
Sono i norvegesi Gunhild e Petter Stordalen gli ispiratori del report che vuole imporre una dieta globale veg. Ma la coppia è piena di contraddizioni: pretendono di salvare il pianeta volando su aerei super inquinanti.C'è una coppia di miliardari che vuole togliervi le bistecche dal piatto. E sono esattamente come vuole lo stereotipo: fanatici, fricchettoni e ipocriti. Parliamo di Gunhild e Petter Stordalen, la coppia norvegese che nel 2013 ha fondato la piattaforma Eat, una Ong a trazione veg, che qualche settimana fa ha prodotto Eat Lancet, un rapporto che si propone niente meno che di cambiare la dieta del pianeta. Da noi se ne è parlato poco, e per lo più con la superficialità con cui in genere si trattano i temi di costume, ma Eat Lancet è il vero manifesto del globalismo a tavola, nella misura in cui intende proporre un modello nutrizionale universale, valido in Argentina come a Singapore, in Giappone come in Finlandia, in Italia come in Kenya. La dieta proposta da Eat prevede delle porzioni risibili di carne: 7 grammi di carne bovina o di maiale al giorno, o 29 grammi di pollame, ossia un nugget e mezzo di pollo, e meno di due uova alla settimana. Non si sta parlando, sia chiaro, di contestare le brutalità di certi allevamenti intensivi o gli eccessi della dieta iper proteica all'americana. Qui è all'opera, al contrario, una vera criminalizzazione della carne, sulle ali di un pericoloso mondialismo alimentare standardizzato e livellante.Ma chi sono questi due scandinavi che vorrebbero cambiare le abitudini alimentari di miliardi di persone? Con un patrimonio personale di 1,4 miliardi di dollari, Petter Anker Stordalen è uno degli uomini più ricchi d'Europa. Figlio di un umile droghiere, si è fatto praticamente da solo, arrivando a possedere la più grande catena alberghiera scandinava, la Nordic Choice Hotels, che dispone di 190 alberghi di lusso in cinque Paesi e dà lavoro a 13.000 persone. Esuberante, politicamente correttissimo, Stordalen sfoggia nelle proprie ville quadri di Andy Warhol o Edvard Munch (la sua collezione privata ha un valore stimato superiore ai 50 milioni di dollari) e nel 2014 ha completato una gara di Ironman, ovvero triathlon estremo. Il 12 giugno 2010, in Marocco, ha sposato Gunhild Melhus, dottoressa, modella e ambientalista, in quello che è considerato il matrimonio più costoso della Scandinavia: i 237 invitati sono arrivati, con un volo privato, nella città marocchina di Marrakesh, dove hanno festeggiato per tre giorni al lussuoso hotel La Mamounia, uno degli alberghi più belli del mondo. La cerimonia è stata officiata da Bob Geldof. La bella Gunhild, cresciuta in una famiglia dell'alta borghesia norvegese pacifista e ambientalista, è un'altra fanatica del salutismo veg: per anni si è rifiutata di fare un'intervista con la rivista Elle fino a quando non è stata cambiata la loro politica sull'uso della pelliccia. Nel 2012, Gunhild Stordalen è stata la più giovane nella lista annuale sulle 100 donne più influenti della Norvegia. Nel 2014 il Wwf Svezia l'ha nominata come eroina ambientale dell'anno e nel 2016 è stata riconosciuta tra i 150 comunicatori d'affari più influenti in Svezia. Nel 2016 è stata una delle 29 leader selezionate da Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, per lavorare alla lotta alla malnutrizione.Il loro attivismo filantropico è valso agli Stordalen l'appellativo di «coniugi Gates della Scandinavia», ma ha anche attirato feroci critiche. Secondo quanto riporta il Mirror, un giornalista e ricercatore presso il britannico Institute of economic affairs come Christopher Snowdon, ha parlato di «ipocrisia mozzafiato: questa campagna sta dicendo alla gente ordinaria di mangiare meno di mezza fetta di bacon al giorno per salvare l'ambiente, mentre il patron sta facendo volare persone in tutto il mondo con jet privati. È un classico caso di “fate quello che dico, non quello che faccio"». Gunhild e Petter Stordalen possiedono in effetti un Bombardier Challenger 350, jet privato dal valore di 20 milioni di dollari, e godono di uno stile di vita ultra lussuoso che costa in misura sproporzionata in termini di emissioni di carbonio. Abbiamo del resto visto come il loro stesso matrimonio fosse tutt'altro che a chilometri zero. Negli ultimi mesi, Gunhild ha pubblicato foto di sé stessa mentre prende il sole in Messico, o si rilassa in Grecia, abbraccia un albero in Costa Rica, medita con il marito Petter ad Antibes, si diverte a Cuba e posa in