2019-08-17
Ecotasse, tagli alla sanità e ius soli. Girano le prime intese giallorosse
Nicola Zingaretti annuncia: «Mattarella vedrà se c'è larga base parlamentare». Graziano Delrio spiega: «Contratto “tedesco" su dossier condivisi». Che per il leghista Massimo Garavaglia al Mef sono già spuntati su assunzioni Pa e patrimoniale.Famolo «alla tedesca», dice l'ex ministro Graziano Delrio. Nel Partito democratico, chi ancora in queste ore sogna l'accordo giallorosso già chiama il nuovo cantiere con un termine immaginifico: «Il governo Fico-Zingaretti». E poi, quando deve svelarne i contenuti spiega che deve nascere con un programma contrattato pubblicamente, «alla tedesca» sul modello di quello che prese corpo tra Cdu e Spd. Un governo serio, quindi, dove questo approccio metodologico, e questo binomio inedito (ma costruito su identità compatibili) serviva ad indicare l'accordo tra le due anime, ma anche la forte discontinuità all'interno delle due anime. Nominare il presidente della Camera voleva dire evocare la fantomatica «ala sinistra» del Movimento 5 stelle, mentre citare il segretario del Pd voleva dire marcare la differenza con l'equivoco della proposta lanciata da Matteo Renzi. Dentro il Pd si considera puramente tattica, ormai, la proposta del Bullo. Mentre ormai è evidente che l'unica base su cui si lavora è quella dell'ormai celebre «governo di lungo respiro» ipotizzato dal guru di Zingaretti, Goffredo Bettini. Su questo cantiere, però, da ieri si è abbattuta come una bomba atomica la proposta-choc della Lega, con il doppio colpo indeclinabile: mandare Luigi Di Maio a Palazzo Chigi e Giuseppe Conte in Europa. Il paradosso dentro il Pd è questo: i dem sono arrivati tardi e male al tavolo della trattativa, tanto che il segretario ieri ha frenato tatticamente - «si parla tanto di altri governi ma ce ne è uno in carica» - salvo svelare che il piano c'è eccome: «Sotto la guida di Mattarella si potranno verificare se esistono condizioni di un governo diverso con larga base parlamentare». Chi c'è in campo a tessere la tela? In primo luogo Luigi Zanda, portiere di conio cossighiano, unico di cui Zingaretti si fida ciecamente. Poi - come abbiamo più volte raccontato - Dario Franceschini, vicinissimo al Quirinale, preconizzatore dell'intesa, con una storia intervista al Corriere della sera. L'ultimo nome pesante a sponsorizzare l'operazione, parlandone apertamente è stato però Graziano Delrio. L'ex ministro renziano, capogruppo alla Camera e ormai a tutti gli effetti zingarettiano ha scelto la tribuna di Radio Capital per spiegare la sua linea: «Salvini ha fatto errore clamoroso, un autogol e ora è terrorizzato dall'idea di un accordo tra noi e il Movimento 5 stelle». E subito dopo aggiunge: «Salvini ha sicuramente azzeccato una mossa, ha capito che l'Italia ha bisogno di un altro governo», dice con un filo di sarcasmo, «perché questo ha portato zero crescita, zero investimenti, cassa integrazione, non è stato un anno bellissimo come ci aveva preannunciato Conte, è stato un anno buttato via anche in termini di credibilità. Per il resto credo che la gestione della crisi, da parte del ministro dell'Interno, sia stata un autogol per ciò che si è visto fino a oggi e se Salvini ci ripenserà e tornerà indietro sarà il suo suicidio politico». E quindi, passando alle modalità di dialogo con gli ex acerrimi nemici di un tempo: «Non ero tra quelli che dicevano “mai". Ciò che serve però», spiega Delrio, «è un accordo alla tedesca, come Cdu e Spd, una cosa scritta. Ci si mette a sedere, si tratta, si analizza ogni punto per il bene del Paese, convocando le menti migliori, per dare un'impronta diversa. Questo Paese finora è stato ossessionato da argomenti che non hanno portato bene, come l'immigrazione. Mi fa piacere che Conte ne abbia preso atto». E dal lato pentastellato? Il segnale più forte lo ha lanciato Luca Bergamo, vicesindaco della giunta di Virginia Raggi, che ha esplicitato la sua apertura con una lunga intervista al Fatto quotidiano: «Ci sono tanti valori ideali in comune tra M5s e Pd. Bisogna confrontarsi sui programmi, trovare una intesa». Parole molto chiare, è perfettamente speculari a quelle dei dirigenti grillini. Anche Matteo Renzi continua a dirsi favorevole ad una intesa, e attacca il leader della Lega: «Salvini sente scivolarsi via la poltrona», scrive su Facebook l'ex premier, «e offre tutto a Di Maio. Scene da far impallidire il calciomercato». E i programmi di una eventuale alleanza giallorossa quali sarebbero? A fare un po' di spoiler, ieri, con una punta di malizia è stato il sottosegretario leghista Massimo Garavaglia: «Ecco i temi su cui si lavora; Ius soli, patrimoniale, tasse ecologiche, blocco contratti Pubblica amministrazione, taglio di due miliardi alla sanità, taglio dei finanziamenti alle tv locali...». Possibile? Garavaglia, sul suo profilo Twitter si dice sicuro: «È già tutto pronto, se non c'è più stop della Lega va in legge bilancio». E aggiunge, a chi gli chiede incredulo se sia vero: «Ho visto tutti i dossier. Sono pronti. Auguri». In queste ore in cui tutto è possibile, dunque, è guerra totale. Guerra di relazioni, di profferte, di disinformazione. Solo il 20 il big bang dell'aula dirà stop al suq delle trattative e dei rilanci.
Julio Velasco e Alessia Orro (Ansa)
Rod Dreher (Getty Images)