2020-08-22
Due ministri dem strappano sul 5G si cinesi
Lorenzo Guerini (Yasin Ozturk/Anadolu Agency via Getty Images)
Vincenzo Amendola e Lorenzo Guerini durante il cdm del 7 agosto si sono dissociati dalla scelta di autorizzare la tecnologia Huawei tramite Dpcm. Da atlantisti chiedono a settembre un confronto politico definitivo. Il vice del Copasir, Adolfo Urso: «Faremo attenzione anche ai porti». La Lega contro Conte e il Dragone invoca il Comitato per la sicurezza. Centrodestra compatto. Anna Maria Bernini: «In gioco sicurezza nazionale, urge un chiarimento». Lo speciale comprende due articoli. La diffusione della notizia del Dpcm con cui il governo ha autorizzato l'uso di tecnologia cinese (Huawei) sulle reti 5G di Tim ha sollevato più di una reazione. Il tentativo di Giuseppe Conte di far passare sotto silenzio l'atto amministrativo e quindi far entrare dalla finestra il colosso di Ren Zhengfei rischia di essere un boomerang, o meglio, rischia di far diventare lo stesso premier un target «nemico» per gli Stati Uniti. Infatti, seppure la forma sia stata in toto rispettata, così come la prassi delle raccomandazioni e il rispetto dei paletti fissati dalla toolbox Ue dello scorso gennaio, non tutti i partecipanti al consiglio dei ministri del 7 agosto si sono allineati e hanno accettato di buon grado le firme di Conte e del ministro Stefano Patuanelli a piè del documento. A quanto risulta alla Verità, infatti, in occasione del consiglio, il titolare per gli Affari Ue, Vincenzo Amendola e quello della Difesa, Lorenzo Guerini (entrambi del Pd) hanno posto la questione della discussione «politica» prima che tecnica sul tema Huawei. Hanno formalmente (anche se non tramite informativa) chiesto che se ne discuta alla ripresa dei lavori a settembre. In pratica, pur non bloccando la firma del Dpcm (va infatti ricordato che un decreto del presidente non transita dal cdm) i due ministri, a quanto ci risulta unici nel consesso, avrebbero alzato la paletta rossa per chiedere a Conte di prendere una posizione e - aggiungiamo noi - di non nascondersi dietro piccoli passi amministrativi che però non ingannano nessuno. Vedremo quale sarà l'effetto della presa di distanza. Intanto è chiaro che il ministro della Difesa riafferma le sue posizioni sul tema, che sono note a tutti. E tutte rispondenti al principio dell'asse Atlantico da un lato e di una discussione vera e impegnata a livello europeo. Lo scorso dicembre non a caso invitava a valutare «con attenzione la relazione del Copasir che ha messo in guardia sui rischi che potrebbero derivare dall'ingresso delle aziende cinesi nella tecnologia per reti mobili di quinta generazione. In precedenza, Patuanelli aveva invece rassicurato spiegando che la normativa varata «garantisce la sicurezza nazionale». Secondo Guerini - che da presidente del Copasir fino al 2018 aveva seguito la partita 5G con una lunga serie di audizioni - il dibattito che si è sviluppato sul tema, anche a livello internazionale, «non può essere ignorato» e la questione va affrontata «con ancora più determinazione perché attiene alla sicurezza nazionale», ha spiegato in occasione della conclusione dei lavori del Copasir. L'Italia, ha ricordato, «ha certamente già affrontato il tema 5G. L'approvazione del perimetro di sicurezza cibernetica nazionale e l'estensione del golden power al 5G sono provvedimenti importanti e sostanziali per la sicurezza delle nostre infrastrutture strategiche. Tuttavia», ha concluso, «il Copasir, dopo un anno intenso di approfondimento e audizioni, ha evidenziato come sia comunque necessario tenere alta la guardia per limitare potenziali rischi». Indicazioni messe nero su bianco dal comitato parlamentare e appunto rilanciate dallo stesso Guerini, che però non sembrano essere prese in considerazione da premier, 5 stelle e pure da una parte del Pd. Non si può non notare che, se da un lato spiccano le prese di posizione di Amendola e Guerini, si notano ancor di più i silenzi accondiscendenti di Roberto Gualtieri e degli altri dem che evidentemente concordano con la linea fumosa di questo governo. E con la tecnica di inserire in Italia la tecnologia cinese un passa alla volta. «Non sono qui a discutere di atti amministrativi, tanto più se riguardano singole società e quotate», commenta alla Verità, Adolfo Urso numero due del Copasir e senatore di Fdi, «ma la sicurezza nazionale in questo momento va valutata non solo dentro il perimetro nazionale ma anche fuori. Libia, Libano, Egitto, Niger e Medioriente in generale ci coinvolgono direttamente e possiamo tutelare i nostri interessi soltanto all'interno di un'alleanza con gli Stati Uniti. Per questo», prosegue, «serve una scelta politica di fondo a partire dal 5G su cui la Casa Bianca si è espressa in modo inequivocabile». Il numero