2020-07-04
Due «siluri» a salve contro Berlusconi
Antonio Esposito, che ha condannato il Cavaliere per i diritti tv, ha presentato un esposto (archiviato) accusando l'avvocato impegnato nella difesa dell'ex premier a Strasburgo. Intanto la Procura di Napoli sta indagando per presunte false dichiarazioni.Il tentativo di depotenziare il ricorso di Silvio Berlusconi alla Corte europea dei diritti dell'uomo è partito da Napoli e, fino a un certo punto, ha viaggiato su due convogli: uno diretto in Procura, l'altro al Consiglio dell'ordine degli avvocati. Il 29 maggio 2019, Antonio Esposito, il giudice che ha condannato il Cavaliere per l'affare dei diritti tv e che ora scrive per il Fatto quotidiano, si presenta in procura e deposita un esposto. Il fascicolo, affidato alla pm Maria Di Mauro, però, a un anno di distanza, sembra essere ancora contro ignoti e iscritto al modello 45, quello per le notizie che non costituiscono reato. Nel suo esposto il giudice Esposito contesta tre dichiarazioni allegate al ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Si tratta di audizioni che, oltre a essere state verbalizzate e fonoregistrate, sono state anche videoregistrate. I video finiranno presto in tv e la loro credibilità potrà essere valutata anche dai telespettatori. Le dichiarazioni sono state rese il 3 aprile 2014 dai dipendenti dell'hotel Villa Svizzera di Domenico De Siano, senatore e coordinatore di Forza Italia in Campania. E furono raccolte, su mandato di Berlusconi, dall'avvocato Bruno Larosa nell'ambito di indagini difensive. Contengono le testimonianze su alcune frasi che, si asserisce, sarebbero state rivolte al Cavaliere e che sono state attribuite a Esposito. Giovanni Fiorentino, cameriere dell'albergo di Lacco Ameno afferma: «Ricordo che era un nostro cliente abituale (il giudice Esposito, ndr)». Poi aggiunge: «Spesso chiedeva di chi fosse la struttura alberghiera e io rispondevo di De Siano, esponente politico di Forza Italia e all'epoca sindaco di Lacco Ameno. La sua risposta in napoletano era: “Ah sta con quella chiavica di Berlusconi"». E quella, stando al testimone, non sarebbe l'unica volta: «Nell'incontrarmi [...] affermava che prima o poi avrebbero arrestato sia il mio datore di lavoro che il Berlusconi». Quella dell'arresto, secondo quanto ha raccontato il cameriere, era una fissa: il giudice «all'ingresso del ristorante invece di dire buona sera era solito affermare: “Ancora li devono arrestare?", riferendosi a Berlusconi e al mio datore di lavoro». Nel corso delle indagini difensive viene sentito anche Michele D'Ambrosio, maitre della struttura alberghiera. Sostiene che Esposito si sarebbe rivolto a lui dicendogli: «A Berlusconi se mi capita l'occasione gli devo fare un mazzo così». Ma sempre dopo aver definito il Cavaliere una «chiavica». Il terzo testimone è Domenico Morgera, bagnino termale. E anche con lui Esposito avrebbe definito Berlusconi un «chiavica». Prima però, sostiene il testimone, avrebbe chiesto uno sconto alla reception. Alla risposta negativa, con aria scocciata, avrebbe apostrofato il Cav e, con lui, anche il proprietario dell'hotel, reo di essere un esponente di Forza Italia. Esposito chiede di accertare se nei confronti dei tre testimoni «sia ravvisabile l'ipotesi di false informazioni al pubblico ministero, disponendo tutti gli accertamenti al fine di acclarare l'eventuale concorso di altre persone». Il giudice chiede anche di verificare chi ha segnalato all'avvocato Larosa i tre nominativi e l'eventuale ruolo nella vicenda di De Siano. Ma Esposito deve aver ritenuto una chiavica pure l'avvocato Larosa, visto che ha sostenuto che non avrebbe potuto svolgere indagini difensive «mancando l'esistenza di un procedimento penale, giacché tale attività investigativa è stata svolta con riferimento al ricorso della Corte Europea dei diritti dell'uomo». E ha segnalato la questione anche al consiglio dell'ordine degli avvocati, davanti al quale Larosa si è difeso col coltello tra i denti. «Leggendo l'esposto», sostiene il difensore del Cav, «se ne coglie istantaneamente la strumentalità perseguita dal suo autore, oltre che l'inesattezza in punto di fatto e di diritto, delle lamentele prospettate, per fini personali (intendendo l'esponente utilizzarlo nella causa civile in corso contro Berlusconi) e per consentirne l'allegazione dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo (nel tentativo maldestro di ostacolare il ricorso), mostrando, dunque, l'abusività dello scopo perseguito». E ha rivendicato la correttezza della sua attività da legale. Il fascicolo è stato archiviato. E gli avvocati del Consiglio distrettuale forense di Napoli, oltre a sottolineare che ormai lo strumento di impugnazione alla Corte europea dei diritti dell'uomo è da considerarsi come un quarto grado di giudizio, hanno precisato che in quell'ambito le indagini difensive espletate erano «legittime». Esposito, comunque, nega di aver rivolto a Berlusconi le frasi riportate nei verbali e, anche per questo, aveva chiesto di essere sentito dal pm. La Verità ha provato a contattarlo ieri, ma il giudice era in auto e dopo pochi secondi è caduta la linea. Lunedì scorso, comunque, è stato convocato in Procura e pare che abbia riempito un nuovo verbale (ma è una indiscrezione non confermata al momento da fonti ufficiali). Quella stessa sera è stato mandato in onda su Quarta Repubblica l'audio di uno dei componenti del collegio della Corte d'appello presieduta da Esposito, il collega (deceduto) Amedeo Franco. Ed Esposito, lancia in resta, ha subito annunciato nuove querele.
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