2023-08-18
I golpisti del Niger non arretrano: Ecowas vicina all’intervento armato
I membri dell'Ecowas riuniti il 17 agosto 2023 (Ansa)
Si allontana la via diplomatica tra la giunta e gli Stati dell’Africa occidentale, riuniti in Ghana. L’operazione militare alimenterebbe però i flussi verso il Mediterraneo dei migranti di passaggio nel territorio nigerino.Almeno 55 morti a Tripoli dopo gli scontri tra Brigata 444 e forze Rada, entrambe filo governative. All’origine delle ostilità, l’ipotesi di avvicinamento ad Haftar.Lo speciale contiene due articoli.È iniziato ieri ad Accra (Ghana) l’atteso vertice dei capi militari dell’Africa occidentale che terminerà oggi in serata. Si tratta del primo incontro da quando la Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas) ha ordinato «il dispiegamento di una forza di riserva per ripristinare il governo costituzionale in Niger». Poco prima della riunione, il capo di Stato maggiore della difesa della Nigeria, il generale Christopher Gwabin Musa, ha dichiarato che «l’obiettivo del nostro incontro non è semplicemente quello di reagire agli eventi, ma di tracciare in modo proattivo un percorso che porti alla pace e promuova la stabilità. La democrazia è ciò che sosteniamo e incoraggiamo». Meno diplomatica la dichiarazione di Abdel-Fatau Musah, commissario per la sicurezza dell’Ecowas: «L’ordine costituzionale sarà ripristinato con ogni mezzo disponibile. Tutti gli Stati membri, ad eccezione dei Paesi sotto controllo delle giunte militari e di Capo Verde, sono pronti a partecipare ad un intervento militare». In attesa di sapere se e quando l’Ecowas interverrà militarmente, si stima che le truppe interessate dall’operazione sarebbero circa 25.000, provenienti da Nigeria, Costa d’Avorio, Senegal e Benin, ma secondo alcuni esperti, per mobilitarli, specie in un’area come questa, potrebbero essere necessarie settimane o addirittura mesi. Per Giuseppe Manna, analista geopolitico con focus sui Paesi africani e mediorientali, le dichiarazioni dei leader della regione e le tempistiche sempre più serrate sembrano condurre dritti alla guerra: «Da un lato, i golpisti nigerini, appoggiati dalle giunte militari di Ciad, Burkina Faso e Mali, mostrano intransigenza e rifiutano di reinsediare il presidente deposto; dall’altro lato, i membri attivi dell’Ecowas, spinti da Nigeria, Ghana e Costa d’Avorio, esigono il ripristino dell’ordine costituzionale. Le posizioni sono rigide e nessuno vuole rimetterci la faccia. A Niamey, i militari ribelli rischiano tutto e non possono né vogliono tornare indietro». L’Ecowas sembra quindi con le spalle al muro: «L’Ecowas non può soltanto limitarsi ad abbaiare all’infinito senza rischiare la sua credibilità e apparire con le spalle al muro, costretta ad accettare il fatto compiuto. Senza contare che molti regimi temono di essere travolti da forze locali ispirate proprio dalla situazione in Niger. Più tempo passa e minori diventano le possibilità di una soluzione diplomatica. Solo se il Niger precipitasse nella spirale della guerra civile e della violenza jihadista gli schieramenti attuali salterebbero, aprendo scenari nuovi e inediti nella regione. Ma, per il momento, la strada dello scontro militare sembra la più probabile». Di certo c’è che se non accade qualcosa che sparigli le carte -come l’inizio di un negoziato vero o l’intervento militare - la giunta golpista si rafforzerà ulteriormente, senza dimenticare che il presidente deposto, Mohamed Bazoum, potrebbe essere passato per le armi in qualsiasi momento. Da registrare il fatto che più passano le ore e più gli Usa sono attivi nella ricerca di una soluzione, e di questo ha parlato Sabrina Singh, vicesegretario stampa del Pentagono: «In questo momento, la nostra posizione non è cambiata in Niger. Siamo certamente fiduciosi che questo si risolva in modo diplomatico». Poi, alla domanda se l’Ecowas abbia richiesto assistenza militare al Pentagono, la Singh non ha confermato ma neppure smentito: «Non sono a conoscenza di alcuna richiesta di supporto militare da parte degli Stati Uniti, ma i Paesi che fanno parte dell’Ecowas hanno tutti affermato che l’intervento militare è l’ultima risorsa, non vogliono che ciò accada». Attenzione però a quanto afferma la Cnn: «Il riconoscimento da parte di Washington della situazione in Niger come un colpo di Stato priverà le forze armate americane di una serie di poteri in questo paese, nonché dei finanziamenti per la partecipazione alla cooperazione con le forze nigeriane». Come vi abbiamo raccontato ieri, c’è grande preoccupazione per le attività terroristiche delle filiali locali di al-Qaeda che è anche coinvolta nel traffico di migranti, mentre l’Isis cerca di cacciare dall’area i rivali. A proposito dei disperati che arrivano in Niger, e in particolare nella città di Agadez, per l’analista dell’International Team for the Study of Security Verona Rebecca Pedemonte, in caso di intervento armato la loro situazione non potrà che peggiorare: «L’area e la città di Agadez sono un punto nevralgico del flusso