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Energia, Draghi va in Congo in cerca di nuovo gas. Ma Eni lo estrarrà con la russa Lukoil

Energia, Draghi va in Congo in cerca di nuovo gas. Ma Eni lo estrarrà con la russa Lukoil

Il gas estratto in Congo per sostituire Mosca verrà estratto con i russi

La missione partirà la mattina di mercoledì 20 aprile, quando il premier italiano Mario Draghi atterrerà nella Repubblica dell'Angola per incontrare il presidente Joao Manuel Gonçalves Lourenço.

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Mai dire Blackout | 2035, le illusioni perdute

Trump blocca il petrolio del Venezuela. Domanda elettrica, una questione di sicurezza nazionale. Le strategie della Cina per l’Artico. Auto 2035, l’Ue annacqua ma ormai il danno è fatto.

Gli asset congelati utili a negoziare
Vladimir Putin (Ansa)
Le riserve, immobilizzate ma ancora disponibili, sono una leva per avere peso al tavolo. Scopo finale della strategia: contenere Putin evitandone il tracollo, per noi rischioso.

L’impiego dei beni finanziari sovrani della Russia giacenti nell’Ue (circa 210 miliardi di euro) per un sostegno diretto alle spese difensive dell’Ucraina sarebbe stata una strategia sbagliata e controproducente per gli europei. Invece la decisione di prestare 90 miliardi di euro a Kiev ricavati da debito comune europeo, non toccando per il momento i beni russi pur restando questi non utilizzabili da Mosca, è stata una decisione realistica. Qui i motivi tecnici e una bozza collegata di scenario lungo.

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In Francia e Germania crolla il consenso per gli aiuti. Il 75% dei tedeschi boccia Merz, fautore della «rapina» a Mosca, scongiurata ad alto prezzo. Solo la stampa loda Bruxelles. Che forse smetterà di sabotare il dialogo.

I 90 miliardi di prestito, anzi, di regalo all’Ucraina, poiché sono soldi che non rivedremo mai, rappresentano il prezzo da pagare per aver schivato la masochistica confisca degli asset russi congelati. La cupio dissolvi dell’Europa è una patologia talmente avanzata, da richiedere cure costosissime: 220 euro a testa, compresi i 3 miliardi di euro l’anno di interessi sulle obbligazioni emesse per finanziare Kiev, che inizieranno a gravare sul bilancio dell’Unione dal 2028. Il tutto, infrangendo un tabù - quello del debito comune - che era rimasto intangibile persino di fronte alle esigenze di finanziamento della sanità, delle pensioni e del welfare nel Vecchio continente. Il tutto, al solo scopo di tenere in piedi una nazione che ha perso la guerra e che, comunque, non ha risolto il problema del suo fabbisogno di cassa: nel 2026 le serviranno 71 miliardi, noi gliene garantiamo 45, ossia la metà della somma biennale stanziata dal Consiglio nella notte tra giovedì e venerdì. Volodymyr Zelensky, ieri, è stato chiaro: il denaro sarà restituito «solo se la Russia pagherà le riparazioni necessarie». A Roma direbbero: ciao, core

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