Dopo il buco nell’acqua dell’ultimo vertice, il partito ambientalista dei Verdi manda un messaggio agli europarlamentari che seguono il dossier con un programma di 10 incontri in un mese. Se non si trova un compromesso entro l’anno la direttiva può saltare.
Dopo il buco nell’acqua dell’ultimo vertice, il partito ambientalista dei Verdi manda un messaggio agli europarlamentari che seguono il dossier con un programma di 10 incontri in un mese. Se non si trova un compromesso entro l’anno la direttiva può saltare.L’ultimo vertice sulla direttiva per le case green, quello del 31 agosto, non era andato secondo i desiderata ambientalisti. Una sorta di nulla di fatto, la soluzione di questioni assolutamente secondarie (l’individuazione dei tecnici che dovranno elaborare le certificazioni) e le matasse dure da districare che sono rimaste tutte lì sul tavolo. Soprattutto una, quella prevista all’articolo 9 che stabilisce con quali tempi e quali modalità gli immobili devono passare da una classe energetica all’altra, non è stata minimamente sfiorata. Insomma, per la sinistra e soprattutto i Verdi, partito molto potente e influente in Europa, un buco nell’acqua. Al punto che, secondo un retroscena che La Verità è in grado di ricostruire, al termine del Trilogo di agosto, l’incontro che ha messo a confronto rappresentanti di Parlamento, Commissione e Consiglio Ue che si è svolto dalle 9 alle 13 a Bruxelles, il relatore, il verde irlandese Ciarán Cuffe, ha approfittato dell’assenza dei rappresentanti di Commissione e Consiglio per indottrinare alcuni funzionari del Parlamento e chiedere loro di mettere pressione sui colleghi e gli esponenti più vicini degli altri due organismi europei affinché si trovassero degli accordi per velocizzare le trattative e portare a casa la direttiva. Ecco, questo retroscena rappresenta il prologo di quello che possiamo raccontare adesso. La Verità infatti ha potuto leggere delle email che testimoniano come dai Verdi sia partito un vero e proprio blitz per accelerare l’iter della direttiva sugli immobili sostenibili. Sono stati infatti fissati ben dieci incontri (il primo c’è stato ieri) per arrivare con i giochi pressoché fatti al 6 di ottobre, data del prossimo Trilogo e portare a casa un risultato significativo. Tanto per fare degli esempi: già il 7 e l’8 settembre sono previsti dei meeting tecnici che dovranno tenersi rispettivamente dalle 14 alle 18 e dalle 9,30 alle 13, mentre il 3 e il 5 ottobre in vista del Trilogo del giorno successivo sono programmati due vertici preparativi. Il primo che vedrà come protagonisti gli staff, il secondo invece i relatori ombra. Si terranno entrambi a Strasburgo, dalle 14 alle 16 e dalle 9 alle 11.Un vero e proprio tour de force che ha un obiettivo chiaro: mettere al sicuro l’articolo nove della direttiva. Soprattutto nella parte in cui al primo comma stabilisce che gli edifici non residenziali e di proprietà pubblica, dal gennaio 2027 devono raggiungere la classe E e dal 2030 la classe D. Mentre è dato un po’ più di tempo agli immobili residenziali: classe E entro il 2030 e D dal gennaio 2033. Ci sono eccezioni, certo, ma è poca roba e anche su queste il dibattito è aperto. Al secondo comma, per esempio, è stabilito che «gli Stati membri possono esentare l’edilizia sociale di proprietà pubblica dagli obblighi energetici qualora i lavori di ristrutturazione non siano neutri in termini di costi o comportino aumenti degli affitti per le persone che vivono in alloggi popolari». Il dispositivo non sarà cambiato? Comunque, il messaggio arrivato anche nel vertice di ieri dalla Commissione è stato abbastanza chiaro. Il tempo scorre: ci sono altri 3-4 mesi, dopodiché se non avrete trovato un testo di compromesso, la direttiva rischierà addirittura di saltare, visto che entreremo in fase pre-elettorale (a giugno ci sono le elezioni Ue) e tutto diventerà anche politicamente molto più complicato. Cosa potrebbe succedere? La speranza è che la fretta porti i falchi green a moderare le loro posizioni e a concedere più tempo ed eccezioni agli obblighi di passaggio da una classe energetica all’altra. Ma non è affatto detto. Perché l’altra strada è quella che vede gli ideologi verdi del tutto e subito tirare dritto per la loro strada e arrivare a uno scontro dagli esiti assolutamente incerti. Vedremo. Di sicuro si sta giocando una partita decisiva per l’Italia. Di suo è inaccettabile che sia stato messo in piedi un meccanismo obbligatorio e non incentivante, ma per Roma il provvedimento sarebbe ancor più devastante. Visti i tempi così stretti è praticamente impossibile ristrutturare il 70% del patrimonio edilizio che si trova oggi nelle classi energetiche più basse, G ed F. Serve più tempo e soprattutto va detto dove si trovano le risorse. I numeri sono chiari: l’esborso medio per famiglia è quantificato in circa 35.000 euro con differenze significative tra il Nord e il Sud del Paese e soprattutto tra periferie (dove il parco edilizio è più vetusto e spesso abusivo) e città. In mancanza di contributi europei ci troveremo davanti a un ennesimo bagno di sangue per le casse pubbliche che a confronto quello che sta succedendo sul Superbonus sembrerà una scherzo. L’alternativa è che nessuno faccia i lavori e che buona parte del patrimonio immobiliare del Paese esca dal mercato.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






