
La battaglia femminista contro il «mansplaining» prende piede anche in Italia dopo il caso di un cartellone pubblicità di un'università australiana, accusato di essere un esempio di sessismo.Immaginate di assistere alla seguente scena. Una donna dà un ceffone ad un uomo, che cade in ginocchio e domanda il motivo. Lei sentenzia: «Tu sai perché». E poi lo prende a calci. Più o meno è questo l'attuale status quo dei rapporti tra maschie femmine in Occidente. Un femminismo dominante, castrante e mortificante intento a difendersi da un patriarcato ormai inesistente; un'ideologia che predica la punizione del maschio per default, perché sconti la «colpa» di essere tale. La punta dell'iceberg è il Me Too, ma ci sono anche altre campagne che raccontano sempre la stessa balla strumentale all'acquisizione femminista del potere, ovvero il maschio fa schifo in quanto tale. Una tra le più ridicole è quella del mansplaining - parola nata dalla crasi tra man ed explaining - che denuncia la sozza prevaricazione dell'uomo che «spiega le cose ad una donna». Pensate un po' che stronzo. Come quelli che invitano a cena una donna e pagano anche per costei senza volere nulla in cambio dopo, questo sopraffattore innato nel momento in cui pensa che una donna non sappia una cosa, beh, gliela spiega! Eroica rivelatrice di questa squallida forma di molestia maschile è la femminista Rebecca Solnit, che nel 2008 scrisse sul Los Angeles Times l'articolone «Uomini che spiegano cose». Raccontò il sopruso subito il giorno in cui fu invitata con un'amica ad un party in un «Ralph Lauren-style chalet» di Aspen. L'ospite era un maschio sarcasticamente rinominato«Mr. Important». In effetti, una donna che trinchi champagne a scrocco ospite di ricchi proprietari immobiliari di Aspen è proprio un'esclusa dalla società e questo bastardone di Mr. Important - vergogna! - volle umiliarla ulteriormente, osando citarle proprio uno dei suoi libri ignorando che l'autrice fosse lei, parlandogliene anche un po' a vanvera perché non aveva letto il libro, ma solo la recensione. Vi viene in mente qualcosa di più violento e maschilista? In verità, al massimo il poveretto ha fatto una figura da Fantozzi che poteva capitare a chiunque. E invece la Solnit riuscì a tirarne fuori nientemeno che una sindrome maschile: «Uomini spiegano cose a me, e ad altre donne, anche se non sanno di cosa stanno parlando». Gesù, ma come si permettono? «Ogni donna lo fronteggia ogni giorno: il credo della sua superfluità, che la schiaccia nel silenzio, indicando, come fanno le molestie per strada, che questo non è il suo mondo»... Insomma, se uno mi dice che la carbonara si fa in certo modo non sapendo che io già lo so, mi sta metaforicamente stuprando. Della geniale teoria la Solnit ha poi fatto un libro, Gli uomini mi spiegano le cose. Riflessioni sulla sopraffazione maschile. La tesi è che l'uomo sia un leone travestito da agnello che non spiega mai in buona fede cose alle donne. Se lo fa è per indurle patriarcalmente al silenzio. Sarebbe carino sentire un commento della Solnit sulla sopraffazione di genere quando Emma Bonino spiega, appunto, in tv che gli immigrati maschi servono a raccoglierci i pomodori. O quando Laura Boldrini afferma che gli immigrati sono risorse e punto... Purtroppo, la palla di neve del mansplaining si ingigantisce indisturbata in attesa di cadere definitivamente addosso ai maschi occidentali. La Bbc e l'Independent, nei giorni scorsi, hanno dato notizia di un manifesto pubblicitario dell'università australiana di Adelaide che raffigura un uomo con cinque donne intorno: tipico esempio di mansplaining. Secondo la Solnit, probabilmente, per non risultare sessista, il manifesto dovrebbe raffigurare una donna che spiega ad uomini proni a quattro zampe e con una museruola stretta in faccia. Magari anche pieni di lividi, cerotti e ingessature per le percosse inferte da mani femminili. Il fatto è che la saccenza che pontifica non è di genere maschile: prescinde dal sesso. La stessa Solnit la incarna perfettamente proprio quando ribadisce la sua indiscutibile tesi, e non ci risulta che porti i boxer. Del maschio - proprio per questo fuoco continuo cui è sottoposto dall'esercito contemporaneo di virago femministe - dovremmo apprezzare che ancora si metta lì a dialogare con noi donne, invece di rinchiudersi in un mutismo offeso. Che - considerando quanto sta ingiustamente subendo - non sarebbe nemmeno tanto incomprensibile.
2025-10-13
Greggio in cambio di cemento. Il patto «invisibile» Iran-Cina sfida il dominio del dollaro
- Una forma di «baratto» ad alta tecnologia permette a Teheran e Pechino di aggirare le sanzioni. Grazie a circuiti finanziari ombra, l’energia si paga con le infrastrutture.
- L’annuncio del ministro persiano dell’Energia: «Così riequilibreremo il sistema energetico». Oggi la domanda supera la produzione, provocando regolari blackout.
- L’analista Antonio Selvatici: «La quantità di merci e armi che aggirano i paletti americani è enorme. Il Dragone vuole imporre il renminbi negli scambi internazionali. La “Via della Seta” si sta ampliando, coinvolgendo nuovi Paesi».
Lo speciale contiene tre articoli.
Joseph Aoun (Ansa)
Tira aria di disgelo tra Siria e Libano. Venerdì, il ministro degli Esteri siriano, Asaad al-Shaibani, ha incontrato a Beirut il presidente libanese, Joseph Aoun. È stata la prima volta che un alto esponente dell’attuale regime di Damasco si è recato in visita in Libano.
- Il movimento Maga è tutt’altro che monolitico e trova in Trump una sintesi più carismatica che ideologica. Attorno ad esso gravitano altri mondi, dal tecno-utopismo di Thiel alla critica al liberalismo di JD Vance.
- I dem approvano le epurazioni di chi contesta la narrativa woke. I repubblicani vogliono far tacere chi esprime «odio» per Kirk.
- L’invio della Guardia nazionale nei centri governati dalla sinistra agita le piazze. In gioco l’equilibrio dei poteri.
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Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
Le più iconiche moto della corsa nata nel 1979 saranno esposte a Milano in occasione dell'edizione 2025 della fiera internazionale delle due ruote in programma dal 6 al 9 novembre.
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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