2025-02-06
L’occupazione si crea consumando energia
L’addio di Trump alle politiche verdi ribalta il paradigma sbagliato imposto della transizione ecologica.Non ho parole. E son sicuro resterete anche voi ammutoliti scoprendo che il presidente del Paese più ricco del mondo sia ridotto a doversi preoccupare di lasciar libertà ai propri concittadini sul tipo di scarico per water o di telefono da doccia da installare in bagno. Come sapete, fin dal primo giorno d’insediamento, Donald Trump ha firmato decine d’ordini esecutivi. La frase di quelle disposizioni che più d’ogni altra m’è saltata all’occhio (e allo stomaco) è stata questa: «È politica degli Stati Uniti d’America salvaguardare la libertà del popolo americano di scegliere lampadine, scaldabagni, toilette e telefoni da doccia…». Arricchito da altre sorprese, l’elenco che leggiamo dà la misura più tangibile del livello di esasperazione cui l’amministrazione precedente deve aver portato gli americani. Ci fosse stato, in quell’elenco, anche il taglio dei capelli, avremmo detto di essere in Corea del Nord. Senza il taglio di capelli, avremmo potuto confonderci con la Ue della Ursula von der Leyen. Facezie a parte, il fatto è che nell’attesa di porre fine alla guerra in Ucraina, con Donald Trump l’America pone fine a quella ai combustibili fossili. Gli Stati Uniti devono far crescere la loro economia e mantenere i posti di lavoro. Negli ultimi anni, il Paese ha aderito ad accordi e iniziative internazionali che non perseguono né i propri obiettivi economici e ambientali, né la politica di anteporre avanti a tutto gli interessi dell’America, che è la politica di Trump. I cui primi provvedimenti di rimedio sono stati il ritiro dagli Accordi di Parigi, la revoca «immediata» di qualsiasi impegno finanziario nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, e lo scioglimento del Gruppo di lavoro sul costo sociale del carbonio. Come seconda mossa, la Casa Bianca ha dichiarato per il settore energetico lo «stato di emergenza nazionale», causata dalle politiche dannose e poco lungimiranti della precedente amministrazione: l’inadeguatezza dell’approvvigionamento energetico e delle infrastrutture provoca e peggiora gli alti prezzi dell’energia che devastano gli americani. L’approvvigionamento energetico a buon mercato e affidabile - riconosce il neo presidente - è un requisito fondamentale per la sicurezza nazionale ed economica di qualsiasi nazione. E gli Stati Uniti hanno il potenziale per utilizzare le proprie risorse energetiche non ancora sfruttate e per vendere agli alleati e ai partner internazionali una fornitura di energia affidabile, diversificata e conveniente: ciò creerebbe posti di lavoro, insiste Trump. Questa è un’affermazione particolarmente interessante: qui da noi - nella stravagante Ue - è da 20 anni che siamo convinti che è con la produzione d’energia che si creano posti di lavoro e che il consumo d’energia debba esser visto come il fumo negli occhi. Invece è l’opposto: i posti di lavoro si creano non producendo ma consumando energia. E l’America è benedetta da ampia disponibilità d’energia, e ora finalmente Trump intende usarla senza rimorsi. Anzi. E lo mette nero su bianco: «Per “energia” si intende petrolio, gas naturale, carbone, uranio». Povera Greta Thunberg, la bellezza delle sue fissazioni, come quella di un fiore di bosco, è svanita come svanisce, al mattino, la sbornia della sera prima.«Benedetta» è la precisa parola usata da Trump, evidentemente ben convinto di dover ringraziare Dio di essere noi nati nell’era dei combustibili fossili. Altro che «brutti, sporchi e cattivi» come sono apostrofati da questo lato dell’Atlantico. «È nell’interesse nazionale liberare le risorse energetiche americane affidabili e a buon mercato», scrive Trump. E cancella in un batter d’occhio tutte le norme precedenti che elargivano sussidi ingiusti (per esempio all’autotrasporto elettrico; o alle tecnologie alternative, come la generazione eolica) e altre distorsioni di mercato mosse dalla pretesa di voler affrontare la crisi climatica o disporre di auto presunte «pulite». Insomma, Trump pone la pietra tombale su quel Green new deal per il quale la nostra Ursula continua imperterrita a dar di matto. L’ultima parola la uso nell’accezione usata da Albert Einstein, che la riservava a coloro che, ripetendo sempre la stessa azione, si aspettano di ottenere, prima o poi, risultati diversi. Dicono Ursula e i suoi sodali: se il primo trilione di euro non ha abbattuto le emissioni (anzi esse sono aumentate), sarà il prossimo trilione a farle abbattere. Nel porgere i migliori auguri al presidente americano, non nascondiamo la consapevolezza di quanto piena di insidie sia l’impresa che si è prefisso di affrontare. Per dire: appena il 17 ottobre scorso, Oxfam international pubblicava un rapporto che rivela che 41 miliardi di dollari di finanziamenti per il clima della Banca mondiale - quasi il 40% di tutti i fondi per il clima erogati dalla Banca negli ultimi sette anni - non sono stati rendicontati. Non esiste una traccia scritta che riveli dove sono finiti i soldi o quali sarebbero stati i risultati raggiunti. Ecco: capite bene che, stando così le cose, possiamo solo confidare che Trump sia ben consapevole che i nemici van combattuti uno alla volta.
Pier Luigi Lopalco (Imagoeconomica)
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo