
L’analista di Med-or Daniele Ruvinetti: «Agli sconfinamenti gli Stati Uniti non hanno mai reagito. Non vorrei che a qualche presidente in bilico facesse gioco l’economia di guerra».Ruvinetti, siamo a un passo dall’entrare in guerra con la Russia? «Non credo. Non credo per diversi motivi che Mosca sia in procinto di attaccare l’Europa. Ci sta evidentemente testando per capire quali sono le reazioni di campo e politiche. Non solo le nostre, quindi dell’Unione Europea, ma soprattutto degli Stati Uniti. Detto questo, non vorrei che ci fossero Paesi che vivendo in una situazione di instabilità e crisi finanziaria pensino che entrare in un’economia di guerra possa fargli gioco, sarebbe molto rischioso». Daniele Ruvinetti è il Senior Advisor della Fondazione Med-or e tre mesi fa parlando con La Verita aveva circostanziato l’esistenza di un patto di non belligeranza tra Putin e Trump. Dove nella non belligeranza rientrava anche la non ingerenza negli affari economici e politici altrui. Trump deve regolare i suoi conti con «i cartelli» del narcotraffico in Venezuela, Putin (che è vicino a Caracas) non interviene. Lo zar è impegnato nel lungo conflitto con Kiev e come abbiamo visto Washington si pone da paciere e intermediatore, ma alla fine non muove un dito contro Vladimir. Partiamo dagli sconfinamenti russi di questi giorni: si parla di Polonia, Romania, Estonia, ma in alcuni casi non abbiamo certezze. «Guardi, al di là dei casi singoli o dei possibili errori è evidente che da parte di Mosca, pensi anche alle esercitazioni in Bielorussia, siano in corso delle provocazione che non sono fini a loro stesse ma hanno l’obiettivo di testare la capacità di reazione della Nato e soprattutto dei Stati Uniti». Più che di Bruxelles a Mosca interessa cosa può fare Trump?«Esattamente. Dopo l’incontro in Alaska di metà agosto, Putin si è ulteriormente convinto che Washington non interverrà direttamente nel conflitto ucraino. E del resto i fatti gli stanno dando ragione: a oggi non si contano “reazioni” se non a parole rispetto ai nuovi attacchi di Putin, mentre le ultime notizie ci dicono che gli Stati Uniti non hanno più intenzione di vendere i missili Patriot ai Paesi Baltici». Se Washington si sfila, l’Europa fa bene a riarmarsi?«Da un certo punto di vista l’Europa è obbligata a rendersi autonoma. Anche perché sa benissimo che Trump deve dar conto alla sua base elettorale. Ai suoi ha promesso che l’America non sarà più la protettrice del mondo intero e che gli sforzi saranno concentrati all’interno piuttosto che all’esterno».Insomma, il riarmo è corretto?«Dipende di che riarmo parliamo. Se l’obiettivo è produrre e acquistare armi il prima possibile perché siamo in procinto di entrare in guerra non sono d’accordo. Se si parla di progetti mirati e di lungo periodo allora il discorso cambia». Il piano da 800 miliardi dll’Europa e quello senza più vincoli di bilancio della Germania sembrano andare nella prima direzione.«Per il momento si tratta di titoli, ma a me e credo a quasi tutti gli esperti del settore sono sconosciuti i contenuti. Mi sembra che Bruxelles stia dicendo ai singoli Paesi armatevi e quindi indebitatevi. Ma visto che parliamo di Paesi già abbondantemente indebitati il gioco non funziona». E qui torno alla domanda iniziale. Lei crede che Putin sia in procinto di attaccare l’Europa?«Io non credo che Putin abbia la forza militare di attaccare l’Europa, basti vedere le difficoltà che sta affrontando in Ucraina, ma non possiamo escludere del tutto un attacco a un Paese limitrofo all’Ucraina, credo solo nel caso in cui Putin avesse la certezza che gli Stati Uniti non reagirebbero. Mai come oggi il legame con la Cina è forte e all’economia asiatica, che vuol espandersi nel Vecchio continente, un’Europa in guerra provocherebbe solo danni. Mentre una situazione di “confusione” come quella che sta vivendo l’Ue è ideale per gli affari di Pechino». Insomma, Berlino e Parigi che spingono sulla necessità di riarmarsi in fretta e furia ci stanno marciando?«Non vorrei che a qualche presidente in difficoltà entrare in un’economia di guerra possa far comodo, ma bisogna rendersi conto che una strategia del genere è molto rischiosa». I volenterosi parlano di garanzie di sicurezza e quindi di truppe al confine quando ci sarà una tregua, ma la tregua o la pace non sembrano alle porte.«Appunto, io starei all’oggi senza fare balzi in avanti. A oggi non c’è ancora una vera escalation. Parlare di garanzie di sicurezza come sta facendo la Francia è come dire, mi riunisco per decidere che cucina comprare quando ancora non ho acquistato la casa».Con tutte le differenze del caso lei ritiene che le posizioni di Macron e Merz siano collegate?«Non so se ci sia un patto tra di loro, è evidente però che la Francia sta vivendo una gravissima crisi politica ed economica, come non si vedeva da anni, e che anche la Germania sta passando un periodo di difficoltà».