due del Copasir tiene anche ad anticipare un secondo tema da mettere sullo stesso piano delle reti mobili e si tratta delle infrastrutture portuali. «Monitoreremo con attenzione», aggiunge il vice presidente, «l'evoluzione delle scelte relative alla tecnologia Huawei, ma anche tutti gli interventi e gli interessi che si stanno concentrando sui porti della Penisola, da Trieste a Civitavecchia, ma soprattutto a Taranto». Sembra insomma, che agosto non basti a Conte per chiudere certe partite, a settembre ripartiranno gli esami. Vedremo anche se nel Pd passerà la linea Guerini (al momento minoritaria) o si evolverà quella anti atlantista. Di certo i dem non riusciranno più a nascondersi dietro alle sottane dei 5 stelle. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/due-ministri-del-pd-strappano-sul-5g-cinese-2647054419.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-lega-contro-conte-e-il-dragone-invoca-il-comitato-per-la-sicurezza" data-post-id="2647054419" data-published-at="1598039729" data-use-pagination="False"> La Lega contro Conte e il Dragone invoca il Comitato per la sicurezza Il centrodestra è sempre più compatto contro il governo di Giuseppe Conte dopo la notizia data dalla Verità su un accordo segreto tra palazzo Chigi e la Cina sull'utilizzo della tecnologia 5G di Huawei. È quasi unanime la richiesta di spiegazioni da parte di Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia dopo la scoperta che il 7 agosto il presidente del Consiglio e il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli (M5S) avevano autorizzato Tim a rifornirsi di strumentazioni della tecnologia del colosso cinese, già nel mirino degli Stati Uniti. Da tempo Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi prendono di mira il dialogo tra il governo Conte e la Cina sul fronte delle telecomunicazioni, un rischio dal punto di vista geopolitico, mentre i 5 stelle continuano a temporeggiare sull'entrata del fondo statunitense Kkr nella società che gestirà la rete unica. «Se esiste un patto segreto con la Cina per svendere i nostri dati e la nostra sicurezza il governo deve chiarire in Parlamento», dicono i deputati leghisti Giulio Centemero, capogruppo in Commissione Finanze, Massimiliano Capitanio, segretario della Vigilanza Rai e membro della Commissione Trasporti, Poste e Tlc, e Alessandro Morelli, responsabile Editoria e innovazione tecnologica del Carroccio, annunciando una interrogazione alla Camera. L'anno scorso Berlusconi ricordava come su «Huawei» ci fosse «un rischio totale: chi arriva prima nell'intelligenza artificiale, e la Cina sta facendo investimenti enormi, può diventare padrone del mondo». Non a caso sempre ieri Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia, ricordava la notizia data dal nostro quotidiano. «Il quotidiano La Verità ha svelato una cosa gravissima: che nella riunione del Consiglio dei ministri del 7 agosto è stato approvato un Dpcm che autorizza Tim a utilizzare per le reti sensibili del 5G la tecnologia cinese Huawei, sia pure con alcune prescrizioni» spiega Bernini. «Si tratta di materia sensibilissima, che attiene alla sicurezza nazionale e ai rapporti con i nostri alleati storici. Perché il governo non ne ha fatto alcun cenno nel dettagliatissimo comunicato diffuso al termine della riunione? Urge un chiarimento che, se non arriverà già oggi, chiederemo attraverso un'interrogazione con carattere d'urgenza». Ma è la Lega quella più attiva sulla vicenda. «Pd e M5s hanno volutamente secretato i contenuti di un Dpcm del 7 agosto con cui si autorizzano i cinesi di Huawei a mettere le mani sulle nostre reti tlc, alla faccia del golden power» dicono i deputati leghisti. «Da una parte Conte ha bloccato la firma tra Tim e gli americani di Kkr, dall'altra Di Maio prepara la calata del ministro degli Esteri cinesi in Italia a settembre». La Lega mette nel mirino i ritardi del governo sulla creazione di Fibercop, la società che si occuperà della rete unica, stretta tra le richieste di Tim di far entrare Kkr e i grillini invece convinti invece della necessità di una maggioranza statale. «Evidentemente Pd e M5s hanno deciso di stare fuori dalla Nato, e ovviamente noi faremo di tutto per smascherare questo piano suicida» aggiungono Centemero, Capitanio e Morelli. «Che a questo governo la democrazia non piacesse lo avevamo capito da tempo, ma che con un Dpcm si vincolasse l'intero Paese a soggiacere al volere dell'imperatore Xi e ad abbandonare le democrazie europee e atlantiche è un fatto troppo grave per essere taciuto. Si tratta di temi troppo importanti per costituire (solo) oggetto di un decreto: non è accettabile che il nostro Paese venga svenduto al miglior offerente. Siamo certi di un pronto intervento del Copasir».
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