benissimo, per poi introdurre il piumino che ha superato oltre il 60% delle nostre vendite invernali. Siamo diventati “quelli del piumino” e non quelli della polizia americana. La partenza era lì e per questo siamo tornati a farlo. Il piumino è un po’ come il denim, insostituibile, ma si ha anche voglia di mettere un cappotto e qualcosa di diverso. In più con questi climi ci si veste a strati, un gilet, un giubbotto in pelle e uno di jeans». A proposito di clima, quanto influisce sulle vendite? «Le aziende nel futuro, ma anche ora, devono iniziare a inserire nelle collezioni pesi diversi perché i consumatori hanno esigenze differenti. Attualmente fa freddo tre mesi l’anno, perciò si è creata la tendenza di acquistare e indossare i cosiddetti capi «furbi», che sono confortevoli e funzionali». L’imprinting di Blauer è quello militare? «Sì, ma un militare da città, metropolitano, non è cattivo. Difatti oltre al Police c’è la linea Department che è il militare gentiluomo. Queste sono le due novità. La pelle la facciamo sempre e cerchiamo di farla sempre meglio, una volta lavata, una volta tinta. Tutto il mondo kway sta funzionando molto bene, sempre per la questione dei pesi. Ne abbiamo fatti di diverse lunghezze e perfino in una versione stretch, più femminile, finita anche negli impermeabili». Sempre più total look? «Certo, perché a differenza di tanti marchi, noi vendiamo un sacco di t-shirt, di polo, tante felpe». Venticinque anni di Blauer, cosa ha fatto scattare la scintilla dell’acquisizione? «Noi abbiamo il 50% del marchio e l’altro 50% resta nelle mani della famiglia Blauer di Boston. La folgorazione sono stati proprio i capi della polizia, importati un amico di Treviso. Me li aveva fatti vedere, li trovavo belli ma duri, con difetti nella vestibilità. Andai a trovare la famiglia Blauer, mi presentai e chiesi una licenza, tanto per testare il prodotto. Me la diedero per tre anni e andò abbastanza bene tanto da rinnovarla per altri dieci. Prima della scadenza dei dieci parlai chiaro, il marchio l’avevo inventato io e ora o lo vendevano o me ne davano una parte. Alla fine mi diedero il 50%». Quanti negozi ha Blauer? «Di clienti oltre 500, di propri e franchising siamo sulla quindicina. Nuove aperture a Torino, Verona e probabilmente Bari». Nella galassia di Fgf c’è anche Ten c, marchio di alto pregio. «Comprai da Rivetti il marchio Cp Company un po’ di anni fa, tenuto in vita e rilanciato. Un cinese mi fece una offerta alla quale non potevo dire di no. Se devo essere sincero il detto “vendi e pentiti” è vero perché un po’ mi son pentito. Nello stesso tempo avevo questa idea di Ten c e con i designer che lavoravano con me su Cp Company, abbiamo creato questo marchio. Come in tutte le cose per lanciare un marchio non basta un anno e non ne bastano due, ci vogliono tanti soldi e tanto tempo. Però sono soddisfatto, oggi Ten c è nelle migliori boutique del mondo. Un marchio più alto di Cp dato che la distribuzione è più alta. Il fatto di avere due marchi, uno medio/alto e uno alto compensa molto».La particolarità di Ten c? «L’OJJ, l’Original Japanese Jersey (jersey di poliestere), il tessuto che caratterizza il marchio e che richiede un processo di tintura in capo molto particolare, difficilissimo da trattare, elemento distintivo del brand. La particolarità di questo tessuto è l’essere una fibra dall’altissimo grado di imprevedibilità quando sottoposto a tintura sotto pressione a 130 gradi e per questo è necessaria la presenza umana per garantire un controllo di qualità capillare. Siamo riusciti a fare quasi un total look e vediamo che a ogni stagione raddoppia».
il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi (Ansa)
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Donald Trump (Getty Images)
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