Ecco #DimmiLaVerità del 23 settembre 2025. L'esperto di geopolitica Daniele Ruvinetti commenta le numerose incursioni di droni in Europa e la debolezza del nostro continente.
Il direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli Roberto Alesse
L’Agenzia delle dogane e dei monopoli, sotto la guida del direttore Roberto Alesse, completa gli interpelli e definisce il nuovo assetto dirigenziale di prima fascia per i prossimi tre anni, con nuove strutture sul territorio e conferme nei ruoli strategici.
Si sono concluse le procedure di interpello di tutte le Direzioni territoriali e di alcune Direzioni centrali dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Sotto la guida del direttore, Roberto Alesse, a seguito dell’imminente entrata in vigore della storica riforma organizzativa dell’Agenzia, che ha fuso le competenze giuridiche e informatiche di tutti gli Uffici, è stato delineato, in modo stabile, il nuovo assetto dirigenziale di prima fascia per i prossimi 3 anni.
Di grande rilievo istituzionale è la nomina del Generale di Divisione della Guardia di Finanza, Rosario Massino, che sarà, a partire dal 1° novembre 2025, il nuovo Direttore dell’Ufficio Internal Audit della Direzione Generale. Confermati nei ruoli strategici di prima fascia, a partire dalla medesima data, il dott. Leonardo Di Stefano e l’ing. Stefano Saracchi a capo, rispettivamente, dell’Ufficio Affari giuridici e normativi e della Direzione Organizzazione e Trasformazione digitale. La Direzione del Personale sarà affidata, a partire dal 1° gennaio 2026, al dott. Salvatore Roberto Miccichè.
Sul Territorio, la responsabilità delle nuove Strutture di vertice sarà affidata, dal 1° novembre 2025, alla dott.ssa Teresa Rosaria De Luca (Direzione territoriale Emilia-Romagna e Marche), al dott. Maurizio Montemagno (Direzione territoriale Lazio e Abruzzo), al dott. Andrea Maria Zucchini (Direzione territoriale Liguria), alla dott.ssa Maria Preiti (Direzione territoriale Piemonte e Valle D’Aosta), al dott. Domenico Frisario (Direzione territoriale Puglia, Molise e Basilicata), al dott. Davide Bellosi (Direzione territoriale Toscana e Umbria), al dott. Franco Letrari (Direzione territoriale Veneto e Friuli Venezia-Giulia), al dott. Marco Cutaia (Direzione territoriale Lombardia), alla dott.ssa Maria Alessandra Santillo (Direzione territoriale Campania), al dott. Antonio Di Noto (Direzione territoriale Calabria), al dott. Davide Miggiano (Direzione territoriale Sicilia), al dott. Gianluigi D’Urso (Direzione territoriale Sardegna), al dott. Stefano Girardello (Direzione territoriale Trentino Alto-Adige).
«Esprimo le mie più sincere congratulazioni ai Direttori di vertice chiamati a gestire le nuove strutture dell’Amministrazione in un momento storico assai intenso per le riforme in atto - commenta Roberto Alesse, direttore dell’Agenzia - e un sentito ringraziamento va alla Commissione di valutazione per il conferimento degli incarichi dirigenziali, per l’eccezionale impegno e la professionalità dimostrati nella conclusione della procedura di interpello».
Continua a leggereRiduci
Giuseppe Pignatone (Imagoeconomica)
L’ex procuratore: «Non sapevo di Buscemi. Pentito di averlo pagato in nero». Le dichiarazioni di Scarpinato, Grasso e Ingroia avvalorano la tesi dei pm per cui la distruzione delle bobine era un’idea del giudice del Papa.