
L'inchiesta a Foggia. Coinvolti anche un ex parlamentare Udc e il figlio. Ma lo scambio di favori non si sarebbe consumato.Il do ut des nella Sanità pugliese costa un'accusa di corruzione al governatore Michele Emiliano. La Procura di Foggia sostiene che Emiliano abbia «venduto» le sue «prerogative istituzionali» per piazzare un uomo segnalato da un ex parlamentare dell'Udc e da suo figlio consigliere regionale dei Popolari in capo a un Asl. In cambio, il governatore pugliese avrebbe chiesto il sostegno elettorale di un uomo della sua filiera politica, Francesco Miglio, candidato sindaco a San Savero, paesone del Tavoliere a 20 minuti da Foggia. Nero su bianco i magistrati foggiani hanno scritto in un capo d'imputazione provvisorio le accuse nei confronti dell'ex collega in aspettativa per ragioni politiche. Emiliano, insieme all'assessore regionale al Welfare Salvatore Ruggeri, è indagato per corruzione. La condotta del governatore è ricostruita nel terzo episodio contestato dalla Procura di Foggia all'ex parlamentare dell'Udc Angelo Cera e al figlio Napoleone, consigliere regionale dei Popolari, da ieri mattina agli arresti domiciliari su disposizione del gip Carmen Corvino e su richiesta del pm Marco Gambardella. I due, però, non sono stati privati della libertà personale per l'accusa che coinvolge Emiliano. I Cera sono accusati di concussione per alcuni appalti della Sanitaservice, azienda di Foggia. È da quel filone dell'inchiesta, poi, che è scaturita l'ipotesi di corruzione a carico di Emiliano. E, così, il governatore, il suo assessore e i due Cera, avrebbero «posto in essere un accordo corruttivo», spiega il gip nella sua ordinanza, «avente a oggetto la vendita da parte di Emiliano delle proprie prerogative istituzionali». In particolare Emiliano «per compiere atti contrari al proprio dovere d'ufficio, consistente nel nominare quale commissario dell'Asp Castriota e Corropoli di Chieuti un soggetto segnalato e indicato dai Cera, e in tal modo, nel rinunciare a una imparziale comparazione degli interessi in gioco e utilizzare la propria discrezionalità per assecondare interessi di parte, riceveva l'utilità consistente nel garantirsi l'appoggio elettorale dei Cera a vantaggio di Miglio, candidato sindaco di San Severo». In buona sostanza, ritengono gli investigatori, «l'ipotesi accusatoria contempla proprio un do ut des». Ma con un pezzo mancante: il gip spiega che la Procura non è riuscita a dimostrare il collegamento tra l'accordo elettorale e la nomina del commissario. Quell'sms intercettato contenente «Angelo, mi raccomando su San Severo», spedito da Emiliano a babbo Cera non dimostrerebbe insomma che lo scambio di favori si sia consumato. E neanche le parole pronunciate da Napoleone Cera durante una chiacchierata con una collega di partito («quell'Asl la voglio io, visto che non ho preso niente») lo dimostrerebbero. Ma che ci sia una «saldatura» tra i due poli «dell'accordo corruttivo», ossia Emiliano e i Cera, il gip lo riconosce. E afferma che in una chiacchierata del 6 marzo i Cera ed Emiliano affrontano tutti e due gli argomenti: la nomina all'Asl e la competizione elettorale tanto cara a Emiliano. Cera figlio afferma che «l'assessore Ruggeri deve portare in giunta una cosa». E svela anche ogni riferimento, dicendo a in modo nitido «Asp di Chieuti». Emiliano risponde due volte «va bene». Poi Napoleone passa il telefono a babbo Cera, che rassicura Emiliano: «A Foggia, avendo fatto le primarie non mi posso muovere, ma a San Severo faccio come dici tu, farò di tutto, davanti a te però... l'operazione la fai tu». Torna al telefono Napoleone e dice a Emiliano di «non fare scherzi su Chieuti... su quella cosa di Chieuti ci tengo in modo particolare io». Anche questa volta il presidente si lascia andare a due «va bene». Fin qui sembrerebbe tutto chiaro. Ma non basta. Per il gip la sequenza della telefonata intercettata non prova in modo sufficiente il collegamento tra la nomina alla Asl e il sostegno elettorale. Anche perché la telefonata successiva i Cera la fanno proprio all'assessore di Emiliano. E siccome non si fidano, dicono a lui: «Dipende da come si muoverà Emiliano su quella delibera lì mi muoverò io in provincia di Foggia. Tu portami la delibera, io sarò consequenziale su tutto». Per il gip sono elementi utilizzabili per un futuro dibattimento, ma non utili per la misura cautelare. Anche perché, alla fine, all'Asl non va l'uomo segnalato. Emiliano, che aveva provato a gestire l'impatto mediatico già l'altro giorno, facendo uscire la notizia dell'inchiesta che lo vedeva coinvolto, ha provato anche ieri a tenere le redini, sostenendo che ciò che aveva «lealmente e spontaneamente anticipato ha trovato piena conferma nell'ordinanza». Secondo il governatore sarebbe stata esclusa «totalmente» ogni sua «responsabilità». Per ora il procuratore Ludovico Vaccaro ha annunciato che l'inchiesta su quell'episodio va avanti e ha invitato Emiliano a presentarsi in Procura.
