Letta, l’ossessionato preside del Pd che sbaglia tutte le priorità del Paese
Per evitare qualsiasi tipo di fraintendimento intendiamo chiarire subito che in questo articolo ci occuperemo di Letta-nipote e non dell'inossidabile - e che richiederebbe un discorso ben più ampio e articolato - Letta-zio. E per essere ancora più specifici ci occuperemo del giovane Enrico e non del sempre verde Gianni.
E vogliamo subito dire che Enrico Letta al suo ritorno dalla lunga permanenza a Parigi - presso la scuola di Affari internazionali dell'Istituto di studi politici di Parigi - ci è apparso (senza alcun riferimento mistico né in sogno) come se fosse un po' incattivito, corrucciato, ancora in qualche modo in una convalescenza non risolta dal famoso «stai sereno Enrico» col quale Matteo Renzi più o meno candidamente lo liquidò dalla presidenza del Consiglio, come tutti ricorderete.
Se dovessimo ricorrere a un'immagine diremmo che Enrico Letta ci pare un po' il preside del Pd. Ve li ricordate i vecchi presidi delle scuole di una quarantina di anni fa? Generalmente erano nel loro parlare molto retorici e generici, difficilmente andavano al punto. Erano puntigliosi nelle piccolezze e raramente di sostanza nelle questioni più rilevanti. Si occupavano di tutto e contemporaneamente di nulla salvo formulare richiami, fare ramanzine e talora comminare sospensioni. In quest'ultima parte Letta-nipote, l'Enrico, ha provato a fare una ramanzina a Mario Draghi ma ha preso una ciabattata in pieno volto che poteva rendergli il naso da gentile quale ora ha, a uno simile a quello di Mike Tyson. Per quanto riguarda i richiami e le possibili sospensioni, invece è attualmente il compito che svolge con maggiore frequenza e in direzione univoca e direi unica: Matteo Salvini. Qui la questione pare di tipo ossessivo, cioè si manifesta sotto forma di - appunto - giudizi, richiami, appelli, reprimende, ammonizioni e fervorini che paiono quasi ormai superare la sua volontà anche per la ripetitività dei medesimi. Forse Letta-nipote pensa di poter costruire o ricostruire una identità politica del Pd (e ne ha bisogno come il deserto dell'acqua) sulla distruzione di un nemico parlando dei difetti del quale si presuppone che le virtù contrarie a tali difetti appartengano tutte a quello che scaglia le invettive. Ora consigliamo a Letta-nipote di rivolgersi al Letta-zio per un breve ripassino della recente storia del ventennio berlusconiano nel quale la sinistra e affiliati vari (girotondi, giornaloni e affini) provarono a far lo stesso con Silvio Berlusconi e, di fatto, ottenendo il risultato opposto: il consolidamento politico del Cavaliere, la crescita del suo consenso popolare, ma soprattutto il radicarsi progressivo e sempre più profondo del suo rapporto con un vasto gruppo di elettori. Tant'è che il Cavaliere è tuttora sulla piazza e con un ruolo tutt'altro che secondario. Ci pensi Letta-nipote, si consigli come si farebbe con un padre spirituale con il Letta-zio, e quest'ultimo lo aiuti nel discernimento prima che il nipotino si avventuri verso il burrone. A dire dai consensi ci si sta avvicinando alla velocità che ci ricorda quelle scene dell'indimenticabile film Gioventù bruciata dove si assiste alla famosa prova di coraggio (la cosiddetta chicken run) che consiste nel gettarsi fuori dalla macchina prima che questa precipiti nello strapiombo. Del resto, la scala di priorità Letta-nipote non tardò a dimostrarla quando il 14 marzo 2021 disse che era cosciente che non serviva un nuovo segretario (ma per spirito evidentemente missionario vi si candidò) ma che serviva un nuovo Pd. A oggi il nuovo segretario lo abbiamo visto mentre forse per distrazione il nuovo Pd ci sfugge. Disse anche che esisteva un problema perché lì c'era lui e non una segretaria donna. Nella stessa occasione lanciò l'iniziativa del voto ai sedicenni e poco dopo dello ius soli che, con tutta franchezza, non apparvero a nessuno - ivi compresa la maggioranza del Pd - come le priorità essendo in piena crisi del Covid-19.
Per quanto riguarda il futuro il 17 aprile 2021 sostenne che l'obiettivo era arrivare alle politiche del marzo 2023, era costituire un nuovo centrosinistra guidato da noi (cioè da lui) e costruito intorno a noi (copyright di Ennio Doris per Banca Mediolanum) che avrebbe dialogato con il M5s. Dove debba allargarsi il centrosinistra non è chiaro salvo che il giorno prima affermò che non escludeva alleanze con Berlusconi che, nonostante i diversi acciacchi, non ci risulta che tra di essi compaia uno spostamento a sinistra non soffrendo di scoliosi alla colonna vertebrale. Per quanto riguarda poi il M5s, ormai vista la loro situazione, penso che quando sentono parlare Letta di loro pongano mano a oggetti di metallo o corni o altre cose del genere.
Il 27 aprile sostenne che l'Europa sulla finanza ormai aveva imparato la lezione, dopo la pandemia, mettendo in campo il Recovery plan e che questo strumento doveva essere reso permanente accanto al bilancio dell'Unione europea come un motore di risorse per grandi obiettivi. In questo caso la figura retorica utilizzata si chiama panegirico, cioè un discorso di tipo encomiastico che non tiene conto delle problematiche enormi che tutto questo comporta ma che va solo ad elogiare la cosa in sé. Il 12 giugno per l'uccisione di Saman (speriamo sempre e contro ogni ragionevolezza che sia viva) disse che si trattava di femminicidio e non disse una parola sull'islam. Come se la questione non riguardasse anche problemi interni alla comunità islamica e all'interpretazione errata del Corano.
Raramente ci ricordiamo di aver sentito Letta parlare di ristoratori, albergatori, scarsità degli aiuti alle persone in crisi occupandosi di quanto è stato speso (svariate decine di miliardi di euro) ma mai degli spiccioli che sono arrivati nelle tasche degli imprenditori di questa cifra enorme.
Ecco perché ci è venuta in mente la figura del preside, il preside del Pd. E sì che il giovane Letta ha studiato molto, ha fatto esperienze istituzionali nazionali e internazionali praticamente a ogni livello. Forse ha avuto la sfortuna di arrivare in Francia al momento in cui il Paese era presieduto dal più velleitario dei presidenti dal dopoguerra a oggi e non vorremmo mai che tale presidenza lo avesse anche minimamente influenzato. Comunque, data l'età, ha ancora tempo e modo di rimediare.
Auguri.