piscina a St Tropez. Mete esotiche non certo raggiunte in pedalò. I due hanno anche tentato di vietare pancetta e salsicce nei loro hotel, ma vi hanno rinunciato dopo che in meno di una settimana i loro profitti hanno iniziato a risentirne. Petter Stordalen, del resto, si è vantato di aver mangiato un hamburger da 20.000 calorie presso l'Heart Attack Grill di Las Vegas lo stesso giorno in cui sua moglie ha tenuto una conferenza sul consumo sostenibile a Beverly Hills.Strawberry - così si chiama il gruppo degli Stordalen, in omaggio al lavoro di suo padre, che era venditore di fragole - possiede inoltre il 6% di Stolt Nielsen, azienda specializzata nella certo non ecologica estrazione del catrame (il procedimento consuma un'enorme quantità d'acqua, provoca la fuoriuscita di metalli tossici nei bacini circostanti e porta a un livello più elevato di emissioni di gas serra rispetto al petrolio convenzionale stimato del 14%), ma anche l'8% della società norvegese Awilco, specializzata in trasporti via mare (e il trasporto marittimo rappresenta il 3% delle emissioni di gas a effetto serra).Ma la colpa dell'inquinamento, si capisce, è della braciola che avete voi poveracci nel piatto. Parola di miliardario in jet privato.
Francobollo sovietico commemorativo delle missioni Mars del 1971 (Getty Images)
Nel 1971 la sonda sovietica fu il primo oggetto terrestre a toccare il suolo di Marte. Voleva essere la risposta alla conquista americana della Luna, ma si guastò dopo soli 20 secondi. Riuscì tuttavia ad inviare la prima immagine del suolo marziano, anche se buia e sfocata.
Dopo il 20 luglio 1969 gli americani furono considerati universalmente come i vincitori della corsa allo spazio, quella «space race» che portò l’Uomo sulla Luna e che fu uno dei «fronti» principali della Guerra fredda. I sovietici, consapevoli del vantaggio della Nasa sulle missioni lunari, pianificarono un programma segreto che avrebbe dovuto superare la conquista del satellite terrestre.
Mosca pareva in vantaggio alla fine degli anni Cinquanta, quando lo «Sputnik» portò per la prima volta l’astronauta sovietico Yuri Gagarin in orbita. Nel decennio successivo, tuttavia, le missioni «Apollo» evidenziarono il sorpasso di Washington su Mosca, al quale i sovietici risposero con un programma all’epoca tecnologicamente difficilissimo se non impossibile: la conquista del «pianeta rosso».
Il programma iniziò nel 1960, vale a dire un anno prima del lancio del progetto «Gemini» da parte della Nasa, che sarebbe poi evoluto nelle missioni Apollo. Dalla base di Baikonur in Kazakhistan partiranno tutte le sonde dirette verso Marte, per un totale di 9 lanci dal 1960 al 1973. I primi tentativi furono del tutto fallimentari. Le sonde della prima generazione «Marshnik» non raggiunsero mai l’orbita terrestre, esplodendo poco dopo il lancio. La prima a raggiungere l’orbita fu la Mars 1 lanciata nel 1962, che perse i contatti con la base terrestre in Crimea quando aveva percorso oltre 100 milioni di chilometri, inviando preziosi dati sull’atmosfera interplanetaria. Nel 1963 sorvolò Marte per poi perdersi in un’orbita eliocentrica. Fino al 1969 i lanci successivi furono caratterizzati dall’insuccesso, causato principalmente da lanci errati e esplosioni in volo. Nel 1971 la sonda Mars 2 fu la prima sonda terrestre a raggiungere la superficie del pianeta rosso, anche se si schiantò in fase di atterraggio. Il primo successo (ancorché parziale) fu raggiunto da Mars 3, lanciato il 28 maggio 1971 da Baikonur. La sonda era costituita da un orbiter (che avrebbe compiuto orbitazioni attorno a Marte) e da un Lander, modulo che avrebbe dovuto compiere l’atterraggio sulla superficie del pianeta liberando il Rover Prop-M che avrebbe dovuto esplorare il terreno e l’atmosfera marziani. Il viaggio durò circa sei mesi, durante i quali Mars 3 inviò in Urss preziosi dati. Atterrò su Marte senza danni il 2 dicembre 1971. Il successo tuttavia fu vanificato dalla brusca interruzione delle trasmissioni con la terra dopo soli 20 secondi a causa, secondo le ipotesi più accreditate, dell’effetto di una violenta tempesta marziana che danneggiò l’equipaggiamento di bordo. Solo un’immagine buia e sfocata fu tutto quello che i sovietici ebbero dall’attività di Mars 3. L’orbiter invece proseguì la sua missione continuando l’invio di dati e immagini, dalle quali fu possibile identificare la superficie montagnosa del pianeta e la composizione della sua atmosfera, fino al 22 agosto 1972.