Maurizio Landini
Dopo i rinnovi da 140 euro lordi in media per 3,5 milioni di lavoratori della Pa, sono in partenza le trattative per il triennio 2025-27. Stanziate già le risorse: a inizio 2026 si può chiudere. Maurizio Landini è rimasto solo ad opporsi.
Sta per finire quella che tra il serio e il faceto nelle stanze di Palazzo Vidoni, ministero della Pa, è stata definita come la settimana delle firme. Lunedì è toccato ai 430.000 dipendenti di Comuni, Regioni e Province che grazie al rinnovo del contratto di categoria vedranno le buste paga gonfiarsi con più di 150 euro lordi al mese. Mercoledì è stata la volta dei lavoratori della scuola, 1 milione e 260.000 lavoratori (850.000 sono docenti) che oltre agli aumenti di cui sopra porteranno a casa arretrati da 1.640 euro per gli insegnanti e 1.400 euro per il personale Ata (amministrativi tecnici e ausiliari). E il giorno prima, in questo caso l’accordo era stato già siglato qualche mese fa, la Uil aveva deciso di sottoscrivere un altro contratto, quello delle funzioni centrali (chi presta opera nei ministeri o nell’Agenzia delle Entrate), circa 180.000 persone, per avere poi la possibilità di sedersi al tavolo dell’integrativo.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Dopo aver predicato il rigore assoluto sulla spesa, ora l’opposizione attacca Giancarlo Giorgetti per una manovra «poco ambiziosa». Ma il ministro la riporta sulla terra: «Quadro internazionale incerto, abbiamo tutelato i redditi medi tenendo i conti in ordine».
Improvvisamente, dopo anni di governi dell’austerity, in cui stringere la cinghia era considerato buono e giusto, la sinistra scopre che il controllo del deficit, il calo dello spread e il minor costo del debito non sono un valore. Così la legge di Bilancio, orientata a un difficile equilibrio tra il superamento della procedura d’infrazione e la distribuzione delle scarse risorse disponibili nei punti nevralgici dell’economia puntando a far scendere il deficit sotto il 3% del Pil, è per l’opposizione una manovra «senza ambizioni». O una strategia per creare un tesoretto da spendere in armi o per la prossima manovra del 2027 quando in ballo ci saranno le elezioni, come rimarcato da Tino Magni di Avs.
Da sinistra, Antonio Laudati e Pasquale Striano. Sotto, Gianluca Savoini e Francesca Immacolata Chaouqui (Ansa)
Pasquale Striano e Antonio Laudati verso il processo. Assieme a tre cronisti di «Domani» risponderanno di accessi abusivi alle banche dati. Carroccio nel mirino: «attenzionati» tutti i protagonisti del Metropol, tranne uno: Gialuca Meranda.
Quando l’ex pm della Procura nazionale antimafia Antonio Laudati aveva sollevato la questione di competenza, chiedendo che l’inchiesta sulla presunta fabbrica dei dossier fosse trasferita da Perugia a Roma, probabilmente la riteneva una mossa destinata a spostare il baricentro del procedimento. Il fascicolo è infatti approdato a Piazzale Clodio, dove la pm Giulia Guccione e il procuratore aggiunto Giuseppe Falco hanno ricostruito la sequenza di accessi alle banche dati ai danni di esponenti di primo piano del mondo della politica, delle istituzioni e non solo. Il trasferimento del fascicolo, però, non ha fermato la corsa dell’inchiesta. E ieri è arrivato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari.
Angelina Jolie a Kherson (foto dai social)
La star di Hollywood visita Kherson ma il bodyguard viene spedito al fronte, fino al contrordine finale. Mosca: «Decine di soldati nemici si sono arresi a Pokrovsk».
Che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, trovi escamotage per mobilitare i cittadini ucraini è risaputo, ma il tentativo di costringere la guardia del corpo di una star hollywoodiana ad arruolarsi sembra la trama di un film. Invece è successo al bodyguard di Angelina Jolie: l’attrice, nota per il suo impegno nel contesto umanitario internazionale, si trovava a Kherson in una delle sue missioni.






