
Dopo le indagini della Gdf, la società sotto accusa per la lentezza e i costi delle «pulizie» nucleari. La palla a Daniele Franco e Roberto Cingolani.Sogin, società che si occupa dello smantellamento degli impianti nucleari italiani, va commissariata. A chiederlo sono ben due interrogazioni parlamentari, da poco depositate a Montecitorio presentate dal gruppo Misto e dal Partito democratico. Già in un articolo del 10 marzo scorso il nostro giornale aveva segnalato che la Guardia di finanza aveva effettuato una perquisizione negli uffici di Nucleco, controllata di Sogin, per acquisire documenti legati al progetto Cemex e ai contratti con la società slovacca Javys. Ma è già da tempo che le Fiamme gialle si interessano a Sogin accusata di malagestione. Di questo e molto altro si legge nelle due interrogazioni parlamentari. Nello specifico si ricorda soprattutto che Sogin avrebbe dovuto entro il 2014 completare la messa in sicurezza di tutti i rifiuti radioattivi prodotti in Italia entro il 1987 (quando ci fu il referendum sul nucleare) e smantellare tutte le strutture nucleari esistenti entro il biennio 2019-2020. Peccato non sia andata così. Dal 2010 a oggi Sogin ci è costata 4 miliardi di euro. A quanto sostengono i parlamentari che hanno presentato le interrogazioni, la società avrebbe «nominalmente completato solo il 30% dei lavori previsti e senza nemmeno aver messo in sicurezza i più problematici rifiuti pregressi, né aver iniziato lo smantellamento delle parti nucleari degli impianti. Eppure le stime iniziali per l’intero decommissioning prevedevano un costo complessivo di 3,6 miliardi di euro, che nell’ultima revisione di giugno 2020 sono saliti a poco meno di 8 miliardi di euro». In sostanza c’è qualcosa che non funziona in Sogin. Aspetto su cui anche il ministero della Transizione ecologica di Roberto Cingolani si era fatto sentire negli ultimi mesi. Le criticità sono diverse. Il decommissioning delle centrali che continua a procedere molto a rilento, con uno slittamento dell’obiettivo finale. «Infatti», si legge, «al 31 dicembre 2021 risulta raggiunto il 35,5% dello smantellamento dei siti e l’estrema lentezza si evince confrontando gli obiettivi fissati con le soglie di avanzamento raggiunte». E poi ancora bisogna ricordare la mancata attuazione appunto del progetto Cemex, «che riguarda lo smaltimento dei rifiuti radioattivi nell’impianto di Saluggia (Vercelli), dove sono stati allocati 270.000 litri di rifiuti radioattivi liquidi acidi stoccati in serbatoi in acciaio costruiti negli anni ’60 con il pericolo di sversamento nell’ambiente circostante e i relativi ingentissimi danni ambientali che ne potrebbero derivare». Nell’interrogazione si insiste anche sulla «necessità di fare chiarezza sulla correttezza delle rendicontazioni ad Arera circa i contratti per il deposito nazionale, sulle quali sono in corso indagini della Guardia di finanza, e infine va segnalata «l’incapacità, dopo un investimento di 4,2 miliardi in 23 anni, di completare quasi il 70% dello smantellamento delle centrali nucleari, con un miliardo di euro speso di soli stipendi per dirigenti e personale». Tutto continua ad andare a rilento dentro Sogin. Il piano industriale del 2017 ha rinviato l’obiettivo di «brownfield» al 2036, «ma dei lavori che quel piano prevedeva per il primo quadriennio (2018-2021) ne sono stati eseguiti poco meno della metà, e in particolare nel biennio 2020-2021 (quello sotto l’attuale gestione) appena il 40%, a riprova che la situazione va persino peggiorando». Toccherà ora al ministro dell’Economia Daniele Franco e allo stesso Cingolani, che ha già portato avanti un’istruttoria sulla società, prendere una decisione sul possibile commissariamento dei vertici, il presidente Luigi Perri e l’amministratore delegato Emanuele Fontani, nominati ai tempi dell’ultimo governo Conte.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






