2023-03-30
Quello che Carrère non capisce del Bataclan glielo spiegò Camus sulla «Verità»
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Parigi, commemorazione delle vittime del Bataclan (Ansa)
Nel libro V13, il francese fa un viaggio nell’orrore degli attentati del 2015. Proprio lui che, polemizzando con l’amico scrittore, difese le buone ragioni della «convivenza».V13, l'ultimo libro dello scrittore francese Emmanuel Carrère, sta scalando le classifiche. Il titolo è criptico, ma il suo significato è tragicamente didascalico: V sta per venerdì e 13 indica il 13 novembre 2015, ovvero il giorno degli attentati terroristici di Parigi che fecero 130 morti e oltre 350 feriti. Carrère ha seguito il processo e ha messo su carta con prosa asciutta le testimonianze di chi quella sera era presente ed è sopravvissuto. È un viaggio senza fine nell'orrore, descritto nei minimi dettagli: sensazioni, odori, rumori, dolori, parole. E ovviamente fiumi di sangue. Un testimone racconta di come uno degli attentatori del Bataclan abbia provato a spiegare, nel mezzo della mattanza, le ragioni di quel gesto, riconducendolo alle azioni criminali dell'Occidente in Siria: «Ha tenuto quel discorsetto sulla Siria come se non gliene fregasse niente, come se avesse imparato a memoria una lezioncina a cui non credeva; l’unica cosa che li eccitava era spararci addosso».Da cosa deriva quell'eccitamento, quella gioia sadica di uccidere come cani dei propri coetanei, gente con cui si condivide uno stesso Paese e spesso anche le stesse abitudini (dato che i jihadisti vengono quasi sempre dalla strada e, prima di diventare soldati di Allah, sono spesso giovani occidentali qualsiasi)? Ecco, probabilmente, una domanda a cui Carrère non sa rispondere. Anche perché il retroterra di quei massacri, che è il caos etno-religioso generato dall'immigrazione, gli sfugge completamente.In tal senso, sarà interessante andarsi a rileggere una polemica politico-intellettuale di qualche anno fa, in cui peraltro c'entra anche La Verità. Nella raccolta Propizio è avere ove recarsi, infatti, Carrère ha inserito anche una lettera a Renaud Camus, lo scrittore che ha forgiato la categoria della grande sostituzione di popolo. Camus è stato in passato un celebrato scrittore (scrittore lo è ancora, celebrato molto meno) e conosce da tempo Carrère. La lettera è di conseguenza molto amichevole. Tutto nasce dalla richiesta di Camus, che chiedeva all'amico un testo per il suo piccolo Parti dell'In-nocence. Carrère gli ha risposto con una paternale. «Sono d’accordo, pressappoco, con tutto ciò che dici», gli scriveva, «per la semplice ragione che sei tu a dirlo, spiegarlo, precisarlo, sfumarlo, e che quello è il barometro del tuo spirito e non la voce della verità. Non sono d’accordo con niente di ciò che dice il tuo partito, anche quando ripete parola per parola ciò che hai detto tu. Anche e soprattutto quando una qualche piccola parte di me è d’accordo». Poi entrava nel merito della questione della sostituzione: «Al mondo siamo in sette miliardi, chiaramente un numero troppo alto», quindi «la situazione non potrà che peggiorare, con il risultato, concordo con te, che la vita sarà per forza di cose meno dolce, i vicini più numerosi, più rumorosi, più molesti, ma a parte augurarci una catastrofe che elimini i tre quarti del pianeta (e di appartenere al quarto restante) che diamine possiamo fare se non stringerci per lasciare un po’ di spazio agli altri?». Il ragionamento di Carrère si riassumeva in una metafora: «Se domani un decreto mi ordinasse di occupare con la mia famiglia soltanto una stanza di questo bell’appartamento e di cedere le altre a quelle orde di curdi o di afghani accampati per strada, quattro piani più in basso, lo troverei estremamente sgradevole, cercherei di andarmene e di organizzarmi altrove, se ancora fosse possibile, una vita più consona ai miei gusti, ma non arriverei a considerare ingiusto quel provvedimento che mi danneggia. Non essendo completamente pazzo, però, so che la giustizia è meno importante degli interessi e dei rapporti di forza, e che, se dal loro punto di vista i dannati della terra hanno ragione di assediare i nostri asili beati, noi, da parte nostra, abbiamo ragione di difenderli palmo a palmo. Ma penso che l’argomento: “Questa è casa mia, non casa tua” sia fondato, per così dire, su princìpi etologici (Konrad Lorenz, le oche selvatiche, il branco e così via...), non su una buona giustizia, e ancor meno su una buona giustizia globale».L'idea che l'immigrazione vada affrontata semplicemente «stringendosi un po’» e affrontando fatalisticamente vicini troppo rumorosi che cucinano spezie aromatiche, per quanto si voglia disincantata e realistica, è in realtà terribilmente ingenua. Anche perché se non ragioni tu secondo gli imperativi territoriali di Lorenz, lo faranno comunque loro, gli ospiti dell'«appartamento». Ad ogni modo, quando Propizio è ove recarsi uscì in traduzione italiana, Camus rispose a un invito della Verità e pubblicò sul nostro giornale la sua risposta. Per Camus, con il ragionamento di Carrère «siamo al cuore stesso di quell’ideologia sostituzionista che vuole convincere gli indigeni europei che hanno il diritto e la morale contro di sé. Possono puntare i piedi, se vogliono, ma sanno bene, al fondo di se stessi, che il loro dovere è di andarsene. E perché è loro dovere? Perché sono meno numerosi. Se giù da basso, per strada, c’è una famiglia con 17 bambini, chi ne ha solo due deve abbandonare il suo grande e bell’appartamento così luminoso, o almeno installarsi in una parte di esso e cercare di farsi dimenticare».Per Camus, questa ideologia è comunista in un senso molto peculiare: «Ho definito il sostituzionismo, l’ideologia della sostituzione generale, come il comunismo del XXI secolo. La legittimazione, ad opera degli europei stessi, del proprio crollo, è esattamente l’equivalente dell’autocritica staliniana. La Grande Sostituzione è un lungo processo staliniano del periodo delle purghe. Emmanuel Carrère ci spiega perché dobbiamo scomparire, perché siamo colpevoli di esistere e di occupare troppo spazio sul nostro territorio di sempre. […] Di passaggio, e molto significativamente, egli abolisce il diritto di proprietà, questo fattore non sopportato dalla coscienza giuridica moderna. Gli appartamenti, a sentir lui, vanno a coloro che hanno il maggior bisogno. Ancora un punto in comune tra sostituzionismo e comunismo. [...] È l’occasione di ricordarci che il diritto di proprietà, malgrado la sua cattiva reputazione, è sempre stato considerato un elemento costitutivo della civiltà, della libertà e persino dei diritti dell’uomo - e ciò tanto per i popoli che per gli individui». Ma questo Emmanuel Carrère non potrà mai capirlo.
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.