2020-06-14
È già pronta l’eredità di Gualtieri: una voragine nei conti dello Stato
Il leghista Claudio Borghi punta il dito sul «falso in bilancio» innescato da tre fattori: le garanzie sui prestiti, i crediti d'imposta e il fondo per ricapitalizzare le spa strategiche. Nei prossimi anni si rischia l'esplosione del deficit.Meglio un buco oggi o una voragine domani? Tutti e due, almeno stando al ministro dell'Economia Roberto Gualtieri. Perché se a seguito degli scostamenti di bilancio approvati in precedenza dal Parlamento il deficit già veleggia felicemente verso il 10% e oltre, tra le pieghe del decreto Rilancio si nascondono brutte sorprese per le nostre finanze pubbliche. E il conto nei prossimi anni rischia di essere salatissimo. Che la coperta fosse troppo corta in realtà ce n'eravamo accorti già a fine aprile, quando su queste stesse pagine quantificavamo in circa 100 miliardi la differenza tra lo scostamento approvato dall'Aula (55 miliardi) e i saldi da finanziare (155 miliardi). Oggi l'opposizione denuncia con forza i potenziali effetti nefasti per il futuro delle misure contenute nel decreto Rilancio, il cui disegno di legge di conversione è attualmente all'esame della commissione Bilancio della Camera. E il deputato leghista Claudio Borghi, che quella commissione la presiede, grida al «falso in bilancio». Raggiunto dalla Verità, Borghi spiega i tre punti critici del testo che rischiano di affossare i conti dello Stato. Primo: le garanzie prestate per i finanziamenti offerti dalle banche alle imprese. «Se chi li prende poi non dovesse ripagarli, gli istituti di credito “emetteranno fattura" allo Stato accollandogli la perdita ma questi importi verranno contabilizzati solo quando ciò avverrà effettivamente», spiega il deputato del Carroccio. Con la conseguenza che «se le cose dovessero andare per il peggio, non solo ci troveremmo con un Pil negativo, ma anche con un'esplosione “automatica" del deficit non dovuta a liquidità immessa nel sistema ma ai crediti di oggi». Secondo: il nodo legato ai crediti di imposta. «Per carità, a me piacciono tanto, basti pensare ai nostri minibot. Troppo forte la tentazione di aderire al bonus del 110%, non è uno sconto, ma soldi regalati. Ma se tutta Italia dovesse decidere di rifarsi il condominio, capite che ci sarà un mancato introito perché i crediti di imposta azzererebbero le tasse versate?». Terzo: il giallo del «patrimonio destinato». Uno strumento complesso, che dovrebbe ricevere «beni e rapporti giuridici» dal Mef, a fronte dei quali «sono emessi da Cassa depositi e prestiti strumenti finanziari di partecipazione a favore del Mef». Scopo di questa astrusa partita di giro, la ricapitalizzazione di società per azioni considerate chiave per l'economia nazionale. La dotazione del patrimonio è fissata in 44 miliardi di euro, finanziato da titoli di Stato emessi appositamente. Ma questo importo, precisa il comma 17 del decreto Rilancio, non concorre «a formare il limite delle emissioni nette per l'anno 2020 stabilito dalla legge di Bilancio e dalle successive modifiche». Tradotto, non incide sul debito.Un ragionamento che non convince Claudio Borghi, ma nemmeno l'Ufficio parlamentare di bilancio, organismo che si occupa di vigilare sulla finanza pubblica. Intervenuto il 27 maggio scorso in commissione Bilancio, il presidente dell'Upb Giuseppe Pisauro ha messo nero su bianco tutte le perplessità relative al Patrimonio. Il governo garantisce che «l'indebitamento netto non risulterebbe modificato poiché l'operazione comporta l'acquisizione di partite finanziarie, per definizione escluse da tale saldo», ma la questione è molto più complessa. Nel corso dell'audizione, infatti, parlando delle «disposizioni finalizzate al sostegno e al rilancio del sistema economico-produttivo», prima Pisauro mette in guardia spiegando che «l'impatto sui conti pubblici richiede un approfondimento particolare». Poi precisa che «sebbene l'operazione presenti una certa complessità e il profilo temporale dell'impatto sui conti sia subordinato a elementi al momento non noti, occorre sottolineare che le operazioni di capitalizzazione per il tramite di patrimonio destinato di per sé costituiscono un aumento del debito delle amministrazioni pubbliche».Secondo Borghi, il combinato disposto di queste tre misure rischia di trasformarsi in una trappola per il governo che verrà. «Registriamo la totale insipienza dell'esecutivo, oltre che un atteggiamento incomprensibile con il sostegno totale da parte della Bce», spiega il leghista, «conveniva puntare in alto con il deficit per poi ridurlo perché la Commissione dà importanza alla traiettoria». Senza contare la possibilità che Eurostat, come già avvenuto con le i fondi destinati alle banche venete, ci obblighi a posteriori a iscrivere a bilancio i capitoli di spesa «nascosti» oggi da Gualtieri. «Trovarsi con un deficit al 5/6% dovuto a questi trucchi in un futuro momento di ripresa», chiosa Borghi, «sarebbe la scusa per Bruxelles per tenere in piedi un ricatto nei confronti del nostro Paese».
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)