Sui giornali occidentali furono riportate poche notizie, imprecise e incomplete a causa della difficoltà di reperire notizie oltre la Cortina di ferro così la certezza dell’atterraggio di Mars 3 arrivò solamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Gli americani ripresero le redini del successo anche su Marte, e nel 1976 la sonda Viking atterrò sul pianeta rosso. L’Urss abbandonò invece le missioni Mars nel 1973 a causa degli elevatissimi costi e della scarsa influenza sull’opinione pubblica, avviandosi verso la lunga e sanguinosa guerra in Afghanistan alla fine del decennio.
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Il presidente torna dal giro in Francia, Grecia e Spagna con altri missili, caccia, radar, fondi energetici. Festeggiano i produttori di armi e gli Stati: dopo gli Usa, la Francia è la seconda nazione per export globale.
Il recente tour diplomatico di Volodymyr Zelensky tra Atene, Parigi e Madrid ha mostrato, più che mai, come il sostegno all’Ucraina sia divenuto anche una vetrina privilegiata per l’industria bellica europea. Missili antiaerei, caccia di nuova generazione, radar modernizzati, fondi energetici e contratti pluriennali: ciò che appare come normale cooperazione militare è in realtà la struttura portante di un enorme mercato che non conosce pause. La Grecia garantirà oltre mezzo miliardo di euro in forniture e gas, definendosi «hub energetico» della regione. La Francia consegnerà 100 Rafale F4, sistemi Samp-T e nuove armi guidate, con un ulteriore pacchetto entro fine anno. La Spagna aggiungerà circa 500 milioni tra programmi Purl e Safe, includendo missili Iris-T e aiuti emergenziali. Una catena di accordi che rivela l’intreccio sempre più solido tra geopolitica e fatturati industriali. Secondo il SIPRI, le importazioni europee di sistemi militari pesanti sono aumentate del 155% tra il 2015-19 e il 2020-24.
Imagoeconomica
Altoforno 1 sequestrato dopo un rogo frutto però di valutazioni inesatte, non di carenze all’impianto. Intanto 4.550 operai in Cig.
La crisi dell’ex Ilva di Taranto dilaga nelle piazze e fra i palazzi della politica, con i sindacati in mobilitazione. Tutto nasce dalla chiusura dovuta al sequestro probatorio dell’altoforno 1 del sito pugliese dopo un incendio scoppiato il 7 maggio. Mesi e mesi di stop produttivo che hanno costretto Acciaierie d’Italia, d’accordo con il governo, a portare da 3.000 a 4.450 i lavoratori in cassa integrazione, dato che l’altoforno 2 è in manutenzione in vista di una futura produzione di acciaio green, e a produrre è rimasto solamente l’altoforno 4. In oltre sei mesi non sono stati prodotti 1,5 milioni di tonnellate di acciaio. Una botta per l’ex Ilva ma in generale per la siderurgia italiana.
2025-11-20
Mondiali 2026, il cammino dell'Italia: Irlanda del Nord in semifinale e Galles o Bosnia in finale
True
Getty Images
Gli azzurri affronteranno in casa l’Irlanda del Nord nella semifinale playoff del 26 marzo, con eventuale finale in trasferta contro Galles o Bosnia. A Zurigo definiti percorso e accoppiamenti per gli spareggi che assegnano gli ultimi posti al Mondiale 2026.