migratorio nell’area saheliana dove arrivano migliaia di persone dall’Africa occidentale in attesa di salire su un barcone in partenza dalla Libia. Qui possono restare mesi e anni a seconda di quando riescono a procurarsi il denaro da pagare ai trafficanti per il viaggio nel Mediterraneo. Evidente come un possibile intervento armato in Niger obbligherebbe queste persone che vivono già nell’assoluta precarietà a mettersi in movimento in un territorio come quello nigerino, che sprofonderebbe nel caos e dove a quel punto le organizzazioni terroristiche non troverebbero più ostacoli». Intanto, la popolazione della capitale nigerina Niamey chiede il reclutamento di massa di volontari per assistere l’esercito di fronte a una crescente minaccia da parte dell’Ecowas. «Non ci frega niente dell’Ecowas che è stato fatto su misura per i presidenti al potere. E non ne abbiamo bisogno», dicono ad Africa News alcuni nigerini che hanno aggiunto: «L’Ecowas intervenga o meno, il Niger è pronto per tutte le opzioni. Noi siamo pronti. Qualunque cosa decida l’Ecowas, noi siamo pronti».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ecowas-niger-intervento-armato-2664015443.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-milizie-gettano-tripoli-nel-caos" data-post-id="2664015443" data-published-at="1692304332" data-use-pagination="False"> Le milizie gettano Tripoli nel caos Continua a salire la tensione in Libia. Gli ultimi scontri registratisi a Tripoli hanno portato a un bilancio drammatico: 55 morti e 146 feriti. A renderlo noto sono state mercoledì le autorità sanitarie locali. I combattimenti, svoltisi tra lunedì e martedì, hanno visto come protagonisti la quattrocentoquarantaquattresima brigata e le Forze speciali di deterrenza Rada: in particolare, gli scontri sono esplosi dopo l’arresto da parte delle forze Rada del capo della quattrocentoquarantaquattresima brigata, il colonnello Mahmoud Hamza, che - secondo Reuters - è stato successivamente consegnato a una terza fazione, lo Stabilisation Support Apparatus, e infine rilasciato l’altro ieri. Irritatissimo, il premier di Tripoli, Abdul Hamid Dbeibah, ha detto che i combattimenti tra milizie non saranno più tollerati. «Ogni giorno le persone sono terrorizzate. La vita delle persone non è un gioco. Ci saranno altre misure contro di loro, dobbiamo essere duri», ha dichiarato. «Tutti noi libici non siamo soddisfatti di quello che è successo. E non ne saremo soddisfatti. Non rimarremo in silenzio fino a quando non fermeremo questa faccenda», ha aggiunto. «Il ritorno ai combattimenti è sempre preoccupante», ha detto l’inviato speciale statunitense per la Libia, Richard Norland. «Ma ora è importante contenere immediatamente la violenza. Ci sono rimostranze legittime da parte di diverse parti, ma possono essere risolte attraverso il dialogo», ha proseguito. «L’Unione Europea segue con grande attenzione e preoccupazione gli ultimi avvenimenti di violenza in Libia», ha affermato in una nota, dal canto suo, l’Alto rappresentante Ue per gli affari esteri, Josep Borrell. «L’Ue invita inoltre tutte le parti coinvolte in atti di violenza a rispettare i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario e a garantire la protezione dei civili. I libici sono stanchi di essere coinvolti nel fuoco incrociato e meritano che le loro aspirazioni alla pace siano finalmente ascoltate e soddisfatte», ha continuato. La situazione è complicata, anche perché entrambe le milizie che si sono combattute gravitano - almeno teoricamente - attorno al governo di Tripoli. Tuttavia, secondo Al Jazeera, è possibile che si sia innescata una dialettica tra chi è favorevole a un avvicinamento nei confronti del generale della Cirenaica Khalifa Haftar e chi - come Hamza - risulterebbe invece avverso a un tale scenario. Questo significa che il tortuoso rapporto tra Dbeibah e Haftar si sta ripercuotendo sulle difficili relazioni che intercorrono tra le varie milizie dell’Ovest libico. Si tratta di un ulteriore fattore di rischio da tenere in considerazione nel complicato tentativo di una stabilizzazione politica del Paese nordafricano. La complessa dimensione locale è un elemento di cui bisogna tenere conto al pari delle influenze internazionali. Ricordiamo che, se Tripoli gravita nell’orbita turca, l’Est resta per ora maggiormente vicino alla Russia. Tutto questo, senza dimenticare le turbolenze che attraversano Nord Africa e Sahel: dall’instabilità economica della Tunisia alla crisi del Niger. Non a caso, ad esprimere «grande preoccupazione» per gli ultimi scontri libici è stata anche l’Unione africana. È in questo clima che Dbeibah ha accusato Haftar di sostenere «una delle parti in conflitto in Sudan con armi pesanti ed equipaggiamento militare». La situazione complessiva, insomma, si sta facendo sempre più rovente. È urgente che Italia e Stati Uniti rafforzino il loro gioco di sponda sulla Libia e che Bruxelles, dal canto suo, inizi ad adottare un approccio più attento e pragmatico.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.