2022-04-26
Élite e grandi città scelgono Macron. Campagne e periferie votano Le Pen
En Marche spopola nei centri metropolitani, la destra fa il pieno nelle aree rurali e nei territori d’Oltremare. A giugno le legislative. Con l’avanzata di Jean-Luc Mélenchon, l’Eliseo rischia di perdere la maggioranza in Aula.All’indomani del ballottaggio delle elezioni presidenziali, la Francia si conferma essere un Paese profondamente diviso e attraversato da tensioni pronte a trasformarsi in episodi di violenza, come quelli registrati appena dopo la diffusione dei risultati elettorali. Dopo cinque anni di esercizio di un potere quasi assoluto - come quello che la Costituzione francese attribuisce ai presidenti transalpini - Emmanuel Macron è riuscito ad ottenere il 58,54%. A prima vista sembrerebbe un risultato onorevole ma, senza mettere in dubbio la vittoria netta, bisogna ricordare che cinque anni fa il presidente uscente aveva ottenuto oltre otto punti in più, arrivando al 66,6%. Con il 41,46% ottenuto ieri, Marine Le Pen ha invece registrato una crescita importante nel gradimento degli elettori che, nel 2017, l’avevano relegata al 33,3%. Non bisogna anche dimenticare che, nel 2002, Jacques Chirac riuscì a battere il padre di Marine, Jean-Marie Le Pen, con l’82,2% dei voti.Va anche detto che l’aumento dell’astensione, rispetto alle precedenti presidenziali (dal 26,3 al 28%) fa sì che la vittoria di Macron sia più debole. Ma chi ha votato per il presidente uscente oltre agli elettori de La République En Marche? Secondo un sondaggio realizzato da OpinionWay per CNews, il 54% degli elettori che al primo turno avevano scelto il leader dell’estrema sinistra de La France Insoumise (Lfi), Jean-Luc Mélenchon, hanno optato per Macron al secondo turno. Il resto si è diviso quasi equamente tra Le Pen (24%) e l’astensione (22%). Altri «serbatoi di voti» - come li chiamano in Francia - sono stati gli elettori del verde Yannick Jadot (81%) e Valérie Pécresse (63%). Va però ricordato che, il 10 aprile scorso, questi due candidati avevano ottenuto rispettivamente solo il 4,78% e il 4,63%. Briciole, rispetto ai quasi 22 punti ottenuti da Mélenchon. Tra le fratture evidenziate dalla tornata elettorale appena conclusasi, quella geografica e quella sociale sono sicuramente le più importanti. Per semplificare, gli elettori delle città hanno votato in massa per Macron, mentre quelli delle campagne per Le Pen. Tale differenza è risultata essere ancora più marcata tra la Francia Metropolitana e i territori d’Oltremare. Nel dettaglio, l’85,1% degli elettori parigini ha votato il presidente uscente, mentre alla leader del Rassemblement National (Rn) è andato solo il 14,9%. A Lione, l’inquilino dell’Eliseo ha contabilizzato poco meno dell’80% delle preferenze, contro poco più del 20% della sua sfidante. Macron ha ottenuto l’84,15% a Rennes, il capoluogo breton e l’80% a Bordeaux. Nelle stesse città, Le Pen ha registrato, rispettivamente, questi risultati: 20,20%, 15,85% e 19,94%. Tra le grandi città, solo a Marsiglia si è ridotta la distanza tra i due candidati al ballottaggio: 59,84% per Macron e 40,16% per Le Pen.Nei dipartimenti francesi più rurali invece, la leader del Rn ha concluso il secondo turno in vantaggio rispetto al capo di Stato rieletto. È il caso delle Ardenne (56,66%), del Var (55,10%) e della Yonne (51,59%). Inoltre Marine Le Pen ha letteralmente sbancato nei territori d’Oltremare dove la popolazione aveva preso malissimo l’obbligo vaccinale e il green pass. È il caso della Guadalupa (69,6%) o della Guyana francese e della Martinica (poco più del 60% in entrambe le zone). Da notare anche il caso dell’isola della Mayotte - la cui popolazione è a stragrande maggioranza musulmana - dove Le Pen ha ottenuto il 59,1%. I circa 200.000 abitanti (45.000 elettori) di questo coriandolo francese posto nel canale del Mozambico, lamentano da tempo l’indifferenza di Parigi nei confronti dei continui sbarchi di clandestini provenienti dalle vicine isole Comore. È evidente che, con le sue proposte sull’immigrazione, la leader del Rn abbia sedotto gli elettori in questo territorio. Anche sull’isola della Réunion, l’ex sfidante del presidente, ha ricevuto poco più del 51% delle preferenze. È interessante notare che, ad eccezione della Mayotte, gli elettori dei territori d’Oltremare citati, al primo turno avevano votato in massa Mélenchon. Quindi alle elezioni legislative del 12 e il 19 giugno prossimo, queste aree geografiche potrebbero tornare a dare fiducia ai candidati delle formazioni di sinistra più o meno radicale. Forse è pensando a questi territori che il leader di Lfi ha iniziato a «pretendere» di essere nominato primo ministro da Macron. Ma in Francia i premier sono scelti dal parlamento. Il capo dello Stato rieletto potrebbe però avere interesse a gestire una coabitazione con un primo ministro di sinistra, invece che con Le Pen. Tra l’altro, in questo modo, l’inquilino dell’Eliseo potrebbe anche ringraziare Mélenchon per aver detto ai suoi elettori di non votare la leader Rn al secondo turno. Per questo sono già iniziati i contatti per tagliare fuori dai ballottaggi delle legislative i candidati del Rn e di Eric Zemmour. Ma se il partito che ha ottenuto quasi il 42% dei voti alle presidenziali riuscisse ad eleggere meno di dieci deputati - come nella legislatura uscente - per l’assurdo sistema elettorale maggioritario a doppio turno - la Francia resterebbe spaccata in due. Sarebbe un ulteriore schiaffo dato dalle élite al popolo francese che, con buona probabilità, porterebbe a una nuova stagione come quella dei Gilet gialli.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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